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Unico disegno criminoso: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di un imprenditore che chiedeva il riconoscimento dell’unico disegno criminoso per due reati di bancarotta commessi a distanza di anni. La Corte ha stabilito che la somiglianza dei reati e la contiguità temporale non sono sufficienti a provare un piano iniziale unitario, distinguendo nettamente la programmazione criminale dalla semplice abitudine a delinquere.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Unico disegno criminoso: quando la serialità non basta

L’istituto dell’unico disegno criminoso, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta una chiave di volta nel sistema sanzionatorio, consentendo di unificare più reati sotto un’unica pena più mite. Ma quali sono i confini esatti di questo concetto? Non basta che i reati siano simili o commessi a breve distanza di tempo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di una prova rigorosa di un’unica programmazione iniziale, distinguendola dalla mera abitudine a delinquere. Il caso riguarda un imprenditore condannato per due episodi di bancarotta, legati a due diverse società da lui gestite.

I Fatti del Caso

Un imprenditore, dopo aver condotto una prima società al fallimento nel 2009, ne costituiva una seconda per proseguire la medesima attività, commettendo un ulteriore reato di bancarotta nel 2014. In sede di esecuzione, l’uomo chiedeva il riconoscimento della continuazione tra i due reati, sostenendo che la creazione della seconda società fosse la prova di un piano unitario finalizzato a continuare l’attività imprenditoriale, seppur con mezzi illeciti. Sia il Tribunale che, successivamente, la Corte di Cassazione hanno respinto questa tesi.

La distinzione tra unico disegno criminoso e abitudine criminale

La Suprema Corte ha colto l’occasione per riaffermare un principio fondamentale, già sancito dalle Sezioni Unite: per riconoscere l’unico disegno criminoso è necessaria una verifica approfondita e rigorosa. L’omogeneità dei reati, la tutela dello stesso bene giuridico e la contiguità temporale sono considerati semplici ‘indici rivelatori’. Essi possono suggerire una certa scelta delinquenziale, ma non sono sufficienti, da soli, a dimostrare che tutti gli illeciti siano frutto di un’unica deliberazione di fondo.

La Corte ha sottolineato che è indispensabile provare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Nel caso specifico, diversi elementi militavano contro questa ipotesi.

Le Motivazioni della Corte

Il rigetto del ricorso si fonda su una motivazione logica e aderente ai principi giurisprudenziali. I giudici hanno evidenziato elementi decisivi per escludere l’unicità del piano criminoso:

1. La distanza temporale: Un arco di cinque anni (dal 2009 al 2014) tra i due fatti è stato ritenuto un lasso di tempo considerevole, che indebolisce l’idea di un piano concepito unitariamente sin dall’inizio.
2. La diversità dei soggetti: Le due bancarotte hanno coinvolto società diverse e, presumibilmente, correi diversi, indicando contesti operativi distinti.
3. L’assenza di prova della programmazione: L’argomentazione difensiva, secondo cui la seconda società era stata creata per proseguire l’attività della prima, non è stata ritenuta sufficiente. La Corte ha chiarito che tale circostanza non implica automaticamente che l’imprenditore avesse già pianificato, al tempo dei primi illeciti, le successive condotte fraudolente da commettere tre anni dopo con la nuova entità giuridica. Le condotte sono state piuttosto ricondotte a un’abitualità criminosa, una scelta di vita basata sulla consumazione sistematica di illeciti a seconda delle contingenze.

In sostanza, la valutazione del giudice di merito, se adeguatamente motivata e priva di vizi logici, è insindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento rigoroso in materia di continuazione. Per ottenere il beneficio, non è sufficiente dimostrare una generica inclinazione a commettere reati dello stesso tipo o una continuità operativa tra diverse iniziative. È onere del richiedente fornire elementi concreti che dimostrino una programmazione iniziale e unitaria di tutti gli episodi delittuosi. La decisione serve a tracciare una linea netta tra chi delinque sulla base di un piano preordinato e chi, invece, manifesta una più generica, seppur persistente, tendenza a violare la legge, la quale non merita il più favorevole trattamento sanzionatorio previsto per l’unico disegno criminoso.

Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso?
Solo quando si può provare che i reati successivi al primo erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo illecito.

La vicinanza di tempo e il tipo di reato sono sufficienti per dimostrare la continuazione?
No. Secondo la Corte, l’omogeneità delle violazioni e la contiguità spazio-temporale sono solo indici rivelatori, ma da soli non bastano a provare che i reati derivino da un’unica deliberazione iniziale.

In questo caso, perché la Corte ha negato l’esistenza di un unico disegno criminoso?
La Corte ha negato la continuazione a causa della notevole distanza temporale tra i fatti (2009 e 2014), della diversità delle società coinvolte e dei correi, ritenendo che le condotte fossero espressione di un’abitualità criminale piuttosto che di un piano unitario iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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