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Turbativa d’asta e mafia: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato accusato di turbativa d’asta e partecipazione ad associazione mafiosa. Il caso riguarda la manipolazione di un appalto per servizi di sicurezza durante una festa religiosa. La Corte ha ritenuto il ricorso generico e un tentativo di riesaminare il merito, confermando la solidità del quadro indiziario e la necessità della custodia cautelare in carcere.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbativa d’asta e infiltrazioni mafiose: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un complesso caso di turbativa d’asta intrecciato con l’accusa di partecipazione ad associazione di tipo mafioso. La decisione offre importanti spunti sulla configurabilità del reato contro la Pubblica Amministrazione e sui limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la validità dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un indagato.

I Fatti del Caso: La Gara per la Sicurezza della Festa Patronale

Le indagini hanno fatto luce su un presunto meccanismo illecito per l’affidamento dei servizi di sicurezza durante una importante celebrazione religiosa locale. Secondo l’accusa, l’indagato, ritenuto partecipe di un’associazione mafiosa, avrebbe contribuito a pilotare la procedura di gara.

Invece di affidare il servizio alla società in house del Comune, come avvenuto in passato, l’amministrazione comunale ha optato per una procedura di selezione che ha coinvolto quattro ditte esterne. L’appalto è stato infine aggiudicato all’unica società che ha presentato un’offerta, la quale, secondo gli inquirenti, era stata predeterminata grazie all’intervento dell’indagato. Questo schema avrebbe permesso al clan di gestire il servizio, inserendo proprio personale e controllando di fatto l’evento.

I Motivi del Ricorso e le Obiezioni della Difesa

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione contestando la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. I principali argomenti difensivi erano:

1. Sulla turbativa d’asta: Non vi sarebbe stata una vera e propria gara da turbare, ma solo un invito a quattro ditte. Inoltre, si sosteneva che l’affidamento a società esterne fosse già avvenuto in passato, smentendo l’ipotesi accusatoria di un cambiamento anomalo.
2. Sull’associazione mafiosa: Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono state definite inattendibili e contraddittorie, in particolare quelle de relato (riferite da terzi).
3. Sulle esigenze cautelari: Si è eccepita la mancanza di attualità del pericolo, dato che i fatti contestati risalivano a circa quattro anni prima dell’ordinanza.

La Decisione della Corte sulla Turbativa d’Asta e la Condotta Perturbatrice

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo principale è che le censure sollevate dalla difesa non erano critiche sulla legittimità o sulla logicità della motivazione del Tribunale del riesame, ma un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio, ma di verificare che la decisione impugnata sia immune da vizi logici e giuridici. Nel caso specifico, il Tribunale del riesame aveva fornito una motivazione ampia, coerente e completa, basata su un vasto compendio indiziario che includeva intercettazioni, acquisizioni documentali e dichiarazioni.

Il Principio Giuridico dietro la Turbativa d’Asta

Un punto cruciale della sentenza riguarda la definizione del reato di turbativa d’asta (art. 353-bis c.p.). La Corte ha specificato che la condotta illecita non deve necessariamente inquinare un bando di gara già pubblicato. Il reato si configura anche quando le manovre fraudolente intervengono in una fase precedente, finalizzata a condizionare il procedimento amministrativo che porterà alla scelta del contraente.

È sufficiente che l’ente pubblico abbia manifestato la volontà di contrarre. La collusione per escludere la società in house e favorire una ditta esterna preventivamente individuata rappresenta il nucleo della condotta perturbatrice, indipendentemente dalla specifica procedura poi adottata (in questo caso, l’invito a più ditte).

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto le motivazioni del Tribunale del riesame pienamente adeguate. In primo luogo, ha stabilito che il ricorso era generico e mirava a una rilettura dei fatti, cosa non consentita in Cassazione. Il Tribunale aveva correttamente ricostruito la vicenda, evidenziando come la decisione di non affidare il servizio alla società comunale e di avviare una procedura selettiva fosse funzionale all’assegnazione pilotata dell’appalto. La condotta perturbatrice, secondo i giudici, risiedeva proprio nella collusione finalizzata a condizionare l’intero procedimento amministrativo, non solo il singolo atto di invito.

Per quanto riguarda l’associazione mafiosa, la Corte ha sottolineato che il Tribunale aveva valutato in modo logico e completo una pluralità di elementi, tra cui le dichiarazioni convergenti di collaboratori di giustizia, le intercettazioni e i servizi di osservazione, che delineavano il ruolo attivo dell’indagato all’interno del clan. Infine, riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha ribadito che per i delitti di mafia vige una presunzione di pericolosità sociale. Tale presunzione non viene meno solo per il tempo trascorso, ma richiede la prova di una rescissione del vincolo associativo, elemento che nel caso di specie non era emerso.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Questa decisione riafferma due principi fondamentali: primo, il reato di turbativa d’asta ha un raggio d’azione ampio, volto a tutelare la correttezza e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione fin dalle primissime fasi procedurali. Secondo, il ricorso in Cassazione contro le misure cautelari non può trasformarsi in un appello mascherato, ma deve limitarsi a censurare vizi di legittimità o palesi illogicità della motivazione. La pronuncia consolida l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di reati contro la pubblica amministrazione e di criminalità organizzata.

Quando si configura il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.)?
Il reato si configura quando si pongono in essere condotte finalizzate a inquinare illecitamente il contenuto del bando di gara o di un altro atto ad esso equipollente. È sufficiente che l’ente pubblico abbia iniziato il procedimento amministrativo che dimostri la volontà di contrarre, non essendo necessario attendere la pubblicazione formale di un bando.

Perché il ricorso in Cassazione contro una misura cautelare può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se è generico o se tende a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove (un giudizio di merito), compito che spetta ai giudici dei gradi precedenti. La Corte di Cassazione ha solo il compito di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato.

Come viene valutata la necessità della custodia cautelare in carcere per reati di mafia a distanza di tempo dai fatti?
Per il delitto di associazione mafiosa esiste una presunzione legale di pericolosità sociale che giustifica la custodia in carcere. Questa presunzione può essere superata solo se emerge la prova che l’indagato ha rescisso ogni legame con l’associazione. Il semplice trascorrere del tempo non è sufficiente a far venire meno le esigenze cautelari se non vi sono elementi che dimostrino un concreto distacco dal sodalizio criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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