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Turbata libertà del contraente: no a concorsi pubblici

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21104/2024, ha stabilito un importante principio in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione. Il caso riguardava un dirigente pubblico accusato, tra le altre cose, di turbata libertà del contraente per presunte irregolarità nella sua nomina. La Suprema Corte ha annullato l’accusa, specificando che il reato previsto dall’art. 353-bis c.p. non si applica alle procedure di assunzione di personale, ma solo a quelle finalizzate alla scelta di un contraente per la fornitura di beni o servizi. La sentenza ha inoltre affrontato la questione dell’inutilizzabilità delle prove derivanti da intercettazioni, estendendola anche ai dati di geolocalizzazione.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbata Libertà del Contraente: La Cassazione Esclude l’Applicabilità ai Concorsi Pubblici

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21104/2024) ha tracciato una linea netta sull’ambito di applicazione del reato di turbata libertà del contraente, previsto dall’art. 353-bis del codice penale. Questa pronuncia è di fondamentale importanza perché chiarisce che tale fattispecie non può essere contestata nell’ambito delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale pubblico, ma riguarda esclusivamente la scelta di un partner commerciale per la Pubblica Amministrazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di un dirigente pubblico, indagato per una serie di reati tra cui corruzione e, appunto, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Secondo l’accusa, il dirigente avrebbe ottenuto la propria nomina a direttore di una Unità Operativa Complessa attraverso un accordo illecito con un direttore sanitario, il quale avrebbe favorito la sua nomina in cambio di future “consulenze” su vicende penali che lo coinvolgevano.

L’indagato ha presentato ricorso per cassazione, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per le varie accuse. In particolare, per il reato di cui all’art. 353-bis c.p., la difesa ha sostenuto che i fatti contestati – relativi a una nomina dirigenziale – non rientrassero nella previsione della norma.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di turbata libertà del contraente. Ha inoltre annullato con rinvio la stessa ordinanza per altre accuse (truffa e reati connessi), a causa di un vizio procedurale legato all’inutilizzabilità delle prove raccolte.

La parte più significativa della sentenza riguarda proprio la non configurabilità del reato di cui all’art. 353-bis c.p. nel caso di specie.

Limiti all’applicazione della turbata libertà del contraente

La Corte ha stabilito che la ratio dell’art. 353-bis c.p. è quella di tutelare la correttezza e la trasparenza delle procedure con cui la Pubblica Amministrazione sceglie un “contraente” per la cessione di beni, l’affidamento di opere o la gestione di servizi. Si tratta di un reato di pericolo che punisce le condotte che turbano la fase preliminare, quella diretta a stabilire il contenuto del bando di gara.

Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale relativo al reato gemello di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), la Cassazione ha affermato che tale logica non può essere estesa alle procedure di assunzione di personale. Un concorso pubblico, finalizzato a reclutare un dirigente sanitario, non ha come scopo l’individuazione di un “contraente” per una prestazione commerciale, ma la selezione del miglior candidato per ricoprire un ruolo all’interno dell’amministrazione. Di conseguenza, l’applicazione dell’art. 353-bis a questo contesto sarebbe un’interpretazione analogica in malam partem, vietata nel diritto penale.

L’inutilizzabilità delle prove e i dati di geolocalizzazione

Un altro punto cruciale della sentenza riguarda l’utilizzo dei dati di localizzazione (GPS) provenienti da intercettazioni informatiche (tramite trojan). La Corte ha rilevato che le intercettazioni erano state considerate inutilizzabili per alcuni dei reati contestati. Di conseguenza, ha affermato che anche i dati di posizionamento derivati da tali intercettazioni sono affetti da “inutilizzabilità patologica”. Questo vizio, essendo insanabile, impedisce l’uso di tali dati a qualsiasi fine probatorio. La Corte ha quindi rinviato gli atti al Tribunale per una nuova valutazione degli indizi, epurati da queste prove illegittimamente acquisite.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione letterale e sistematica delle norme. Per quanto riguarda la turbata libertà del contraente, il Collegio ha sottolineato che il legislatore ha inteso proteggere l’interesse della P.A. a “contrarre con il miglior offerente”. Questa finalità è estranea ai concorsi pubblici, dove l’interesse è quello di assumere il personale più qualificato. La differenza teleologica tra le due procedure è netta e impedisce di assimilare il candidato di un concorso a un “contraente”. Pertanto, le condotte illecite che possono turbare una procedura di assunzione dovranno essere eventualmente punite con altre fattispecie di reato (come la corruzione o l’abuso d’ufficio), ma non con l’art. 353-bis c.p.

Sul versante processuale, la motivazione sull’inutilizzabilità delle prove ribadisce un principio di civiltà giuridica: ciò che è ottenuto in violazione di legge non può essere usato nel processo. Se l’attività di captazione è viziata, tutti i suoi prodotti, incluse le informazioni sulla localizzazione, sono contaminati e devono essere espunti dal materiale probatorio. La Corte specifica che una valutazione differente sarebbe possibile solo se i dati di posizionamento provenissero da un’attività di indagine autonoma e legittima, distinta dall’intercettazione inutilizzabile, circostanza che nel caso di specie non era stata chiarita.

Le conclusioni

La sentenza 21104/2024 della Corte di Cassazione offre due importanti insegnamenti. Primo, restringe correttamente il campo di applicazione del reato di turbata libertà del contraente, escludendo i concorsi per il pubblico impiego e garantendo una maggiore determinatezza della fattispecie penale. Secondo, rafforza le garanzie difensive in tema di prove, affermando il principio per cui l’inutilizzabilità di una prova si estende a tutti i dati da essa derivati, in un’ottica di piena tutela dei diritti fondamentali dell’indagato.

Il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.) si applica ai concorsi pubblici per l’assunzione di personale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa fattispecie di reato è applicabile solo alle procedure volte a individuare un contraente per la cessione di beni o l’affidamento di opere e servizi, e non alle procedure di reclutamento del personale della Pubblica Amministrazione.

Se le conversazioni ottenute tramite un’intercettazione sono inutilizzabili, i dati sulla posizione (GPS) ricavati dalla stessa attività di captazione possono essere usati come prova?
No. La Corte ha stabilito che l’inutilizzabilità dell’intercettazione si estende a tutti i dati da essa derivati, inclusi quelli di posizionamento. Si parla in questo caso di “inutilizzabilità patologica”, che rende la prova totalmente inutilizzabile in ogni fase del procedimento.

Qual è la differenza tra la scelta di un contraente e la selezione di un dipendente pubblico secondo la Corte?
La scelta di un contraente ha una finalità economico-commerciale: la Pubblica Amministrazione cerca il miglior offerente per un bene o un servizio. La selezione di un dipendente, invece, risponde all’interesse pubblico di reclutare il candidato più qualificato per ricoprire un ruolo all’interno della propria organizzazione. Questa differenza di scopo impedisce di assimilare le due procedure.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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