Uso dell’arma nel reato di minaccia: quando una frusta diventa arma?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di minaccia aggravata, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità e sulla nozione di arma ai fini penali. La vicenda, che vede al centro l’uso dell’arma come circostanza aggravante, offre spunti di riflessione sulla valutazione delle prove e sulla discrezionalità del giudice di merito. La decisione sottolinea come non sia possibile, in Cassazione, rimettere in discussione l’accertamento dei fatti se la motivazione della sentenza impugnata è logica e coerente.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato di minaccia aggravata. La condotta contestata consisteva nell’aver minacciato un’altra persona brandendo una frusta da carrettiere, lunga oltre un metro e mezzo, a meno di un metro di distanza dalla vittima. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, che riconosceva la responsabilità penale dell’imputato e lo condannava al pagamento di una multa di 1.000 euro e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. I giudici di merito avevano concesso le circostanze attenuanti generiche, ritenendole però equivalenti alla contestata aggravante dell’uso dell’arma, senza quindi applicare una riduzione della pena.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Errata valutazione delle prove: Si contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato gli elementi probatori, sostenendo che la loro valutazione fosse viziata.
2. Mancata applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto: Secondo la difesa, il fatto doveva essere considerato di lieve entità e, pertanto, non punibile ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
3. Inconfigurabilità dell’aggravante dell’uso di un’arma: La difesa sosteneva che la frusta non potesse essere considerata un’arma ai sensi dell’art. 339 c.p., con la conseguente incompetenza del tribunale ordinario a favore del giudice di pace.
4. Errato bilanciamento delle circostanze: Si chiedeva che le attenuanti generiche fossero considerate prevalenti sull’aggravante, con una conseguente diminuzione della pena.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione e l’uso dell’arma
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo tutti i motivi sollevati. I giudici hanno chiarito principi fondamentali del processo penale e del giudizio di legittimità.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di offrire una nuova valutazione delle prove. Se il giudice di merito ha fornito una motivazione logica e priva di contraddizioni, come nel caso di specie, la sua valutazione è insindacabile in sede di legittimità. Il ricorso, su questo punto, si limitava a riproporre le stesse doglianze già respinte in appello, configurandosi come un tentativo non consentito di ottenere una terza valutazione sul merito.
Anche il secondo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che i giudici di merito avevano già escluso tale causa di non punibilità con una motivazione non illogica, valorizzando le specifiche modalità dell’azione e le connotazioni dell’offesa, ritenute non particolarmente tenui.
Cruciale è stata la valutazione del terzo motivo, quello sull’uso dell’arma. La Cassazione ha ritenuto la censura manifestamente infondata. I giudici di merito avevano correttamente qualificato la frusta da carrettiere, per le sue caratteristiche (lunghezza superiore al metro e mezzo) e per le modalità d’impiego (agitata a breve distanza dalla vittima), come uno strumento rientrante nel novero delle armi improprie ai sensi dell’art. 339 c.p. Di conseguenza, la configurabilità dell’aggravante e la competenza del tribunale erano state correttamente affermate.
Infine, sul bilanciamento delle circostanze, la Corte ha ricordato che il giudizio di comparazione tra attenuanti e aggravanti è espressione di una valutazione discrezionale tipica del giudice di merito. Tale giudizio sfugge al controllo di legittimità se, come nel caso esaminato, non è frutto di arbitrio o di un ragionamento illogico e risulta sorretto da una motivazione sufficiente. La scelta di considerare equivalenti le circostanze, giustificata dalla necessità di rendere la pena adeguata al fatto concreto, è stata ritenuta corretta.
Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Cassazione conferma alcuni pilastri del nostro sistema processuale. In primo luogo, ribadisce la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. In secondo luogo, chiarisce che la nozione di ‘arma’ è ampia e può includere oggetti che, pur non essendo nati per offendere, sono utilizzati con finalità minacciose o violente. La decisione rappresenta un monito: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge e non può essere un pretesto per ridiscutere all’infinito la ricostruzione fattuale operata dai tribunali. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a conferma della totale infondatezza del suo ricorso.
Quando una frusta può essere considerata un’arma ai fini della legge penale?
Secondo la sentenza, una frusta da carrettiere lunga più di un metro e mezzo, agitata a meno di un metro da una persona, rientra nella categoria degli strumenti rilevanti come arma ai sensi dell’art. 339 del codice penale, facendo scattare la relativa circostanza aggravante.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che chiede una nuova valutazione delle prove è considerato inammissibile.
Cosa comporta il giudizio di equivalenza tra circostanze attenuanti e aggravanti?
Comporta che le due tipologie di circostanze si bilanciano a vicenda, senza che la pena venga né diminuita (per effetto delle attenuanti) né aumentata (per effetto delle aggravanti). La pena finale viene quindi determinata sulla base del reato base, come se non vi fossero circostanze.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2683 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2683 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TURI il 03/10/1962
avverso la sentenza del 26/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 612, comma secondo, cod. pen. in relazione all’art. 339 cod. pen. e, concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza con la contestata aggravante, l’aveva condannato alla pena di euro 1.000 di multa, nonché al risarcimento dei danni a favore delle costituite parti civili;
Considerato che il primo motivo di ricorso (esposto alle pagine 1-16 del ricorso) -con il quale il ricorrente si duole dell’inosservanza della legge penale con riferimento alla valutazione degli elementi probatori – è inammissibile in quanto costituito da mere doglianze in punto di fatto, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dal giudice di merito, nonché volti ad ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie già compiutamente valutate dal giudice di merito sulla scorta di analitica motivazione immune da cadute logiche (pagg. 6-10),
Rilevato che il secondo motivo (esposto alle pagine 16-23 del ricorso) – con il quale il ricorrente lamenta l’esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. – è anch’esso riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dal giudice di merito che, con argomentazione, non illogica, valorizzando le connotazioni dell’azione, ha escluso la particolare tenuità dell’offesa (pag. 10);
Considerato che il terzo motivo (esposto alle pagine 23-24 del ricorso) – con il quale il ricorrente nega la configurabilità della aggravante e, conseguentemente, eccepisce l’incompetenza del giudice togato in favore del giudice di pace – è manifestamente infondato in quanto presuppone l’esclusione della circostanza aggravante dell’uso dell’arma, che invece il giudice di merito ha ritenuto provata in relazione all’uso di una frusta da carrettiere lunga più di un metro e mezzo che l’imputato agitava quando si trovava a meno di un metro dalla persona offesa (cfr. pagg. 4 e 8), oggetto rientrante nel novero degli strumenti rilevanti ex art. 339 cod. pen. (pagg. 8, 9 e 10 sentenza impugnata);
Rilevato che il quarto motivo (esposto alle pagine 24-25 del ricorso)- che invoca un giudizio di prevalenza ex art. 69 cod. pen. delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato, poiché le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora, come
nella specie (cfr. pag. 10), non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/12/2024