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Uso di atto falso: Cassazione su dolo e tenuità

Un automobilista è stato condannato per l’uso di un certificato di revisione falso. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, chiarendo che il reato di uso di atto falso si configura anche con la semplice esibizione del documento alle forze dell’ordine su loro richiesta. Inoltre, ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data l’importanza del bene giuridico tutelato, ovvero la sicurezza della circolazione stradale.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso di Atto Falso: Quando la Semplice Esibizione Integra il Reato

L’uso di atto falso è un reato che solleva questioni complesse, soprattutto riguardo ai confini tra la mera detenzione e l’effettiva utilizzazione del documento contraffatto. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, fornendo chiarimenti cruciali sulla configurazione del reato e sull’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come anche la semplice esibizione di un documento falso alle forze dell’ordine, su loro specifica richiesta, sia sufficiente a integrare la condotta penalmente rilevante.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso di un cittadino condannato in primo e secondo grado per il reato di uso di atto falso, previsto dall’articolo 489 del codice penale. L’imputato era stato trovato in possesso di un certificato di revisione automobilistica contraffatto e lo aveva esibito durante un controllo di polizia. La difesa sosteneva che tale condotta non integrasse il reato, poiché l’imputato era un mero ‘depositario’ del documento e lo aveva mostrato solo perché richiesto dagli agenti, senza quindi una volontà autonoma di farne uso. Inoltre, si lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la presunta scarsa offensività della condotta.

L’Analisi della Corte sull’Uso di Atto Falso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni difensive. In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: la Corte di Cassazione non può procedere a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso per legittimità può censurare solo vizi di legge o di motivazione, non una diversa valutazione delle prove.

Entrando nel merito della questione giuridica, la Corte ha specificato che il concetto di ‘fare uso’ di un documento contraffatto, richiesto dalla norma incriminatrice, comprende qualsiasi tipo di condotta che ne comporti una concreta utilizzazione. L’esibizione del certificato falso alle forze dell’ordine durante un controllo rientra pienamente in questa definizione, in quanto costituisce il momento in cui il documento viene impiegato per lo scopo per cui è stato creato, ovvero attestare falsamente una condizione (la regolare revisione del veicolo).

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto infondate le doglianze relative alla mancanza dell’elemento soggettivo (il dolo). Il fatto che l’imputato abbia mostrato volontariamente i documenti su richiesta degli agenti non esclude la sua intenzione di utilizzarli. Anzi, proprio in quel contesto si realizza l’uso penalmente rilevante. I giudici hanno inoltre considerato che l’imputato, cittadino straniero, dovesse essere consapevole della falsità del documento, anche in considerazione delle sue caratteristiche anomale (redatto promiscuamente con caratteri cirillici e nazionali).

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata applicazione dell’articolo 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto), la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. La sentenza impugnata aveva correttamente evidenziato che l’oggetto materiale del reato – un certificato di revisione – e la sua funzione di garanzia per la sicurezza della circolazione stradale impediscono di considerare la lesione al bene giuridico protetto (la fede pubblica) come ‘particolarmente tenue’. La condotta, quindi, non poteva beneficiare della causa di non punibilità.

Le conclusioni

La pronuncia della Cassazione consolida l’interpretazione estensiva del concetto di ‘uso’ nel reato di cui all’art. 489 c.p. Chiunque esibisca un documento falso, anche se su richiesta di un’autorità, compie un’azione penalmente rilevante, poiché ne sfrutta la potenziale efficacia probatoria. La decisione sottolinea inoltre che la valutazione sulla tenuità del fatto non può prescindere dalla natura del bene giuridico protetto: quando sono in gioco interessi collettivi di primaria importanza, come la sicurezza stradale, è più difficile che un’offesa possa essere considerata di lieve entità. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Mostrare un documento falso alla polizia su loro richiesta costituisce reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione. Il reato di uso di atto falso si configura con qualsiasi tipo di condotta che implichi la concreta utilizzazione del documento, inclusa la sua esibizione alle forze dell’ordine durante un controllo, anche se avviene su loro esplicita richiesta.

Come si valuta la consapevolezza della falsità del documento (dolo)?
La Corte ha ritenuto che la volontaria esibizione del documento su richiesta non escluda il dolo. Nel caso specifico, si è presunto che l’imputato, cittadino straniero, fosse consapevole della falsità anche per via delle caratteristiche anomale del documento, redatto con caratteri misti (cirillici e nazionali).

Perché non è stata applicata la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. perché l’oggetto del reato era un certificato di revisione, un documento con una fondamentale funzione di garanzia per la sicurezza della circolazione stradale. La lesione a questo importante bene giuridico non può essere considerata di lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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