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Uso personale stupefacenti: i limiti secondo la Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti. La difesa sosteneva l’uso personale stupefacenti, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, basata su indizi quali la quantità di droga (7,88 grammi di hashish, da cui si potevano ricavare 99 dosi), le modeste condizioni economiche e la condotta dell’imputato, che aveva tentato di disfarsi della sostanza. Il ricorso è stato giudicato una mera richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso personale stupefacenti: quando la detenzione diventa spaccio?

La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale stupefacenti e quella finalizzata allo spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri utilizzati dai giudici per operare questa distinzione, sottolineando come non sia sufficiente la sola dichiarazione dell’imputato a escludere la finalità di spaccio quando sono presenti molteplici indizi di segno contrario.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato in appello a otto mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti di lieve entità. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la droga detenuta fosse destinata esclusivamente all’uso personale stupefacenti, una circostanza che, se provata, avrebbe escluso la punibilità del fatto.

I giudici di merito, tuttavia, avevano basato la condanna su una serie di elementi concreti:

1. Quantitativo e qualità: La sostanza sequestrata era hashish, per un totale di 7,88 grammi netti, con un principio attivo del 31,48%.
2. Numero di dosi: Da tale quantitativo era possibile ricavare ben novantanove dosi medie singole.
3. Condotta dell’imputato: Al momento del controllo, avvenuto in un bar, l’uomo aveva gettato un involucro nel water e azionato lo scarico, un comportamento chiaramente volto a occultare la prova.
4. Situazione economica: Le modeste condizioni economiche dell’imputato sono state ritenute un ulteriore indizio a sfavore della tesi dell’uso personale.

La Tesi Difensiva e la Valutazione della Corte

L’imputato ha tentato di convincere la Suprema Corte che la valutazione dei giudici di merito fosse errata, chiedendo di fatto una nuova interpretazione delle prove a favore della tesi dell’uso personale stupefacenti.

La Corte di Cassazione, però, ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno chiarito che il loro compito non è quello di riesaminare i fatti e le prove (attività riservata ai tribunali di primo e secondo grado), ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. Nel caso specifico, il ricorso non evidenziava errori di diritto, ma si limitava a proporre una lettura alternativa dei fatti già ampiamente e correttamente valutati dalla Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza si concentrano sulla natura del giudizio di Cassazione e sull’inammissibilità di censure puramente fattuali. La Corte ha spiegato che le critiche mosse dal ricorrente erano semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero un tentativo di rimettere in discussione l’interpretazione delle prove data dal giudice precedente. La sentenza impugnata aveva fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per escludere la destinazione della droga all’uso personale, basandosi su un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti. Il quantitativo, il numero di dosi ricavabili, la condotta elusiva e la situazione economica dell’imputato costituivano un quadro probatorio solido, che il ricorso non era riuscito a scalfire con argomentazioni di diritto.

Conclusioni

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: per escludere la finalità di spaccio non basta affermare che la droga sia per uso personale. È necessario che tale affermazione non sia smentita da elementi oggettivi e concreti. I giudici sono tenuti a valutare un complesso di fattori (quantità, qualità, numero di dosi, comportamento dell’imputato, contesto economico) per determinare la reale destinazione della sostanza. Inoltre, l’ordinanza conferma che la Corte di Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti; i ricorsi devono basarsi su vizi di legge e non su una diversa interpretazione delle prove, pena la dichiarazione di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali.

Quali elementi usa un giudice per distinguere l’uso personale di stupefacenti dallo spaccio?
Il giudice valuta un insieme di indizi, tra cui il quantitativo della sostanza, la percentuale di principio attivo, il numero di dosi medie ricavabili, le condizioni economiche dell’imputato e la sua condotta al momento del controllo.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente non denunciavano una violazione di legge, ma si limitavano a contestare la valutazione dei fatti e delle prove già effettuata dalla Corte d’Appello, cosa non consentita nel giudizio di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna precedente. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende a causa della colpa nella proposizione del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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