Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36623 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36623 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI OOPPK4N) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/05/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME (o NOME), per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 05 maggio 2025 con cui la Corte di appello di Torino, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la sua richiesta di concessione dell’istituto della continuazione tra i reati giudicati con tre sentenze emesse da detta Corte e dal giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Pinerolo, con le quali egli è stato condannato per violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 ed altro, commesse la prima nel 1998, la seconda nel 2007 e la terza nel 2013, ritenendo insussistente l’unicità di disegno criminoso, per la forte distanza temporale e spaziale tra i vari reati, neppure del tutto omogenei, e ritenendo che la mera omogeneità dei titoli di reato sia espressione, piuttosto, di un’abitualità criminosa e di una scelta di vita;
rilevato che il ricorrente deduce il vizio di motivazione per avere l’ordinanza motivato il rigetto dell’istanza senza valutare adeguatamente che tra i fatti commessi nel 2007 e dal giugno all’agosto 2013 esiste una totale omogeneità, trattandosi di violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 commesse con modalità analoghe e a distanza di tempo limitata, dal momento che egli è stato detenuto, in relazione alla prima delle due condanne, sino al settembre 2012, e quindi sino a pochi mesi prima della consumazione del secondo reato;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata ha applicato correttamente i principi stabiliti dalla sentenza Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074, valutando non provata e non plausibile la programmazione originaria, all’epoca di commissione del primo reato, risalente al 1998, della condotta di detenzione e cessione di analoghe sostanze tenuta a oltre otto anni di distanza quanto alla seconda condanna e ad ulteriori sei anni di distanza quanto alla terza condanna, e ritenendo la nuova commissione di un reato analogo una mera espressione di una propensione a commettere quel tipo di delitto, ovvero di una scelta di vita, non compatibili con l’istituto della continuazione;
ritenuto inoltre che il ricorso sia inammissibile perché generico, in quanto non indica alcun elemento, diverso dall’omogeneità dei titoli di reato, che dimostri la programmazione unitaria di tutti i reati sin dalla commissione del primo di essi, e pretende di superare il forte iato temporale sostenendo una vicinanza temporale tra la fine della precedente detenzione, peraltro iniziata solo nel 2010, e la commissione dell’ultimo reato, mentre anche sotto tale profilo il
tempo decorso è pari quasi ad un anno e quindi tale da giustificare la valutazione di una totale assenza di contiguità temporale, incompatibile con l’ipotesi di una programmazione unitaria anche di tali due reati;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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