Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14051 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/07/2023 del Tribunale del riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che conclude per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di COGNOME NOME, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite del difensore, ricorre avverso il provvedimento del Tribunale di Catanzaro che, in funzione di Giudice del riesame ex art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato il ricorso avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Catanzaro che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere in merito ai delitti di cui all’art. 353-biS e 476 cod
pen. (capo 7) e di partecipazione all’associazione di tipo RAGIONE_SOCIALE ex art. 416-bis cod. pen. (capo 35).
Le indagini effettuate avrebbero portato i Giudici della cautela a ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza circa la partecipazione del ricorrente all’associazione di stampo RAGIONE_SOCIALE operante nel territorio di RAGIONE_SOCIALE, con particolare riferimento alla frazione di Papanice, i cui membri avrebbero declinato l’economia locale, per mezzo di capillare attività estorsiva, alle finalità de RAGIONE_SOCIALE ex art. 416-bis cod. pen..
L’ordinanza ha evidenziato quali fossero gli elementi posti a conferma della gravità indiziaria in ordine al reato fine ex art. 353-bis cod. pen.; secondo l’impostazione accusatoria NOME COGNOME avrebbe preso parte alla turbata libertà del procedimento di scelta del contraente in seno alla procedura indetta dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, finalizzata all’affidamento dei servizi di sicurezza in occasione delle celebrazioni religiose della “Madonna di Capo Colonna”, servizio che, a dispetto di quanto avvenuto in passato, anziché essere gestito dalla società “in house” del Comune RAGIONE_SOCIALE, veniva in concreto affidato, con il contributo del ricorrente, alla “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE (capo 7).
L’ordinanza ha inquadrato il reato fine come funzionale alla struttura associativa di tipo RAGIONE_SOCIALE, rinviando – quanto a sua sussistenza – all’ordinanza genetica ed enunciando gli indizi che deponevano per la partecipazione del ricorrente alla citata associazione mafiosa in cui avrebbe gestito ed imposto, per conto con citato RAGIONE_SOCIALE, i servizi di vigilanza e guardiania nei confronti d società sportive ed attività stagionali nel territorio criminale di “competenza” anche attraverso la creazione di apposite società o avvalendosi di società esterne comunque dal medesimo controllate e gestite attraverso l’imposizione di personale proprio.
La difesa deduce tre motivi di ricorso involgenti vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alla gravità indiziaria dei reati di turbata libertà procedimento di scelta del contraente e di partecipazione all’associazione mafiosa, nonché in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
2.1. Con il primo motivo la difesa rileva che la parte della decisione secondo cui l’affidamento della fiera mariana organizzata nel maggio del 2019 in favore della società catanzarese “RAGIONE_SOCIALE” non fosse mai avvenuto con il coinvolgimento di società esterne è dato smentito dalla consultazione delle delibere di Giunta pubblicate sull’Albo Pretorio del Comune di RAGIONE_SOCIALE.
Rileva, inoltre, che non sussiste nel caso in esame un preliminare procedimento amministrativo che contempli una procedura selettiva o bando con
funzione equipollente. In assenza di inquinamento del contenuto del bando si sarebbe all’esterno del perimetro delineato dalla fattispecie contestata.
Poiché al momento dell’attivazione della procedura si sapeva che la stessa sarebbe stata vinta dalla “RAGIONE_SOCIALE“, risultata, in effetti, la compagine aggiudicataria, nessuna attività di turbamento si sarebbe verificata nella relativa scelta del contraente che sarebbe avvenuta a monte.
Nessuna motivazione si rinviene in ordine al reato di falso provvisoriamente contestato, visto che gli atti erano di esclusiva competenza dell’organo amministrativo locale con conseguente impossibilità per il ricorrente di poter contribuire anche solo moralmente alla sua realizzazione.
Gli elementi valorizzati dall’ordinanza, che richiamava alcune conversazioni del ricorrente con NOME COGNOME, non attengono al servizio fieristico, ma genericamente ad un bando mai emesso, mentre gli inviti sono stati inoltrati a quattro ditte differenti ex art. 63, comma 6, del Codice degli appalti.
