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Unicità di disegno criminoso: no alla continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra due condanne per reati associativi. La Corte ha stabilito che, nonostante la somiglianza dei reati, un lungo intervallo temporale (dieci anni) tra le due condotte criminali esclude l’esistenza di una programmazione unitaria e quindi l’unicità di disegno criminoso, confermando la decisione della Corte d’appello.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Unicità di disegno criminoso: quando un lungo intervallo di tempo la esclude

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema centrale nel diritto penale esecutivo: il riconoscimento della unicità di disegno criminoso ai fini della continuazione tra reati, specialmente quando si tratta di reati associativi separati da un notevole lasso di tempo. La Suprema Corte, con una decisione netta, ribadisce la necessità di una verifica rigorosa, confermando che la semplice somiglianza dei reati non basta a provare una programmazione unitaria.

I Fatti del Caso: Due Condanne per Reati Associativi

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un condannato avverso la decisione della Corte d’appello, che aveva negato l’applicazione della continuazione tra due diverse condanne. Entrambe le condanne riguardavano la partecipazione a sodalizi criminali, ma erano relative a periodi temporali nettamente distinti: la prima condotta si era conclusa nel giugno 2003, mentre la seconda era iniziata nel gennaio 2012, protraendosi fino al luglio 2014. Tra i due periodi criminali intercorreva quindi un ‘vuoto’ di quasi un decennio.

Il ricorrente sosteneva che il giudice dell’esecuzione avesse errato nel non riconoscere l’esistenza di un’unica matrice criminale, affermando che i due gruppi criminali fossero in realtà compagini interne di una più ampia associazione. La difesa mirava a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, unificando le pene sotto il vincolo della continuazione.

La Rigorosa Prova dell’Unicità di Disegno Criminoso

La Cassazione ha giudicato il ricorso manifestamente infondato, richiamando i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. Il riconoscimento della continuazione, sia in fase di cognizione che di esecuzione, richiede una prova approfondita e rigorosa che l’agente, al momento della commissione del primo reato, avesse già programmato, almeno nelle linee essenziali, i reati successivi.

Elementi come l’omogeneità delle violazioni o la contiguità spazio-temporale sono considerati meri indici rivelatori, ma non sono sufficienti, da soli, a dimostrare l’unicità di disegno criminoso. Essi possono indicare una generica ‘scelta delinquenziale’, ma non provano che tutti gli illeciti siano frutto di un’unica deliberazione iniziale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto che il giudice dell’esecuzione avesse correttamente applicato questi principi. Attraverso una minuziosa analisi delle sentenze di merito, era stato accertato che la natura dei sodalizi, la loro concreta operatività e la loro continuità nel tempo escludevano una medesimezza del disegno criminoso. Il lungo intervallo temporale di circa dieci anni tra le due condotte è stato un elemento decisivo.

In particolare, per i reati associativi, la Cassazione ha sottolineato che la continuazione può essere ravvisata solo a seguito di una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sui programmi operativi perseguiti e sul tipo di compagine. Nel caso specifico, il ricorrente è stato ritenuto partecipe di due associazioni distinte con ‘contestazioni chiuse’ e separate da un decennio, un periodo sul quale il ricorso è risultato totalmente silente e aspecifico. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: per ottenere il beneficio della continuazione non basta invocare la natura simile dei reati commessi. È onere del condannato fornire elementi concreti che dimostrino una programmazione unitaria e originaria di tutte le condotte illecite. Un lungo intervallo di tempo tra i reati, in assenza di prove contrarie, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile al riconoscimento dell’unicità di disegno criminoso, rendendo molto più probabile che i reati siano frutto di determinazioni volitive separate e autonome nel tempo.

Cosa è necessario per il riconoscimento della continuazione tra reati?
È necessaria una verifica approfondita e rigorosa che dimostri che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. La sola omogeneità delle violazioni o la vicinanza temporale non sono sufficienti.

La partecipazione a due sodalizi criminali simili garantisce l’unicità di disegno criminoso?
No. La Corte ha stabilito che è necessaria un’indagine specifica sulla natura dei sodalizi, sulla loro operatività e continuità nel tempo. La semplice somiglianza dei reati o del titolo non è sufficiente a dimostrare un’unica programmazione iniziale.

Qual è l’impatto di un lungo intervallo di tempo tra due reati ai fini della continuazione?
Un lungo intervallo temporale tra le condotte criminose, come il decennio nel caso di specie, è un forte indicatore contro l’esistenza di un’unica programmazione. Rende molto difficile sostenere che il secondo reato fosse stato pianificato fin dall’inizio, escludendo quindi l’unicità del disegno criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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