Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8908 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8908 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a null (SENEGAL) il 07/11/1974
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE D’APPELLO DI GENOVA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al diniego di concessione della sospensione condizionale della pena e delle pene sostitutive e la declaratoria di inammissibilità nel resto
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 14 giugno 2024, la Corte d’appello di Genova, confermando la decisione del Tribunale della stessa città, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 473 cod. pen., e, esclusa la sospens condizionale della pena e rigettata la richiesta di applicazione di pene sostituti lo ha condannato alla pena di giustizia.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura.
2.1. Il primo motivo deduce vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione della condotta contestata all’imputato. La Cort territoriale avrebbe omesso di illustrare le ragioni per cui ha ritenuto configurab il reato di cui all’art. 473 cod. pen., il quale punisce chi fa uso dei ma contraffatti, laddove la condotta di detenzione degli stessi, posta in essere ricorrente, non è sanzionata da tale disposizione.
2.2. Il secondo motivo deduce vizio di violazione di legge e vizio di motivazione «nella forma del travisamento dell’informazione probatoria», avendo i giudici di appello escluso il beneficio della sospensione condizionale sulla base dell risultanze di un certificato del casellario giudiziale relativo a soggetto dive dall’imputato.
2.3. Il terzo motivo deduce vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 53 della legge n. 689 del 1981 nel testo precedente alle modifiche introdotte dal d.lgs n. 150 del 2022, nonché vizio di motivazione «nella forma del travisamento dell’informazione probatoria». Nel rigettare la richiesta di applicazione della pen sostitutiva, la Corte territoriale avrebbe fatto riferimento al certificato del casel giudiziale relativo ad altra persona. Inoltre, erroneamente il diniego sarebbe sta fondato sul carattere più blando della pena sostitutiva, trattandosi di sanzio equiparata dalla legge alla pena principale.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al diniego della sospensione condizionale e della applicazione di pene sostitutive, e la declaratoria di inammissibilità nel resto.
Considerato in diritto
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere rigettato per le ragion di seguito illustrate.
Il primo motivo è infondato.
L’art. 473 cod. pen. punisce la condotta di indebita utilizzazione dei marchi da parte di chi non sia titolare della relativa proprietà industriale. Questa Corte legittimità ha chiarito che tale delitto, in quanto finalizzato a tutela collegamento tra il marchio contraffatto ed un determinato prodotto, precede l’immissione in circolazione dell’oggetto falsamente contrassegnato e ne prescinde, in quanto il bene oggetto della falsificazione, una volta registrato, è
sua natura destinato alla circolazione nel mercato, anche se non ancora inserito nel circuito commerciale (Sez. 5, n. 26398 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276893 – 01; Sez. 5, n.18289de127/01/2016, COGNOME, Rv. 267119, N. 4305 del 1996 Rv. 204837, N. 26263 del 2010 Rv. 247684).
Orbene, nel caso in esame la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale disposizione, dando conto non solo del fatto che l’imputato era stato trovato in possesso di oltre 19.000 etichette, ma altresì della circostanza che la loro destinazione all’uso (cioè quella di siglare merce contraffatta) era resa evidente dal contestuale rinvenimento di strumenti per la loro applicazione. Trattasi di motivazione logica e coerente, idonea a comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Il ricorrente ha dedotto che la mancata concessione della sospensione condizionale della pena conseguirebbe alla utilizzazione, a fini decisori, di un certificato del casellario giudiziale relativo ad una persona diversa. Trattasi di censura inammissibile in quanto inedita, essendo estata formulata per la prima volta con il ricorso per cassazione. Invero, già la sentenza di primo grado aveva negato la sospensione condizionale della pena in ragione dei precedenti da cui era gravato l’imputato e tuttavia con i motivi di appello questi si era limitato a contestare nel merito la valutazione operata dal Tribunale.
In ogni caso trattasi di censura che implica una valutazione in fatto che esula dall’ambito della cognizione del giudizio di legittimità. Costituisce principio consolidato quello per cui in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. 6 n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601).
4. Il terzo motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha reso esaustiva motivazione in ordine al diniego della concessione delle pene sostitutive richieste dall’imputato (libertà controllata o semidetenzione) in ragione della negativa personalità dell’imputato, evidenziata dai precedenti penali che attestavano «l’ampia dimensione dell’attività illecita svolta» e che – ad avviso della Corte territoriale – conducevano a ritenere la pena sostitutiva inidonea ad evitare la reiterazione di ulteriori condotte criminose.
Trattasi di motivazione logica e coerente, conforme ai criteri che, ai sensi degli artt. 53 ss., legge n. 689 del 1981 presidiano l’esercizio del potere discrezionale del giudice.
Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 02/12/2024