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Unicità disegno criminoso: no se è scelta di vita

Un soggetto condannato per tre reati di droga commessi nel 1998, 2007 e 2013 ha richiesto il riconoscimento dell’unicità disegno criminoso. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La notevole distanza temporale tra i reati esclude un piano unitario, indicando piuttosto un’abitualità criminale e una ‘scelta di vita’, non compatibili con l’istituto della continuazione.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Quando la Distanza Temporale Esclude l’Unicità del Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione nel diritto penale permette di mitigare il trattamento sanzionatorio quando più reati sono legati da un’unicità disegno criminoso. Ma cosa succede se tra un reato e l’altro intercorrono molti anni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che una notevole distanza temporale, unita alla natura stessa dei reati, può trasformare quella che si vorrebbe far passare per una programmazione unitaria in una mera ‘scelta di vita’ criminale, incompatibile con i benefici della continuazione.

I Fatti del Caso: Tre Condanne in Quindici Anni

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato per tre distinti episodi di violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). Le condotte illecite erano state commesse in tre momenti molto distanti tra loro: la prima nel 1998, la seconda nel 2007 e la terza nel 2013. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra i tre reati, sostenendo che fossero tutti parte di un medesimo progetto criminoso iniziale. La Corte d’Appello di Torino aveva respinto la richiesta, sottolineando l’eccessiva distanza temporale e spaziale tra i fatti, e qualificando la reiterazione del reato come espressione di abitualità criminale piuttosto che di un piano unitario.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando pienamente la valutazione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, il ricorso era non solo manifestamente infondato, ma anche generico, in quanto non offriva alcun elemento concreto a sostegno della tesi di un piano criminoso unitario, al di là della semplice somiglianza dei reati commessi.

Le Motivazioni: Perché non si configura l’unicità disegno criminoso?

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati, evidenziando diversi punti cruciali. In primo luogo, l’enorme iato temporale – oltre otto anni tra il primo e il secondo reato, e altri sei anni tra il secondo e il terzo – rende del tutto implausibile l’esistenza di una programmazione originaria che abbracci un arco di tempo così vasto. L’unicità disegno criminoso presuppone una deliberazione iniziale che comprenda, almeno nelle sue linee generali, tutti gli episodi delittuosi futuri.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che la ripetizione di reati della stessa specie, a così grande distanza, non dimostra un piano, ma piuttosto una ‘propensione a commettere quel tipo di delitto’, ossia un’abitualità criminosa che si configura come una vera e propria ‘scelta di vita’. Questo concetto è ontologicamente diverso e incompatibile con quello di un singolo progetto criminoso.

Infine, la difesa aveva tentato di giustificare la vicinanza tra il secondo e il terzo reato sostenendo che l’imputato era stato detenuto fino a pochi mesi prima dell’ultimo fatto. La Cassazione ha smontato anche questa argomentazione, rilevando che il tempo intercorso tra la scarcerazione e il nuovo reato era comunque di quasi un anno, un periodo sufficiente a interrompere qualsiasi presunta contiguità temporale e a escludere l’ipotesi di un piano unitario anche solo tra gli ultimi due episodi.

Le Conclusioni: Abitualità Criminale vs. Progetto Unitario

La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della continuazione non è sufficiente dimostrare che i reati commessi sono dello stesso tipo. È necessario fornire la prova di un progetto criminoso unitario, deliberato fin dall’inizio. Quando i fatti sono separati da anni, l’onere della prova diventa estremamente gravoso. La giurisprudenza, in questi casi, tende a interpretare la serialità criminale non come l’esecuzione di un piano preordinato, ma come una persistente e negativa scelta di vita, che non merita il più favorevole trattamento sanzionatorio previsto dall’istituto della continuazione.

Una grande distanza di tempo tra reati simili esclude l’unicità del disegno criminoso?
Sì, secondo questa ordinanza, una ‘forte distanza temporale’ tra i reati rende non plausibile l’esistenza di una programmazione originaria e unitaria, diventando un elemento chiave per negare l’applicazione della continuazione.

Cosa intende la Corte per ‘scelta di vita’ in contrapposizione al disegno criminoso unitario?
La Corte definisce ‘scelta di vita’ la ripetizione di reati simili nel corso di molti anni, non come parte di un singolo piano iniziale, ma come espressione di un’abitualità criminosa e di una propensione a delinquere. Questa condizione è considerata incompatibile con il concetto di continuazione.

Il fatto che i reati siano dello stesso tipo (omogenei) è sufficiente per ottenere la continuazione?
No, la decisione chiarisce che la sola omogeneità dei titoli di reato non è sufficiente. L’imputato deve dimostrare con elementi concreti l’esistenza di un programma unitario che leghi tutti i reati sin dalla commissione del primo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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