2.2. Con il secondo motivo si rileva come prive di rilevanza risultano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, che riferiva dell’intraneità di COGNOME al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; il propalante non era a conoscenza della posizione del ricorrente in quanto nel 1995 NOME aveva appena cinque anni; rilevava come le informazioni in ordine al ruolo di estorsore e di partecipe tenuto “più riservato” dal “gruppo dei Papaniciari” provenivano da NOME COGNOME.
Le dichiarazioni de relato in questione non sono idonee a riscontrare quelle rese dal collaboratore COGNOME che, infatti, non avendo attribuito alcun ruolo organizzativo al ricorrente, confliggono tra loro e non consentono un vicendevole riscontro.
Rileva la difesa che dalle conversazioni intercettate emerge che la guardiania non era imposta, posto che il ricorrente veniva contattato da un imprenditore che gli richiedeva i servizi di sicurezza in occasione di un evento in fase di organizzazione.
L’assunzione di COGNOME alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE – si sostiene rientrava nel funzionale assorbimento del personale proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE alle cui dipendenza il ricorrente già lavorava.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’assenza di attualità delle esigenze cautelari essendo i fatti contestati risalenti al 2019.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto manifestamente infondato e generico, deve essere dichiarato inammissibile.
Le censure rivolte alla ritenuta gravità indiziaria sono manifestamente infondate ed essenzialmente tese a sindacare la motivazione della decisione attraverso una differente e parcellizzata lettura del compendio indiziario con particolare riferimento al contenuto delle captazioni a cui si vorrebbe assegnare un significato non in linea con quello attribuito dai Giudici della cautela.
Deve farsi rinvio al consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).
Costituisce, invece, una censura del merito della decisione quella attraverso cui si tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (Sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000, Garasto, Rv. 216367) o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884). Egualmente preclusa in sede di legittimità risulta il tentativo di assegnare alle conversazioni captate un significato differente da quello dato dal Giudice di merito, salvo che lo stesso risulti manifestamente illogico (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
Ciò premesso in termini generali, il primo motivo con cui si censura la gravità indiziaria in ordine al contestato delitto di cui all’art. 353-bis cod. pe oltre che generico, si rivela declinato in fatto.
Quanto alla genericità, si osserva che il Tribunale ha ricostruito la vicenda sulla base delle apprezzate indagini tecniche e delle acquisizioni documentali da cui era emerso che l’amministrazione comunale di RAGIONE_SOCIALE, contrariamente a quanto avvenuto negli anni precedenti, in cui era stata coinvolta la società in house “RAGIONE_SOCIALE” per la gestione del servizio, aveva deciso di individuare all’esterno un soggetto giuridico a cui affidare l’incarico per la gestione delle attività fieristiche organizzate in occasione delle celebrazioni religiose per la Madonna di Capo Colonna, con particolare riferimento alla c.d. Fiera RAGIONE_SOCIALE.
A fronte dell’accertato successivo affidamento all’unica ditta che, sulle quattro invitate, aveva presentato l’offerta ritenuta economicamente più vantaggiosa, le indagini avevano fatto emergere che la decisione di non affidare la gestione del servizio alla società in house e di effettuare una scelta attraverso l’invio di inviti alle quattro ditte ex art. 63, comma 6, del Codice degli Appalti, a cui solo la “RAGIONE_SOCIALE” aveva risposto, era proprio funzionale alla conclusiva assegnazione a quest’ultima compagine, il cui esito era stato assicurato, tra gli altri, soprattutto dal ricorrente che con tale aggiudicazione avrebbe potuto – di fatto – gestirla con l’inserimento di personale proprio ed affidare parte del servizio alla società facente capo a NOME COGNOME, sorella del concorrente nel reato NOME COGNOME (pag. 4 ordinanza impugnata).
Nessuna confutazione, da qui la genericità del motivo, viene rivolta alla parte della decisione che ricostruisce la stessa genesi della procedura e le ragioni che avevano fatto abdicare l’RAGIONE_SOCIALE dall’intendimento di affidare la gestione dei servizi degli eventi alla società interna al Comune, dato ritenuto decisivo che viene apoditticamente smentito sull’assunto che ciò sarebbe contraddetto da quanto sarebbe contenuto nell’Albo pretorio del Comune.
