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Uso personale stupefacenti: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa sosteneva la tesi dell’uso personale stupefacenti, ma il ricorso è stato giudicato generico e manifestamente infondato. La Corte ha confermato la validità della sentenza di merito, basata su elementi oggettivi come quantità, confezionamento della droga e possesso di denaro contante, che smentivano la versione dell’imputato.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso Personale Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La distinzione tra uso personale stupefacenti e spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali su quando un ricorso, basato sulla tesi dell’uso personale, non supera il vaglio di ammissibilità. La decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e non generici, pena la condanna a spese e sanzioni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che lo aveva condannato per il reato di spaccio di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, attraverso il suo unico motivo di ricorso, sosteneva che la sostanza stupefacente rinvenuta fosse destinata esclusivamente al proprio consumo, invocando quindi l’applicazione dell’art. 75 dello stesso Testo Unico, che depenalizza la condotta a illecito amministrativo.

La Valutazione sull’Uso Personale di Stupefacenti

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il caso, ha rigettato completamente la tesi difensiva. Il punto centrale non è stato tanto riesaminare i fatti, quanto valutare la qualità del ricorso presentato. La Corte ha stabilito che la tesi dell’uso personale stupefacenti era stata correttamente esclusa dalla Corte d’Appello, la quale aveva fornito una motivazione adeguata e logica.

I giudici di merito avevano infatti valorizzato una serie di elementi probatori oggettivi che, nel loro insieme, indicavano chiaramente una destinazione della sostanza a terzi, ovvero allo spaccio. Tali elementi includevano:

* Quantità e qualità della sostanza rinvenuta.
* Modalità di confezionamento, tipiche della vendita al dettaglio.
* Ritrovamento di denaro contante, considerato provento dell’attività illecita.
* Mancato riscontro alla veridicità delle dichiarazioni dell’imputato.

Di fronte a questa solida motivazione, il ricorso si limitava a contrapporre una diversa interpretazione dei fatti, senza però evidenziare un vero e proprio vizio di motivazione o una violazione di legge da parte della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali: genericità e manifesta infondatezza. Un ricorso è considerato ‘generico’ quando non articola critiche specifiche e puntuali contro la sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio. In questo caso, l’imputato non ha contestato la logicità del ragionamento della Corte d’Appello, ma ha semplicemente offerto una versione alternativa dei fatti. La Corte Suprema ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito, ma di un giudice di legittimità, che valuta la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione. Poiché la sentenza d’appello era ben motivata e fondata su prove concrete, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito: per contestare efficacemente una condanna per spaccio sostenendo la tesi dell’uso personale, non è sufficiente negare l’addebito. È necessario che il ricorso per cassazione individui con precisione i vizi logici o giuridici che inficiano la decisione dei giudici di merito. In assenza di tali elementi, il ricorso viene dichiarato inammissibile, con la conseguenza per il ricorrente non solo di vedere confermata la condanna, ma anche di essere obbligato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico ammontava a tremila euro. La decisione rafforza il principio secondo cui l’accesso alla Corte di Cassazione richiede argomentazioni legali solide e non mere riproposizioni di tesi fattuali già vagliate e respinte.

Quali elementi distinguono l’uso personale di stupefacenti dallo spaccio secondo i giudici?
Secondo la Corte, elementi come la quantità e qualità della sostanza, le modalità di confezionamento (es. in dosi), il ritrovamento di denaro contante e l’assenza di prove a sostegno delle dichiarazioni dell’imputato indicano una destinazione a terzi (spaccio) e non un uso personale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico e manifestamente infondato. L’imputato si è limitato a contestare la valutazione dei fatti senza individuare specifici vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza d’appello, che era stata giudicata adeguata e completa.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna definitiva dell’imputato, il quale è inoltre tenuto al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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