Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26623 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26623 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
CARMINE RUSSO
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 09/04/2025 della Corte d’appello di Napoli lette le conclusioni del P.G.,NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con ordinanza del 9 aprile 2025 la Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati di cui Ł stato ritenuto responsabile in quattro sentenze di condanna emesse nei suoi confronti e già unificate tra loro con separata ordinanza (Corte di appello di Napoli del 28 maggio 2004; Corte di assise di appello di Napoli del 19 giugno 2003; Corte di appello di Napoli del 12 gennaio 2004; Corte di appello di Napoli del 22 dicembre 2005) ed in una quinta sentenza di condanna (Corte di appello di Napoli del 29 aprile 2020) passata in giudicato successivamente.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in quanto l’ordinanza impugnata ha ritenuto fosse ostativo all’accoglimento dell’istanza che i reati oggetto della sentenza Corte di appello di Napoli del 29 aprile 2020 fossero stati commessi dopo l’ordinanza che ha accolto la istanza di continuazione tra i reati oggetto delle quattro precedenti condanne che ha determinato la pena massima di 30 anni di reclusione, ed in questo modo ha introdotto un limite che non Ł previsto dalla legge; il ricorso contesta anche la parte della motivazione dell’ordinanza che ha ritenuto che non possano trarsi elementi utili da sentenze emesse a carico di altri soggetti ritenuti parte del clan, in quanto anche da esse si può ricavare la corretta datazione della nascita del clan che Ł alla base dell’istanza, nel caso in esame Ł lo stesso collaboratore di giustizia NOME COGNOME che afferma di essere affiliato al clan COGNOME dal 1999, da ciò si evince che la deliberazione di nascita del clan risale al periodo 1998-99 e che il ricorrente lo ha diretto ininterrottamente dal carcere a partire dal 1999, quando fu arrestato, perciò l’indicazione della sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed all’art. 74 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, che individua la nascita del clan COGNOME nel 2012, Ł solo apparente.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte
Sent. n. sez. 2397/2025
CC – 11/07/2025
R.G.N. 17224/2025
in cui ha ricostruito gli scenari dei clan camorristici a Pianura in modo del tutto diverso da come accertato nelle sentenze di condanna valorizzando elementi non decisivi ed estranei alla famiglia criminale di Marfella, che rappresenta il filo rosso del fenomeno criminale; la variazione nel tempo della compagine associativa e la estensione del programma criminoso ad ulteriori reati non Ł, infatti, di ostacolo alla prospettazione di un unico disegno criminale fin dall’inizio della costituzione del clan.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso Ł infondato.
I due motivi possono essere affrontati congiuntamente.
L’ordinanza impugnata ha negato l’esistenza di un unico disegno criminoso tra gli omicidi di camorra, e reati connessi, commessi negli anni 1998 e 1999 e l’associazione a delinquere per cui il ricorrente Ł stato condannato soltanto a partire dal 2012, in quanto i reati sono stati realizzati in una situazione radicalmente diversa sul piano criminale, atteso che gli omicidi del 1998 e 1999 sono maturati nel contesto di una guerra di camorra in cui COGNOME era parte del clan COGNOME, affiliato alla Nuova Camorra organizzata di Cutolo, e che hanno visto il clan sconfitto, e COGNOME emarginato ed esiliato a Ponticelli, da dove, grazie all’alleanza con i COGNOME, egli Ł riuscito a recuperare potere criminale a Pianura ed a riempire il vuoto creato dall’esito della guerra tra i clan e dalla sconfitta del clan COGNOME.
Il ricorso contesta questa ricostruzione dell’ordinanza impugnata deducendo che nella motivazione della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. vi sono emergenze da cui desumere che il clan COGNOME esistesse già negli anni 1998 – 1999, e che fosse il file rosso che, nel mutare degli equilibri criminali, legava i reati oggetto dell’istanza.
L’argomento Ł infondato.
