Unico Disegno Criminoso: la Prova Non Può Basarsi sul Dubbio
L’istituto dell’unico disegno criminoso è cruciale nel diritto penale, poiché consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, la sua applicazione richiede una prova rigorosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il dubbio sull’esistenza di una programmazione unitaria non è sufficiente per riconoscere la continuazione tra reati, poiché la certezza del giudicato prevale.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Il ricorrente chiedeva che venissero unificati, sotto il vincolo della continuazione, diversi comportamenti criminosi oggetto di distinte sentenze. L’obiettivo era ottenere l’applicazione di una pena complessiva più mite, come previsto per chi agisce in esecuzione di un unico disegno criminoso.
La difesa sosteneva che i vari illeciti fossero parte di un piano originario e unitario. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva respinto tale richiesta, ritenendo non dimostrata questa programmazione iniziale.
La Decisione della Cassazione e l’Unico Disegno Criminoso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici di legittimità hanno sottolineato che, per poter riconoscere la continuazione, non basta ipotizzare un generico contesto criminale. È necessario, invece, fornire la prova concreta di una pianificazione originaria che abbracci tutti i reati commessi.
Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che mancavano elementi per dimostrare che le condotte, oggetto di una sentenza successiva, fossero state programmate fin dall’inizio insieme agli altri illeciti. Il ricorso, quindi, non superava il vaglio di ammissibilità.
Le Motivazioni: il Principio del “Favor Rei” e la Certezza del Giudicato
Il punto centrale della motivazione della Cassazione risiede nel bilanciamento tra due principi cardine del nostro ordinamento. Da un lato, il principio del favor rei, che impone di scegliere l’interpretazione più favorevole all’imputato in caso di dubbio. Dall’altro, la necessità di tutelare la certezza del giudicato, ovvero la stabilità delle sentenze definitive.
La Corte, citando precedenti giurisprudenziali (tra cui una nota sentenza delle Sezioni Unite), ha spiegato che il riconoscimento della continuazione incide profondamente sulla pena stabilita da una sentenza passata in giudicato. Pertanto, l’accertamento dell’identità del disegno criminoso non può essere “suffragato dal dubbio sulla sua esistenza”.
In altre parole, il favor rei non può essere invocato per scardinare la certezza di una condanna definitiva sulla base di una mera supposizione. L’onere di dimostrare l’esistenza di un piano unitario e deliberato fin dall’origine spetta a chi lo invoca, e tale prova deve essere solida e convincente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza consolida un orientamento rigoroso in materia di continuazione tra reati. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:
1. Onere della prova rafforzato: Chi intende beneficiare della continuazione in fase esecutiva deve fornire elementi concreti e specifici che dimostrino, senza ragionevoli dubbi, una programmazione iniziale e comune a tutti i reati.
2. Limite al favor rei: Il principio a favore dell’imputato non ha portata assoluta. Esso trova un limite invalicabile nella necessità di preservare la stabilità e la certezza delle decisioni giudiziarie definitive, soprattutto quando si tratta di rimettere in discussione l’entità della pena.
La decisione riafferma che l’istituto della continuazione non è un meccanismo automatico, ma un beneficio subordinato a una rigorosa verifica probatoria, finalizzata a distinguere la criminalità pianificata da quella occasionale e frammentata.
Cos’è l’unico disegno criminoso secondo la Corte?
È la programmazione originaria e unitaria di una serie di comportamenti criminosi. La sua esistenza deve essere dimostrata e non può essere desunta dal semplice dubbio, specialmente quando incide su una pena già definita da una sentenza passata in giudicato.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non è stata fornita la prova che tutti i comportamenti criminosi, inclusi quelli giudicati in una sentenza successiva, facessero parte di un’unica e originaria progettazione. Mancavano elementi concreti a supporto della tesi del ricorrente.
Il principio del “favor rei” (favore per l’imputato) si applica sempre in caso di dubbio sull’esistenza di un disegno criminoso?
No. Secondo l’ordinanza, il riconoscimento della continuazione tra reati incide sulla certezza di una sentenza definitiva. Pertanto, il dubbio sull’esistenza di un piano unitario non è sufficiente per applicare la disciplina più favorevole, in quanto preminente è l’esigenza di certezza del giudicato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17399 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17399 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 09/05/1968
avverso l’ordinanza del 07/01/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 7 gennaio 202Ccon la quale la Corte di appello di Reggio Calabria ha accolto la richiesta avanzata da
NOME COGNOME riconoscendo la continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod.
proc. pen., in relazione ai delitti giudicati dalle sentenze irrevocabili sub 1) e 2)
del provvedimento impugnato, ma respingendola per i fatti oggetto della sentenza sub 3);
Ritenuto che, con unico articolato motivo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., si lamenta erronea applicazione dell’art. 81 cod.
pen. e vizio di motivazione;
che in realtà il ricorrente propone un’alternativa lettura degli elementi già
valutati dal giudice dell’esecuzione con adeguata motivazione, immune da fratture logiche e rispettosa delle risultanze;
che il giudice a quo ha specificamente motivato con riguardo a tutti gli indicatori dell’unicità del disegno criminoso, quali l’eterogeneità delle condotte, la
distanza temporale tra le stesse e l’assenza di una pianificazione unitaria, sottolineando i profili incompatibili con la previa programmazione degli illeciti e quelli privi di valore probatorio rispetto al prospettato unico disegno criminoso;
che doveva quindi ritenersi indinnostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi anche delle condotte di cui alla sentenza sub 3), in base ai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01), e l’accertamento dell’identità del disegno criminoso non può essere suffragato dal dubbio sulla sua esistenza, in ossequio al principio del “favor rei”, in quanto il riconoscimento della continuazione tra reati incide sulla certezza del giudicato in relazione al profilo della irrogazione della pena (Sez. 1,n. 30977de1 26/06/2019);
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 aprile 2025
re estensore
Il Presidente