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Uso personale di droga: quando è spaccio? Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La condanna era basata sul ritrovamento di cocaina suddivisa in 10 involucri, da cui si potevano ricavare 15 dosi. Secondo la Corte, la quantità e le modalità di confezionamento sono elementi sufficienti per escludere la tesi dell’uso personale di droga, rendendo la motivazione della corte d’appello logica e non censurabile.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso Personale di Droga o Spaccio: la Cassazione Fissa i Paletti

La distinzione tra uso personale di droga e detenzione ai fini di spaccio rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto penale in materia di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per distinguere le due fattispecie, sottolineando come la valutazione debba basarsi su elementi oggettivi e non su mere ipotesi difensive. Analizziamo insieme questo importante caso per capire meglio quando il possesso di sostanze illecite integra il reato di spaccio.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una perquisizione domiciliare effettuata nell’abitazione di un uomo. Durante il controllo, le forze dell’ordine rinvenivano un quantitativo di cocaina suddiviso in 10 piccoli involucri. Dalle analisi successive, emergeva che dalla sostanza sequestrata si sarebbero potute ricavare 15 dosi medie singole. L’uomo veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (il cosiddetto “fatto di lieve entità”). L’imputato, sostenendo che la droga fosse destinata al proprio consumo, proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. La decisione si fonda su due pilastri principali: da un lato, l’impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità e, dall’altro, la correttezza del ragionamento seguito dai giudici di merito nell’escludere l’ipotesi dell’uso personale.

Le Motivazioni: Indizi Oggettivi contro l’Uso Personale di Droga

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno respinto la tesi difensiva. La Corte di Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e congrua, basata su dati oggettivi e non su mere presunzioni.

Gli elementi decisivi che hanno portato ad escludere l’uso personale di droga sono stati:

1. Il numero di dosi: Il possesso di un quantitativo tale da poter ricavare 15 dosi è stato ritenuto un dato significativo, che mal si concilia con un consumo strettamente personale e immediato.
2. Il confezionamento: La suddivisione della sostanza in 10 involucri distinti è un classico indice della destinazione alla vendita al dettaglio. Questa modalità di conservazione è tipica di chi prepara la droga per cederla a terzi.

Secondo la Cassazione, questi elementi, valutati insieme, non sono giustificabili nell’ottica del solo consumo personale, anche ammettendo che l’imputato fosse un consumatore. La versione alternativa proposta dalla difesa è stata liquidata come una “mera ipotesi” priva di qualsiasi riscontro probatorio. Il ricorso, su questo punto, è stato giudicato inammissibile anche perché si limitava a riproporre le stesse censure già avanzate e respinte in appello, sollecitando una nuova e non consentita lettura dei fatti.

Le Motivazioni: La Questione della Recidiva

Un altro motivo di ricorso riguardava il mancato riconoscimento della recidiva. Anche su questo punto, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità, ma per una ragione puramente processuale. La questione, infatti, non era stata sollevata nei motivi di appello. La legge processuale è chiara: non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione argomenti che dovevano essere discussi nel grado di giudizio precedente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima è di natura sostanziale: la linea di demarcazione tra uso personale e spaccio è tracciata da indici oggettivi e fattuali. La quantità, il numero di dosi ricavabili e, soprattutto, le modalità di confezionamento della sostanza sono elementi cruciali che un giudice valuterà per determinare la reale destinazione della droga. La seconda è di natura processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rimettere in discussione i fatti. È fondamentale, inoltre, articolare tutte le proprie difese fin dai primi gradi di giudizio, poiché le questioni non sollevate in appello non potranno essere recuperate davanti alla Suprema Corte.

Quando il possesso di droga viene considerato spaccio e non uso personale?
Secondo la sentenza, il possesso viene considerato spaccio quando elementi oggettivi, come un numero significativo di dosi possedute e il confezionamento della sostanza in più involucri, risultano incompatibili con la tesi di un consumo esclusivamente personale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove già valutate dalla Corte d’Appello?
No, il ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già respinte in appello, sollecitando una nuova valutazione delle prove. La Corte di Cassazione giudica solo la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non i fatti (giudizio di merito).

Si può contestare per la prima volta in Cassazione un aspetto della sentenza d’appello non criticato in precedenza?
No, una questione non sollevata come specifico motivo di appello non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità. Nel caso di specie, la contestazione sulla recidiva è stata dichiarata inammissibile proprio per questa ragione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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