Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8625 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8625 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il 31/10/1980 in Albania
avverso la sentenza in data 05/03/2024 della Corte di appello di Ancona
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio in visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME relazione ai reati di cui ai capi 2), 3), 13) e 16).
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 05/03/2024 la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma di quella del Tribunale di Urbino in data 01/12/2021, ha assolto NOME COGNOME dai reati di cessione di stupefacenti di cui ai capi 7) e 8), confermando la condanna del predetto per gli altri reati di acquisto e cessione di cocaina di cui ai
capi da 1) a 16) e rideterminando la pena, previo riconoscimento del vincolo della continuazione con reato oggetto di separata sentenza, divenuta irrevocabile.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al reato contestato al capo 1).
Nell’atto di appello era stato rilevato che talune condotte contestate ai capi 1), 2) e 3) integravano in realtà un unico reato, connotato dall’acquisto e dalla contestuale rivendita dello stupefacente, secondo il canone volto a dare rilievo al susseguirsi di atti diretti ad un unico fine, senza sostanziale soluzione di continuità.
In tale prospettiva l’acquisto di cocaina da COGNOME e la cessione del medesimo quantitativo a COGNOME avrebbero dovuto ricondursi ad un unico reato, attesa l’identità delle persone e la circostanza che COGNOME e COGNOME si fossero appositamente recati a Forlì per l’acquisto della droga ceduta da COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo 13).
Non diversamente da quanto riconosciuto per i capi 7) e 8), per i quali era stata pronunciata assoluzione, anche con riguardo al capo 13) il contatto era avvenuto con utenza telefonica in uso ad una donna italiana, non essendovi ragione di ipotizzare un accordo finalizzato alla cessione di droga.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo 16).
Analogamente a quanto prospettato per il capo 13), il contatto con utenza in uso a tale NOME COGNOME non avrebbe potuto intendersi come finalizzato a cessione di droga.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per l’annullamento con rinvio in relazione ai reati di cui ai capi 2, 3, 13 e 16.
Il procedimento si è svolto con trattazione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è parzialmente fondato.
Dalla congiunta lettura delle sentenze di merito e, in particolare, dalla ricostruzione operata sulla base delle conversazioni intercettate, si evince che in data 4 settembre 2018 il ricorrente, che era solito rifornirsi a Forlì da NOME COGNOME, incontrò il fornitore per acquistare un quantitativo di 500 grammi di cocaina, che avrebbe dovuto consegnare ad un suo cliente, cioè NOME COGNOME il
quale aveva già effettuato il pagamento e, nella circostanza, aveva accompagnato COGNOME a Forlì, dove aveva immediatamente ricevuto gran parte del quantitativo pattuito, salva una piccola pare consegnatagli nel corso della giornata a Fossombrone (può richiamarsi la ricostruzione operata a pagg. 23 e segg. della sentenza di primo grado, sostanzialmente condivisa dalla Corte di appello alle pagg. 7 e segg. della sentenza impugnata).
In tale circostanza, dunque, con riguardo al quantitativo di g. 500 di cocaina, oggetto sia del capo 1) che del capo 3), deve ritenersi che l’acquisto e la successiva cessione avessero avuto il medesimo oggetto e si fossero perfezionati con riguardo allo stesso quantitativo in un contesto spazio-temporale sostanzialmente unitario.
Deve dunque richiamarsi il principio consolidato secondo cui «in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, le diverse condotte previste dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, perdono la loro individualità, con conseguente esclusione del concorso formale per effetto dell’assorbimento, se costituiscono manifestazione di disposizione della medesima sostanza e risultano poste in essere contestualnnente o, comunque, senza apprezzabile soluzione di continuità, in funzione della realizzazione di un unico fine» (Sez. 3, n. 23759 del 10/02/2023, El Khaddach, Rv. 284666; Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 270266; il principio è peraltro formulato in motivazione anche da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, non mass. sul punto).
Non ricorrono analoghi presupposti in relazione alle residue ipotesi oggetto di contestazione ai capi 1), 2) e 3), non risultando in particolare dirimente la circostanza che COGNOME avesse accompagnato COGNOME anche in data 2 settembre 2018, in assenza di elementi attestanti la piena coincidenza tra quanto acquisito da COGNOME e quanto contestualmente consegnato da costui a COGNOME, ferma restando l’autonomia della residua ipotesi contestata al capo 3).
In ogni caso, riqualificata come un unico reato, ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 309 del 1990, la condotta di acquisto e cessione di 500 g. di cocaina, contestata ai capi 1) e 3), la sentenza deve essere annullata limitatamente alla determinazione della pena, imponendosi una nuova valutazione di merito, che individui il reato più grave e correlativamente escluda l’ipotesi assorbita ai fini dell’aumento per la continuazione.
2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
Va infatti rimarcato come, con riguardo alle restanti imputazioni, la Corte, ampiamente valorizzando l’analisi del primo Giudice, abbia rilevato che COGNOME era costantemente dedito al traffico di sostanze stupefacenti e che in tale quadro, oltre a rifornirsi da COGNOME, curava un vasto gruppo di acquirenti, che gli si rivolgevano con linguaggio apparentemente criptico ma di tipo convenzionale e
tale da evocare richieste di sostanze stupefacenti, in assenza di spiegazioni alternative.
La Corte territoriale ha ritenuto che solo nei casi che avevano formato oggetto delle imputazioni di cui ai capi 7) e 8), non potessero dirsi raccolti inequivoci elementi per ricondurre i contatti intercorsi tra il ricorrente e due connazionali ad operazioni di spaccio di stupefacenti.
A fronte di ciò, nei motivi di ricorso si contesta la sussistenza di elementi idonei anche con riguardo ai capi 13) e 16), ma, in realtà, le deduzioni si risolvono nella prospettazione di una lettura alternativa delle risultanze processuali e non valgono a porre in luce profili di incompletezza o manifesta illogicità della motivazione, con la quale si è, invero, dato conto della pluralità di analoghi, brevi contatti, volti solo a propiziare incontri privi di qualsivoglia diversa e plausibile spiegazione, che il ricorrente si è comunque astenuto dal fornire.
Deve dunque concludersi che la sentenza impugnata deve essere annullata solo nei limiti suindicati, con rinvio per la rideterminazione della pena alla Corte di appello di Perugia e con declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto.
P. Q. M.
Qualificati i reati di cui ai capi 1) e 3) relativamente all’acquisto di grammi 500 di cocaina come unico reato ai sensi dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 23/01/2025