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Unico disegno criminoso: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra più reati. La Corte ha stabilito che la mera ripetizione di delitti in un lungo arco temporale, anche di natura simile, non è sufficiente a provare un unico disegno criminoso. Al contrario, tale condotta integra un’ipotesi di abitualità criminale, soprattutto quando alcuni reati non erano prevedibili al momento della commissione del primo. La decisione sottolinea che il dubbio sull’esistenza del disegno criminoso non può portare al riconoscimento della continuazione, per non intaccare la certezza del giudicato.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Unico Disegno Criminoso: La Cassazione Chiarisce la Differenza con l’Abitualità

L’istituto della continuazione nel diritto penale rappresenta una questione complessa, il cui fulcro risiede nella dimostrazione di un unico disegno criminoso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura per distinguere la continuazione dalla semplice abitualità nel commettere reati. La Suprema Corte ha rigettato la richiesta di un ricorrente, chiarendo che la ripetizione di condotte illecite in un lungo arco temporale non è di per sé sufficiente a configurare un piano unitario.

Il Caso in Analisi: Richiesta di Continuazione Respinta

Il caso trae origine dal ricorso presentato contro un’ordinanza della Corte di Appello di Lecce. Quest’ultima, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva negato l’applicazione dell’articolo 671 del codice di procedura penale, che disciplina appunto il riconoscimento della continuazione tra reati oggetto di diverse sentenze. Il ricorrente sosteneva che i vari delitti da lui commessi fossero parte di un medesimo progetto criminale, chiedendo di conseguenza un ricalcolo della pena in senso più favorevole.

La Decisione della Corte: Perché non c’è un Unico Disegno Criminoso?

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua scelta, evidenziando l’assenza di elementi concreti e probatori idonei a dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso originario. L’analisi si è concentrata non sulla somiglianza dei reati, ma sulla loro genesi e sul contesto in cui sono maturati.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra un piano premeditato e una mera tendenza a delinquere. La Corte ha osservato che i reati erano stati commessi in un arco temporale di otto anni. Molti di questi non erano nemmeno prevedibili all’epoca del primo fatto, essendo scaturiti da circostanze contingenti e casuali, come le ripetute violazioni delle misure di prevenzione.

Questa catena di eventi, secondo i giudici, non poteva essere ricondotta a una programmazione iniziale. Si trattava, piuttosto, di una chiara manifestazione di abitualità criminale, ovvero di una propensione del soggetto a commettere reati, piuttosto che dell’esecuzione di un piano predefinito. La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite, per ribadire alcuni principi fondamentali:

1. Omogeneità non è sufficienza: La sola somiglianza dei beni giuridici lesi o la sequenza temporale delle condotte non basta a provare un unico disegno criminoso.
2. Il dubbio non giova: Il principio del favor rei non si applica in questa fase. L’incertezza sull’esistenza del disegno criminoso non può portare al suo riconoscimento, poiché ciò andrebbe a incidere sulla certezza e stabilità di una sentenza passata in giudicato.

La Corte ha concluso che l’onere della prova di un piano unitario e deliberato sin dall’inizio spetta a chi ne chiede il riconoscimento, e tale prova, nel caso di specie, mancava completamente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di continuazione. Per ottenere il beneficio, non è sufficiente allegare una generica connessione tra i reati, ma è necessario fornire elementi concreti che dimostrino una progettazione iniziale e unitaria di tutte le condotte illecite. La decisione serve da monito: la ripetizione di reati nel tempo, senza un’evidente programmazione ab origine, sarà più facilmente interpretata come abitualità, con conseguenze ben diverse sul piano sanzionatorio. Il riconoscimento della continuazione resta un’eccezione che richiede una prova solida e inequivocabile.

Quando può essere riconosciuta la continuazione tra più reati?
La continuazione può essere riconosciuta solo quando viene fornita la prova certa di un originario e unico disegno criminoso che lega tutte le condotte illecite, deliberato prima della commissione del primo reato.

La semplice ripetizione di reati simili nel tempo è sufficiente per dimostrare un unico disegno criminoso?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la mera omogeneità dei reati e la loro sequenza temporale non sono, da sole, sufficienti a dimostrare l’esistenza di un unico piano criminale.

Il principio del ‘favor rei’ (il dubbio a favore dell’imputato) si applica nella valutazione dell’unico disegno criminoso in fase esecutiva?
No, la sentenza specifica che il principio del ‘favor rei’ non può essere invocato per superare il dubbio sull’esistenza del disegno criminoso, in quanto il riconoscimento della continuazione incide sulla certezza di una sentenza già passata in giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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