Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17436 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17436 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 04/06/1977
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la condanna, emessa all’esito di giudizio abbreviato, di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento alla detenzione per uso non esclusivamente personale di circa 45 g di hashish, suddivisi in due pezzi.
È stato proposto ricorso nell’interesse dell’imputato fondato su un motivo con sui si deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). La Corte territoriale avrebbe confermato la responsabilità del prevenuto nonostante l’esecuzione di analisi solo con riferimento a uno dei due pezzi di sostanza in sequestro ed escluso l’uso esclusivamente personale senza considerare il dato ponderale e, comunque, in assenza di una globale valutazione degli elementi probatori che, a detta del ricorrente, avrebbero dovuto condurre all’assoluzione in ragione del principio della presunzione di non colpevolezza.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in rubrica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo e in termini assorbenti, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati pag. 3 e s. della sentenza impugnata), il ricorso è fondato esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 4 e ss.), dovendosi quindi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
A quanto innanzi deve altresì aggiungersi il mancato confronto con la ratio decidendi sottesa al rigetto dell’appello (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., in motivazione, tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01).
La Corte territoriale, differentemente da quanto prospettato dal ricorrente, in considerazione delle censure d’appello ha dato atto del principio attivo
accertato (pag. 2), ha ritenuto ininfluente l’insussistenza di analisi con riferimento a uno dei due pezzi di sostanza rinvenuta negli indumenti intimi del prevenuto e ha argomentato anche in merito agli elementi escludenti l’uso esclusivamente personale a cui, invece, il ricorrente, con propria inammissibile valutazione di merito, vorrebbe dare una diversa lettura, peraltro parcellizzata. Con motivazione non sindacabile in questa sede, in quanto coerente e non manifestamente illogica, i giudici di merito hanno difatti evidenziato che trattavasi di due parti delle quali una, quella più piccola, costituiva una parte di quella più grande, e hanno escluso l’uso esclusivamente personale in ragione della valutazione congiunta di plurimi elementi. Il riferimento è, in particolare, al quantitativo di stupefacente, pari a circa 45 g, suddiviso in due pezzi, entrambi rinvenuti all’interno degli indumenti intimi dell’imputato e, sempre entrambi, con segni di già intervenuto distacco di ulteriori parti tramite morsi. Quanto innanzi, circa quantità, condizioni dei pezzi di stupefacente e modalità di occultamento, come emerge in termini diffusi dalle sentenze di merito e in ipotesi di c.d. doppia conforme, è stato sostanzialmente letto in uno con altri elementi. Il riferimento è: all’assoluta impossidenza per assenza di attività lavorativa del prevenuto, senza fissa dimora e gravato da ordine amministrativo di allontanamento dal territorio statale; b) al rinvenimento sulla persona dell’imputato, nel medesimo contesto spazio-temporale del sequestro dello stupefacente, di 115 euro; c) alla ritenuta falsità di quanto dichiarato dal prevenuto circa l’intervenuto acquisto dello stupefacente nel medesimo contesto del sequestro da altro soggetto ivi presente al prezzo di 35,00 euro, non essendo stata rinvenuta alcuna somma di denaro nella disponibilità del medesimo soggetto.
Nei termini di cui innanzi, peraltro, i giudici di merito hanno mostrato la corretta applicazione del consolidato principio, che si intende ribadire, per cui la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, dev’essere effettuata dal giudice di merito, tenendo conto, come avvenuto nella specie, di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (ex plurimis: Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272463 – 01, e, più di recente anche Sez. 7, n. 39348 del 17/09/2024, COGNOME, in motivazione).
In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorr . ente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (misura ritenuta equa, ex art. 616 cod. proc. pen. come letto da Corte cost. n. 186 del 2000, in considerazione dei profili di
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colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi nei termini innanzi evidenziati).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 2 aprile 2025
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