4. Quanto alla ritenuta insussistenza della contestata fattispecie ex art. 353bis cod. pen. si osserva, che ai fini dell’integrazione del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, la condotta perturbatrice deve essere finalizzata ad inquinare il contenuto del bando di gara o di altro atto che, dettando i requisiti e le modalità di partecipazione alla competizione, assolva ad analoga funzione (Sez. 6, n. 17876 del 11/01/2022, Mele, Rv. 283155 – 01)
Funzione della norma, che ha ad oggetto la tutela del principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione, è quella di anticipare la tutela penale, rispetto al momento di effettiva indizione formale della gara e mira a prevenire la preparazione e l’approvazione di bandi personalizzati e calibrati proprio sulle caratteristiche di determinati operatori Poiché è sufficiente la sola messa in pericolo della correttezza della procedura amministrativa volta a stabilire il contenuto del bando, risulta irrilevante che i fine sia effettivamente conseguito, né è necessario che il contenuto del bando, o dell’atto ad esso equipollente, venga effettivamente inquinato in modo tale da condizionare la scelta del contraente (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 29267 del 5/4/2018, COGNOME, Rv. 273449; Sez. 6, n. 1 del 02/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262917).
Costituisce ius receptum, infatti, quello secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 353-bis cod. pen., le condotte diret
ad interferire illecitamente sulla determinazione del contenuto del bando di gara, o dell’atto ad esso equipollente, assumono rilevanza solo se l’organo o l’ente pubblico abbia iniziato il procedimento amministrativo che dimostri la volontà di contrarre, senza che sia necessario il ricorso a modelli tipizzati (Sez. 6, n. 26840 del 14/04/2015, Boschi, Rv. 263834 – 01),
Se, pertanto, il nucleo della condotta contestata, come osservato dal Tribunale (pag. 7, penultimo capoverso), viene individuato proprio nella complessiva procedura esperita affinché fosse affidata la gestione del servizio alla “RAGIONE_SOCIALE“, manifestamente infondato risulta il riferimento alla mancanza di una turbativa che avrebbe interessato il solo (in tal senso impropriamente parcellizzato) invito che aveva riguardato le quattro ditte.
Seppure, come sopra rilevato, non risulti elemento determinante per la integrazione del reato contestato in via provvisoria il raggiungimento del fine perseguito, la circostanza che lo stesso sia stato realizzato negli identici termini in cui era stato programmato, dimostra che l’amministrazione ha volontariamente scelto il procedimento che si rivelava (e si è rivelato) più congeniale all’assegnazione della gestione del servizio alla società preventivamente individuata.
Ciò che rileva, infatti, non è la possibile turbativa che si sarebbe – se del caso – realizzata impedendo alle altre ditte di partecipare (evenienza estranea alla contestazione che, infatti, ipotizza la fattispecie di cui all’art. 353-bis c pen. e non quella di cui all’art. 353 cod. pen. e che avrebbe potuto far ritenere di un qualche interesse la questione afferente la natura del procedimento posto in essere ai sensi dell’art. 63, comma 6, del Codice degli Appalti), ma la collusione finalizzata a condizionare il complessivo procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto dell’atto “equipollente” (inviti a più ditte), che assicurava seguito dell’estromissione della società in house che – contrariamente a quanto in precedenza sempre verificatosi – non veniva individuata, alla “RAGIONE_SOCIALE” di aggiudicarsi il servizio. Detto obbiettivo veniva effettivamente raggiunto con il successivo affidamento proprio alla ditta in via preventiva individuata con il contributo – secondo quanto accertato secondo i canoni propri dell’attuale fase cautelare – fornito dal ricorrente allorché si ingeriva e dirigeva le intes finalizzate all’alterazione della procedura sotto il complessivo profilo della scelta del contraente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Proprio la citata ingerenza nell’ambito della scelta del concreto procedimento amministrativo affinché fosse assegnato l’incarico alla ditta a monte prescelta, rende generico il motivo con cui si contesta l’effettivo contributo fornito dal ricorrente nell’ipotesi di reato di falso contestato in via provvisoria nello stess capo di imputazione, risultando irrilevante che lo stesso fosse di esclusiva
“competenza dell’organo amministrativo”, affermazione che non tiene conto della possibile condotta dell’estraneus nel reato proprio commesso dal pubblico ufficiale.
