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Uso personale stupefacenti: quando è reato di spaccio?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto trovato in possesso di cocaina, hashish e marijuana. La presenza di 178 dosi e di materiale per il confezionamento è stata ritenuta decisiva per escludere l’ipotesi di solo uso personale di stupefacenti, confermando la finalità di spaccio.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso Personale di Stupefacenti o Spaccio? La Cassazione Fissa i Paletti

La linea di demarcazione tra la detenzione di droghe per uso personale di stupefacenti e la finalità di spaccio è spesso sottile e oggetto di complesse valutazioni giudiziarie. Con l’ordinanza n. 12439/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i criteri fondamentali che guidano i giudici in questa distinzione, sottolineando come la presenza di specifici elementi possa far pendere la bilancia verso la configurazione del reato di spaccio, anche nella sua forma lieve.

I Fatti del Caso: Oltre il Semplice Consumo

Il caso esaminato trae origine da un ricorso presentato da un uomo condannato nei primi due gradi di giudizio per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo non trascurabile di droghe di diversa natura:

* 2,831 grammi di cocaina, da cui si potevano ricavare 17 dosi medie.
* 16,386 grammi di marijuana, sufficienti per 67 dosi singole.
* 7,503 grammi di hashish, corrispondenti a 94 dosi medie singole.

Il totale ammontava a ben 178 dosi. Oltre alle sostanze, rinvenute in parte sulla sua persona e in parte nella sua abitazione, le forze dell’ordine avevano sequestrato anche materiale tipicamente utilizzato per il confezionamento delle dosi, come un taglierino, cellophane e carta stagnola. L’imputato, nel suo ricorso, sosteneva che tutta la droga fosse destinata al proprio consumo, contestando la valutazione dei giudici di merito.

La Decisione della Corte: La Prova dell’Uso Personale di Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva già stabilito che la finalità della detenzione non era esclusivamente personale. Questo significa che, secondo i giudici, almeno una parte della sostanza era destinata alla cessione a terzi.

Pluralità di Sostanze e Quantitativi

Il primo elemento valorizzato dalla Corte è la pluralità delle sostanze stupefacenti detenute. La contemporanea disponibilità di cocaina, marijuana e hashish, unita al numero complessivo di dosi ricavabili (178), è stata considerata un forte indizio che supera la logica di una semplice scorta personale, anche per un consumatore abituale.

Il Materiale per il Confezionamento: L’Indizio Decisivo

L’elemento che, più di ogni altro, ha chiuso il cerchio probatorio è stato il ritrovamento del materiale per il confezionamento. La presenza di taglierino, cellophane e carta stagnola è stata interpretata come la prova inequivocabile di un’attività preparatoria alla vendita. Secondo la Suprema Corte, questo dato fattuale esclude in radice l’ipotesi alternativa che l’intero quantitativo di droga fosse una scorta per uso personale. Chi detiene droga solo per sé, infatti, non ha generalmente motivo di possedere anche gli strumenti per suddividerla in dosi e venderla.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come il ricorso dell’imputato fosse una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza introdurre elementi di novità o critiche specifiche alla sentenza impugnata. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata ‘congrua e corretta’ perché basata su una valutazione logica e coerente di tutti gli indizi a disposizione: la diversità delle droghe, il peso significativo e, soprattutto, il materiale per il confezionamento. Questi elementi, letti nel loro complesso, tracciano un quadro probatorio chiaro che va oltre il ragionevole dubbio, indicando una destinazione della sostanza non limitata al consumo personale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma dei principi consolidati in materia di stupefacenti. La distinzione tra uso personale e spaccio non si basa solo sul dato quantitativo, ma su una valutazione complessiva di una serie di ‘indici sintomatici’. La presenza di materiale per il confezionamento, in particolare, assume un valore probatorio quasi decisivo, in quanto difficilmente compatibile con la tesi della scorta personale. Questa pronuncia serve da monito: la detenzione di droga, quando accompagnata da elementi che ne suggeriscano la futura cessione, integra il reato di spaccio, con conseguenze penali ben più gravi rispetto alla sanzione amministrativa prevista per il consumo personale.

Quando la detenzione di droga non è più considerata per uso personale?
Secondo la Corte, la detenzione supera l’uso personale quando, oltre alla quantità e alla pluralità delle sostanze, vengono rinvenuti elementi che indicano una destinazione alla vendita, come il materiale per il confezionamento delle dosi (taglierino, cellophane, ecc.).

Perché il materiale per il confezionamento è un indizio così importante?
Perché la sua presenza è considerata incompatibile con la finalità di solo consumo personale. Chi acquista droga per sé non ha, di norma, la necessità di possedere strumenti per dividerla e impacchettarla in singole dosi, un’attività tipica dello spaccio.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate?
Se il ricorso è una ‘mera riproduzione’ delle censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza sollevare specifiche critiche alla sentenza impugnata, viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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