Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20115 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20115 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a AUGUSTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 25 maggio 2023 la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della decisione di primo grado, ha assolto NOME COGNOME, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, dal delitto di cui all’ah:. 489 cod. pen., attribuitogli per avere fatto uso di un atto falso e, in particolare, per avere, quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, allo scopo di ottenere la cancellazione della società dal registro C.A.I. (Centrale Allarme Interbancaria), inviato alla American Express, che aveva operato siffatta iscrizione, una falsa ordinanza emessa dal giudice del Tribunale di Larino a nome di una inesistente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME.
La Corte territoriale, pur non dubitando dell’ascrivibilità della condotta all’imputato, ha ritenuto che, nel caso di specie, fosse stata trasmessa una mera fotocopia di atto inesistente, priva di apparenza di un atto originale: peraltro, il nome del magistrato firmatario non era identico a quello di uno dei giudici del Tribunale di Larino, consultabile sulla rete Internet; inoltre, il provvedimento, pur recando una data di febbraio, faceva menzione della normativa sulla sospensione feriale dei termini.
Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Campobasso ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con il quale s lamenta: a) che il reato contestato deve ritenersi integrato tutte le volte che sia prodotta o esibita la fotocopia di un atto falso per conseguire effetti giuridici indebiti, inducendo in errore il destinatario; b) che, nella specie, non si trattava di fotocopia ma della trasmissione a distanza di un documento in forma demateralizzata; c) che, quanto alle considerazioni che apparivano dedicate a sostenere la macroscopica inidoneità dell’atto a raggiungere lo scopo indebito che l’agente intendeva conseguire, l’atto presentava indubbie capacità inganNOMErie; d) che inadeguata era la formula assolutoria.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, la formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale (Sez. U, n. 35814 del 28/03/2019, Marcis, Rv. 276285 – 01).
In motivazione, le Sezioni Unite hanno aderito all’orientamento che ritiene integrata la falsità tipica nelle ipotesi in cui la copia di un documento si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme: in tal caso la contraffazione si ritiene sanzionabile ex artt. 476 o 477 cod. pen., secondo la natura del documento che mediante la copia viene in realtà falsamente formato o attestato esistente. Siffatta impostazione ricostruttiva poggia, invero, su un criterio di riferimento oggettivo, per cui lo stesso soggetto che produce la copia deve compiere anche un’attività di contraffazione che vada ad incidere materialmente sui tratti caratterizzanti il documento in tal modo prodotto, attribuendogli una parvenza di originalità, così da farlo sembrare, per la presenza di determinati requisiti formali e sostanziali, un provvedimento originale o la copia conforme, originale, di un tale atto ovvero comunque documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente. La volontà di sorprendere la fede pubblica, in tal modo, si realizza attraverso un comportamento ontologicamente inquadrabile nella ipotesi di falso per contraffazione, perché, almeno apparentemente, creativo di un atto originale in realtà inesistente, sì da determinarne oggettivamente, nelle intenzioni dell’agente, un’apparenza esterna di originalità.
La giurisprudenza successiva ha coerentemente ritenuto, ad es., che, in tema di falsità materiale, integra il reato di cui agli artt. 476 e 482 cod. pen. la formazione della copia di una sentenza inesistente, quando la stessa, in relazione alle circostanze del contesto concreto, assuma l’apparenza di una riproduzione di un atto originale, ex se non soggetto a circolazione, restando l’originale “allegato a raccolta” (Sez. 5, n. 45369 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277006 – 01; v. anche, per la valorizzazione delle circostanze del caso concreto, Sez. 5, n. 11402, del 18/01/2021, COGNOME, Rv. 280731 – 01). Coerentemente si è ritenuto che integri il delitto di cui agli artt. 476 e 482 cod. pen. la formazione di una copia di un’ordinanza inesistente, quando la stessa, in relazione alle circostanze del caso concreto ed all’atteggiamento psicologico dell’agente, diretto ad ingannare la persona offesa destinataria dell’atto, assuma l’apparenza di una riproduzione di un atto originale, rivestendo la forma tipica di un provvedimento giudiziario (Sez. 5, n. 11402 del 18/01/2021, COGNOME, Rv. 280731 – 01, in un caso nel quale si è ritenuto configurabile il reato in relazione alla trasmissione, al fine
di ottenere il pagamento di compensi professionali, di copia telematica di una falsa ordinanza di dissequestro di beni, accreditata come corrispondente all’originale mediante la riproduzione del numero di notizia di reato e di iscrizione nel registro generale del giudice per le indagini preliminari, nonché della sottoscrizione del giudice).
Si tratta, pertanto, di valutazioni strettamente legate alla specifica realtà dell’episodio oggetto del processo.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata, da un lato, sottolinea il carattere di mera fotocopia del documento trasmesso, trascurando di considerare che, anche in questo caso, l’atto può assumere l’apparenza della riproduzione di un provvedimento originale e, dall’altro, introduce profili che sembrano legati al tema della grossolanità della falsificazione (l’inesistenza del giudice che ne risultava firmatario o la menzione della normativa in tema di sospensione feriale dei termini), senza, tuttavia, razionalmente dimostrare che tali dati siano idonei a rendere il falso riconoscibile ictu ocull da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza, tenendo conto non solo delle caratteristiche oggettive del documento, ma altresì del suo normale uso e delle modalità e circostanze della sua utilizzazione (v., in un caso di falso nurnmario, ma con l’affermazione di principi di carattere generale, Sez. 5, n. 15122 del 18/02/2020, Angius, Rv. 279153 – 0).
Ne segue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Salerno.
Così deciso il 13/03/2024