Uso personale stupefacenti: quando la detenzione diventa spaccio?
La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale stupefacenti e quella finalizzata allo spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri utilizzati dai giudici per operare questa distinzione, sottolineando come non sia sufficiente la sola dichiarazione dell’imputato a escludere la finalità di spaccio quando sono presenti molteplici indizi di segno contrario.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato riguarda un individuo condannato in appello a otto mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti di lieve entità. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la droga detenuta fosse destinata esclusivamente all’uso personale stupefacenti, una circostanza che, se provata, avrebbe escluso la punibilità del fatto.
I giudici di merito, tuttavia, avevano basato la condanna su una serie di elementi concreti:
1. Quantitativo e qualità: La sostanza sequestrata era hashish, per un totale di 7,88 grammi netti, con un principio attivo del 31,48%.
2. Numero di dosi: Da tale quantitativo era possibile ricavare ben novantanove dosi medie singole.
3. Condotta dell’imputato: Al momento del controllo, avvenuto in un bar, l’uomo aveva gettato un involucro nel water e azionato lo scarico, un comportamento chiaramente volto a occultare la prova.
4. Situazione economica: Le modeste condizioni economiche dell’imputato sono state ritenute un ulteriore indizio a sfavore della tesi dell’uso personale.
La Tesi Difensiva e la Valutazione della Corte
L’imputato ha tentato di convincere la Suprema Corte che la valutazione dei giudici di merito fosse errata, chiedendo di fatto una nuova interpretazione delle prove a favore della tesi dell’uso personale stupefacenti.
La Corte di Cassazione, però, ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno chiarito che il loro compito non è quello di riesaminare i fatti e le prove (attività riservata ai tribunali di primo e secondo grado), ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. Nel caso specifico, il ricorso non evidenziava errori di diritto, ma si limitava a proporre una lettura alternativa dei fatti già ampiamente e correttamente valutati dalla Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni dell’ordinanza si concentrano sulla natura del giudizio di Cassazione e sull’inammissibilità di censure puramente fattuali. La Corte ha spiegato che le critiche mosse dal ricorrente erano semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero un tentativo di rimettere in discussione l’interpretazione delle prove data dal giudice precedente. La sentenza impugnata aveva fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per escludere la destinazione della droga all’uso personale, basandosi su un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti. Il quantitativo, il numero di dosi ricavabili, la condotta elusiva e la situazione economica dell’imputato costituivano un quadro probatorio solido, che il ricorso non era riuscito a scalfire con argomentazioni di diritto.
Conclusioni
Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: per escludere la finalità di spaccio non basta affermare che la droga sia per uso personale. È necessario che tale affermazione non sia smentita da elementi oggettivi e concreti. I giudici sono tenuti a valutare un complesso di fattori (quantità, qualità, numero di dosi, comportamento dell’imputato, contesto economico) per determinare la reale destinazione della sostanza. Inoltre, l’ordinanza conferma che la Corte di Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti; i ricorsi devono basarsi su vizi di legge e non su una diversa interpretazione delle prove, pena la dichiarazione di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali.
Quali elementi usa un giudice per distinguere l’uso personale di stupefacenti dallo spaccio?
Il giudice valuta un insieme di indizi, tra cui il quantitativo della sostanza, la percentuale di principio attivo, il numero di dosi medie ricavabili, le condizioni economiche dell’imputato e la sua condotta al momento del controllo.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente non denunciavano una violazione di legge, ma si limitavano a contestare la valutazione dei fatti e delle prove già effettuata dalla Corte d’Appello, cosa non consentita nel giudizio di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna precedente. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende a causa della colpa nella proposizione del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8989 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8989 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 17/10/1984
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 alla pena di otto mesi di reclusione e di 1.200,00 euro di multa, articolando motivo di ricorso, deduce violazione di legge con riguardo alla esclusione della causa di punibilità della destinazione della droga ad uso personale;
Considerato che il motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimit poiché le stesse sono costituite da mere doglianze in punto di fatto riproduttive di deduzioni adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito scanditi da specifica critica con il ricorso, ed inoltre sono volte a prefigurare una rival e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, ed avulse da pertinente individuazione di s travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, posto che la senten impugnata ha spiegato in modo puntuale perché la droga detenuta, del tipo hashish, non può ritenersi destinata ad uso personale, valorizzando il quantitativo, pari a 7,88 grammi netti principio attivo pari al 31,48 %, e da cui erano ricavabili novantanove dosi medie singole rapida deperibilità della sostanza, le modeste condizioni economiche dell’imputato nonché l condotta tenuta dal medesimo al momento del controllo, avvenuto presso un bar, costituita dal getto nel water di un involucro di contenuto non identificato e dall’azionamento dello scarico
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilit
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2025.