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Uso di atto falso: Cassazione nega la tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un imputato per il reato di uso di atto falso, specificamente una patente di guida contraffatta. La Corte ha rigettato la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sottolineando come la sofisticazione della falsificazione, l’intensità del dolo e la commissione del reato durante un periodo di affidamento in prova costituissero elementi di gravità tali da escludere il beneficio. Anche le richieste relative alle sanzioni sostitutive e alle attenuanti generiche sono state respinte.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Uso di atto falso: quando non si applica la non punibilità per tenuità del fatto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17247 del 2025, offre importanti chiarimenti sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nel contesto del reato di uso di atto falso. La pronuncia analizza il caso di un cittadino condannato per aver utilizzato una patente di guida interamente contraffatta, confermando la decisione dei giudici di merito e rigettando le doglianze della difesa. Questa decisione ribadisce come la valutazione della gravità del reato non possa limitarsi a un esame superficiale, ma debba considerare tutti gli elementi concreti della condotta.

I fatti del caso: la patente contraffatta

Il caso ha origine dalla condanna, confermata in primo grado e in appello, di un individuo per il reato di uso di atto falso. Nello specifico, l’imputato aveva esibito alla polizia giudiziaria una patente di guida che, a seguito di accertamenti tecnici, risultava essere completamente contraffatta. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: l’errata esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la violazione di legge in merito al trattamento sanzionatorio e al mancato avviso sulle sanzioni sostitutive, e infine il diniego delle attenuanti generiche.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa ha contestato le decisioni dei precedenti gradi di giudizio sostenendo che:

1. L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) era stata negata illegittimamente. Secondo il ricorrente, i giudici avevano basato la loro decisione sulla necessità di approfondimenti tecnici per accertare la falsità, un elemento non rilevante ai fini della valutazione della tenuità.
2. Vi era stata una violazione di legge in merito alle sanzioni sostitutive. La difesa lamentava che il giudice d’appello non avesse informato l’imputato della facoltà di accedere a tali sanzioni, come previsto dalla recente normativa.
3. Il diniego delle attenuanti generiche era ingiustificato, poiché non si era tenuto conto delle precarie condizioni sociali del ricorrente, che avrebbero meritato un trattamento sanzionatorio più mite.

L’analisi della Corte: perché l’uso di atto falso non è di lieve entità?

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso nel suo complesso infondato, fornendo una dettagliata analisi per ciascun motivo. Sul punto cruciale della particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite, sottolineando che la valutazione non deve riguardare la condotta tipica del reato in astratto, ma il fatto storico in tutta la sua concretezza. Questo include le modalità di estrinsecazione del comportamento, le componenti soggettive (il dolo) e l’entità complessiva del disvalore sociale.

Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato che i tribunali di merito avevano correttamente motivato l’esclusione del beneficio, valorizzando elementi di significativa gravità:

* L’intensità del dolo: l’intenzione criminale era chiara.
* La sofisticazione della falsificazione: il documento non era un falso grossolano, ma richiedeva accertamenti scientifici, denotando una maggiore pericolosità della condotta.
* La condotta dell’imputato: il reato era stato commesso mentre l’imputato si trovava in regime di affidamento in prova per un’altra causa, dimostrando una spiccata tendenza a delinquere.

Questi elementi, valutati congiuntamente, delineano un’offesa tutt’altro che tenue, rendendo recessiva la necessità di pena e giustificando la punibilità.

Sanzioni sostitutive e attenuanti: le altre decisioni della Corte

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati rigettati. Per quanto riguarda le sanzioni sostitutive, la Corte ha ribadito un principio consolidato: è onere dell’imputato formulare una richiesta specifica, al più tardi durante l’udienza d’appello. In assenza di tale istanza, il giudice non è tenuto a pronunciarsi d’ufficio.

Infine, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo. La decisione si basava sulla valutazione complessiva della condotta e sui precedenti penali dell’imputato, elementi che, secondo la Corte, erano incompatibili con un giudizio di minore riprovazione.

Le motivazioni

Le motivazioni della sentenza si fondano su un’interpretazione rigorosa dell’art. 131-bis c.p. e dei principi generali del diritto penale. La Corte ha chiarito che la ‘particolare tenuità’ non può derivare da una valutazione parziale o generica, come quella proposta dalla difesa, ma deve scaturire da un’analisi completa del fatto storico. La decisione evidenzia come il giudizio sulla gravità della condotta sia un apprezzamento di merito che, se logicamente motivato come nel caso di specie, non può essere censurato in sede di legittimità. La sentenza impugnata aveva infatti considerato tutti gli indici di gravità previsti dall’art. 133 c.p., come la natura dell’atto, il grado di colpevolezza e la capacità a delinquere, giungendo a una conclusione coerente e ben argomentata. L’inammissibilità dei motivi di appello generici, inoltre, preclude la possibilità di sollevare la stessa questione in Cassazione.

Le conclusioni

La sentenza n. 17247/2025 consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la non punibilità per particolare tenuità del fatto è un beneficio che richiede una valutazione olistica e rigorosa. Non è sufficiente che il danno sia esiguo; è necessario che l’intera condotta, inclusa la componente psicologica e il contesto in cui si inserisce, presenti un grado di offensività minimo. Per il reato di uso di atto falso, la sofisticazione della contraffazione e la pregressa condotta dell’agente sono fattori determinanti che possono precludere l’accesso a tale beneficio, confermando la necessità di una sanzione penale come risposta adeguata dell’ordinamento.

Quando il reato di uso di atto falso non è considerato di ‘particolare tenuità’?
Il reato non è considerato di particolare tenuità quando la valutazione complessiva del fatto storico rivela elementi di gravità. La sentenza specifica che fattori come la sofisticazione della falsificazione, l’intensità dell’intenzione criminale (dolo) e la commissione del reato mentre si è sottoposti a misure alternative (come l’affidamento in prova) escludono l’applicazione di tale beneficio.

Il giudice d’appello è tenuto a informare l’imputato sulla possibilità di richiedere sanzioni sostitutive?
No. La sentenza chiarisce che, secondo la giurisprudenza consolidata, è onere dell’imputato o del suo difensore presentare una richiesta esplicita per l’applicazione delle pene sostitutive. Tale richiesta deve essere formulata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione d’appello. In assenza di una richiesta, il giudice non ha alcun obbligo di pronunciarsi in merito.

Quali elementi possono giustificare il diniego delle attenuanti generiche nel reato di uso di atto falso?
Il diniego delle attenuanti generiche può essere giustificato da una valutazione complessiva negativa del comportamento dell’imputato. La sentenza evidenzia che elementi come la gravità del fatto, la particolare tenuità esclusa, e i precedenti penali (in questo caso, valorizzati dal primo giudice) sono sufficienti a sostenere la decisione di non concedere una riduzione di pena a titolo di attenuanti generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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