Unico Disegno Criminoso: Quando la Cassazione Dice No
L’istituto dell’unico disegno criminoso, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è un concetto fondamentale nel diritto penale italiano. Esso consente di unificare, ai fini della pena, più reati commessi in attuazione di un medesimo programma criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei criteri utilizzati per escludere tale istituto, anche in presenza di reati gravissimi.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un soggetto condannato per due distinti omicidi aggravati dalla finalità mafiosa. L’interessato si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo il riconoscimento della continuazione tra i due delitti, sostenendo che entrambi facessero parte di un medesimo piano criminale. La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge e un vizio di motivazione, sostenendo che non fossero stati adeguatamente valutati gli indici rivelatori di un unico disegno criminoso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che il ricorrente, in realtà, non stava denunciando un errore di diritto, ma stava tentando di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, operazione non consentita nel giudizio di legittimità. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse logicamente e correttamente motivata nell’escludere la sussistenza di un piano unitario alla base dei due delitti.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su una serie di elementi concreti, evidenziati già dal giudice dell’esecuzione, che contrastavano con l’idea di una programmazione unitaria. Questi elementi, analizzati nel dettaglio, sono fondamentali per comprendere quando l’unico disegno criminoso non può essere riconosciuto:
1. Notevole Distanza Temporale: Il considerevole lasso di tempo intercorso tra i due omicidi è stato considerato un primo, forte indizio contro l’esistenza di un piano preordinato.
2. Diverse Modalità di Esecuzione: Il ruolo del condannato era stato differente nei due episodi. In un caso aveva agito come esecutore materiale (killer), mentre nell’altro aveva avuto il ruolo di procacciatore di armi. Questa diversità di ruoli suggerisce contesti operativi distinti piuttosto che un unico piano.
3. Diversità dei Moventi e dei Contesti: I due omicidi, sebbene entrambi con finalità di agevolazione mafiosa, erano maturati in contesti criminali differenti. Il primo era legato a una guerra tra cosche locali per il controllo di un determinato territorio; il secondo si inseriva invece in un conflitto tra articolazioni di cosche operanti in altri territori. Questa divergenza nei moventi specifici è stata ritenuta decisiva per escludere un programma criminoso unitario.
In sintesi, la Corte ha concluso che l’assenza di elementi univoci di una pregressa e preordinata programmazione, e anzi la presenza di elementi contrari, giustificava pienamente il rigetto della richiesta.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non è sufficiente che i reati siano della stessa indole o che siano stati commessi a breve distanza l’uno dall’altro. È necessario dimostrare, con elementi concreti e univoci, che tutti i reati erano stati programmati sin dall’inizio come parte di un unico piano. La valutazione del giudice deve essere basata su fattori oggettivi come il tempo, le modalità esecutive e il movente specifico di ciascun reato. Un ricorso in Cassazione che si limiti a proporre una diversa lettura dei fatti, senza evidenziare vizi di logica o di diritto nella decisione impugnata, è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando può essere riconosciuto l’istituto della continuazione tra reati?
La continuazione può essere riconosciuta quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo e unico disegno criminoso, ovvero quando sono parte di un programma unitario e preordinato, come stabilito dall’art. 81 del codice penale.
Quali elementi possono escludere la sussistenza di un unico disegno criminoso?
Secondo l’ordinanza, elementi come una notevole distanza temporale tra i reati, diverse modalità di esecuzione (es. killer in un caso, procacciatore di armi in un altro), e la diversità dei moventi e dei contesti criminali possono dimostrare l’assenza di una programmazione unitaria e preordinata.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente non ha indicato nuovi elementi a sostegno della sua tesi, ma si è limitato a proporre una rivalutazione alternativa dei fatti già esaminati dal giudice dell’esecuzione. Tale richiesta di riesame del merito non è consentita nel giudizio di legittimità, che si limita al controllo sulla corretta applicazione della legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31970 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31970 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GELA il 27/09/1958
avverso l’ordinanza del 26/02/2025 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 26/02/2025, con la quale la Corte di appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME per il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i delitti oggetto delle due sentenze meglio descritte nell’originaria istanza;
Ritenuto che, con due connessi motivi ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., relativi ad erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen. e a vizio di motivazione, si lamenta l’omessa valutazione degli indici rivelatori dell’unico disegno criminoso;
che tuttavia il ricorrente propone una rivalutazione alternativa degli elementi in base ai quali con argomenti logici il giudice dell’esecuzione ha escluso dal medesimo disegno criminoso quelle condotte, che seppur integranti omicidi aggravati dalla finalità di agevolare una cosca mafiosa ai fini del controllo del territorio, si connotavano per una notevole distanza temporale, per le diverse modalità di esecuzione (in un caso come killer, nell’altro come procacciatore di armi), per la diversità di angolazione dei rispettivi moventi (l’uno maturato nell’ambito della guerra tra le cosche di Gela, l’altro nell’ambito della guerra tra articolazioni delle cosche di altri territori) e quindi, in definitiva, per l’assenza elementi univoci di una pregressa e preordinata programmazione, anzi in presenza di elementi contrari;
che nelle censure non si ravvisa indicazione alcuna riguardo eventuali altri elementi dimostrativi della previa unica ideazione di queste differenti condotte e si lamenta un’errata valutazione degli elementi acquisiti, tuttavia proponendo argomenti di merito, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità;
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 settembre 2025 Il Consiglie GLYPH tensore GLYPH
Il Presidente