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Uso personale stupefacenti: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo trovato in possesso di cinque dosi di cocaina. La Corte ha escluso l’ipotesi di uso personale stupefacenti basandosi su elementi indiziari come il tentativo di fuga, il confezionamento delle dosi e i precedenti specifici dell’imputato, che era già sottoposto a una misura cautelare. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso Personale Stupefacenti: Quando le Circostanze Contano più della Quantità

La distinzione tra possesso di droga per uso personale stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio è una delle questioni più delicate e dibattute nel diritto penale. Non sempre la quantità di sostanza è l’unico fattore determinante. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito come il contesto e il comportamento del soggetto possano essere decisivi per escludere l’uso personale, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Fuga e Precedenti Penali

Il caso riguarda un individuo che ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. Durante un controllo di polizia, l’uomo, avvisato da un conoscente della presenza delle forze dell’ordine, aveva tentato la fuga. Una volta raggiunto e perquisito, veniva trovato in possesso di cinque involucri termosaldati contenenti cocaina, nascosti all’interno di un cappellino di lana che indossava.

A complicare la sua posizione vi era un dettaglio non trascurabile: all’epoca dei fatti, l’imputato era già sottoposto a una misura cautelare, specificamente l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, per violazioni della stessa natura. Questa circostanza ha pesato notevolmente sulla valutazione complessiva della sua condotta.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la valutazione della Corte d’Appello fosse corretta e non manifestamente illogica. L’inammissibilità è una sanzione processuale che impedisce l’esame nel merito del ricorso quando questo è palesemente infondato o manca dei requisiti di legge. In questo caso, la Corte ha stabilito che non vi erano elementi validi per contestare la decisione precedente e che la colpa dell’inammissibilità fosse attribuibile al ricorrente stesso.

Le conseguenze della declaratoria di inammissibilità

In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di farsi carico delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge alle spese processuali.

Le Motivazioni: Perché si Esclude l’Uso Personale Stupefacenti

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno escluso la tesi dell’uso personale stupefacenti. La difesa sosteneva che la quantità di droga fosse compatibile con un consumo personale, ma la Corte ha dato peso ad altri elementi oggettivi e comportamentali:

1. Il tentativo di fuga: Il fatto che l’uomo abbia cercato di scappare alla vista dei poliziotti è stato interpretato come un forte indizio di colpevolezza e della consapevolezza di compiere un’attività illecita che andava oltre il semplice consumo.
2. Il confezionamento della sostanza: Le cinque dosi, confezionate in involucri termosaldati, sono state ritenute indicative di un’attività di spaccio, essendo una modalità tipica per la vendita al dettaglio.
3. I precedenti specifici: Il fatto che il ricorrente fosse già sottoposto a una misura cautelare per lo stesso tipo di reato è stato considerato un elemento che rafforzava l’ipotesi della detenzione ai fini di spaccio, dimostrando una persistenza nell’attività illecita.

La Corte ha quindi concluso che la valutazione operata dai giudici di merito, che escludeva l’uso personale, era fondata su risultanze oggettive e non era manifestamente illogica, rendendola non censurabile in sede di legittimità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante insegnamento: nella valutazione della detenzione di sostanze stupefacenti, non ci si può limitare a un mero calcolo quantitativo. Il giudice deve, e può, considerare un complesso di ‘indizi satellite’ che circondano il fatto. Il comportamento dell’imputato (come la fuga), le modalità di conservazione della droga e la sua storia giudiziaria sono tutti elementi che contribuiscono a formare il quadro probatorio. Per chi si trova in una situazione simile, è fondamentale comprendere che la tesi dell’uso personale deve essere sostenuta da un quadro complessivo coerente, e non può reggere di fronte a elementi oggettivi che puntano in direzione contraria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le motivazioni addotte erano considerate manifestamente infondate, in quanto la Corte d’Appello aveva correttamente escluso, con una valutazione logica basata sui fatti, che la sostanza stupefacente fosse per uso personale.

Quali elementi hanno portato i giudici a escludere l’uso personale dello stupefacente?
I giudici hanno escluso l’uso personale basandosi su tre elementi principali: 1) il tentativo di fuga dell’imputato alla vista della polizia; 2) il rinvenimento di cinque involucri termosaldati, tipici dello spaccio; 3) il fatto che l’imputato fosse già sottoposto a una misura cautelare per un reato della stessa natura.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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