Generico risulta il secondo motivo attraverso il quale si contesta la sussistenza di elementi indiziari in ordine all’apprezzata partecipazione al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del ricorrente.
L’ordinanza analizza gli elementi a carico del ricorrente (pagg. da 8 a 14), partendo dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, non risultano tra loro contrastanti, né emerge che abbiano appreso quanto oggetto delle propalazioni da terze persone, in quanto, le informazioni provenivano o da soggetti intranei alla cosca o in affari con la stessa.
La decisione ha messo in evidenza, inoltre, come gli apporti dichiarativi si riscontrassero vicendevolmente e trovassero conferma nella vicenda oggetto di contestazione di cui al capo 7), nel contenuto delle intercettazioni e, non ultimi per importanza, nei verbali dei servizi di osservazione effettuati da parte degli investigatori da cui emergeva il ruolo in concreto esercitato in occasione della organizzazione della fiera citata. La complessiva valutazione di tali elementi ha portato a ritenere sussistenti i gravi indizi della partecipazione del ricorrente all cosca dei “papaniciari” e segnatamente della “famiglia COGNOME“, attivo proprio nel settore della sicurezza delle discoteche e delle manifestazioni di qualsiasi tipo.
La decisione evidenzia, inoltre, l’inconferenza delle allegazioni della difesa che ha prospettato come sussistesse la necessità dell’assorbimento del personale RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto dell’esplicito tenore delle conversazioni captate da cui era emersa l’insistenza nell’assunzione del ricorrente quale cognato di NOME COGNOME e inserito nella ‘ndrangheta.
Nonostante l’ordinanza dia conto dei plurimi elementi che fondano la gravità indiziaria in ordine alla partecipazione al RAGIONE_SOCIALE, assegnando al medesimo una posizione qualificata all’interno della compagine, il ricorrente formula singole critiche al tenore delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed al significato da assegnare alle singole e non esaustive parti del vasto compendio indiziario che il Tribunale ha mostrato di aver analizzato con motivazione logica e completa che si sottrae dal sindacato di questa Corte.
Generica risulta la censura formulata in ordine alle ritenute esigenze cautelari in ragione della datazione dei fatti (quattro anni) e dell’attivi lavorativa attualmente svolta dal ricorrente.
Pacifico risulta il principio di diritto ribadito reiteratamente da questa Cort di legittimità secondo cui, nel caso di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti dell’indagato del delitto d’associazione di tipo RAGIONE_SOCIALE, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sussiste una presunzione relativa di pericolosità sociale, che può essere superata solo quando emerga la rescissione dal vincolo associativo, e una presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere.
Così come consolidato è il principio a mente del quale la presunzione relativa di adeguatezza nei confronti dell’indagato per il delitto di associazione di tipo RAGIONE_SOCIALE viene meno quando intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato circostanza che impone al giudice di motivare puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari (tra le tante, cfr. Sez. 6, n. 16867 d 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272919 – 01).
Sotto tale aspetto, risulta adeguata la motivazione del Collegio di merito che ha comunque apprezzato la lunga e storica militanza nella cosca di ‘ndrangheta di COGNOME e l’assenza di qualsivoglia elemento che denoti la recisione del vincolo associativo tale da far venir meno la presunzione di sussistenza di esigenze cautelari e di adeguatezza della misura custodiale in carcere.
A fronte di tali valorizzati aspetti che hanno fatto ritenere attuale e concreto il pericolo di reiterazione, generico si rileva il motivo che esprime una mera doglianza priva di articolata critica.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi dell’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente provvedimento a cura della Cancelleria al direttore dell’Istituto penitenziario per gli adempimenti di cui al comma 1 -bis dell’art. cit.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 15/02/2024.