Per regola generale, perchŁ possa ritenersi accertata l’esistenza di una volizione criminale unitaria alla base di piø reati, occorre che in occasione del primo reato quelli successivi fossero stati già programmati, ‘almeno nelle loro linee essenziali’ (Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Sempre per regola generale, quanto piø ampio Ł il lasso di tempo fra le violazioni, tanto piø deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata delle linee fondamentali dei reati successivi (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012 – dep. 11/09/2012, COGNOME e altri, Rv. 253664), e nel caso in esame l’accertamento giurisdizionale che ha avuto ad oggetto la costituzione del clan COGNOME in Pianura lo colloca in un periodo storico estremamente lontano (il 2012, pur se nella stessa imputazione si dà atto che il clan era nato prima, attraverso l’uso della espressione ‘almeno a partire dal 2012’) da quello degli omicidi di camorra che con essi si vorrebbe legare in continuazione.
Il ricorso deduce che in occasione del periodo storico del primo omicidio il clan COGNOME di fatto esisteva già ed adduce a sostegno, in particolare, le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, NOME COGNOME nipote del ricorrente, che ha affermato che lo zio aveva costituito un clan in Pianura a partire dal 1999, ma l’argomento Ł infondato perchØ la retrodatazione della nascita del clan rispetto a quanto accertato in sede di cognizione non Ł sufficiente per permettere di individuare una volizione criminale unitaria tra i reati oggetto dell’istanza e, di conseguenza, rendere illogica la motivazione della ordinanza impugnata.
Quand’anche si dovesse ritenere già costituito il clan alla data degli omicidi di camorra, e realizzati tali omicidi all’interno del progetto criminoso di questo clan, infatti, in ogni caso, un reato-fine commesso nell’ambito di una associazione a delinquere non Ł, per ciò solo,
necessariamente sorretto da volizione unitaria con la partecipazione alla stessa (Sez. 1, Sentenza n. 23818 del 22/06/2020, Toscano, Rv. 279430), occorrendo che esso sia stato già programmato nel momento di ingresso nel sodalizio.
E l’onere della allegazione degli elementi da cui desumere nel caso concreto che i reati fine fossero stati già programmati all’ingresso nel sodalizio, in conformità alle regole generali, grava su chi la afferma, e quindi, in definitiva, sul condannato, se questi Ł l’istante che ha determinato l’apertura dell’incidente di esecuzione (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME: Rv. 267580 – 01). Con l’aggiunta che la programmazione e deliberazione iniziale anche dei reati successivi, ‘almeno nelle loro linee essenziali’ non deve essere immaginata, o supposta, ma deve essere visibile (Sez. 1, n. 24202 del 23/02/2022, Cartanese, n.m.).
Nel caso in esame, tale visibile relazione tra i reati oggetto dell’istanza manca anche nella prospettazione del ricorso, che non affronta nel dettaglio le singole causali degli omicidi, le circostanze in cui ciascuno di essi Ł nato, e le relazioni con il progetto di affermazione del clan cui sarebbero legati, limitandosi a ritenere provata la continuazione per effetto della mera retrodatazione della nascita dell’associazione criminale.
Il ricorso deduce che la base del clan di camorra per la cui direzione Ł stato condannato il ricorrente Ł il nucleo familiare di Marfella, che Ł rimasto sempre immutato pur nel mutare degli scenari criminali di Pianura, ma l’argomento Ł infondato, in quanto non prende posizione sul percorso logico dell’ordinanza impugnata, che evidenzia che il reato associativo per cui Ł stato condannato il ricorrente – che Ł il reato in concreto accertato in sede giurisdizionale nella sentenza della Corte di appello di Napoli del 29 aprile 2020, e non la generica costituzione di un clan di camorra fondato su una base familiare – Ł conseguenza degli esiti, all’inizio non prevedibili, e, quindi, non programmabili, neanche nelle loro linee essenziali, agli effetti di cui all’art. 81 cod. pen., della guerra di camorra in cui si era impegnato il ricorrente, e della sconfitta del clan COGNOME di cui egli faceva parte.
Gli altri argomenti, attaccando parti non essenziali della motivazione, la cui eliminazione non determinerebbe la caduta del provvedimento impugnato, sono assorbiti.
Il ricorso Ł, in definitiva, infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 11/07/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME