LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Turbata libertà del commercio: no scuse tra parenti

Un padre sistematicamente denigrava il ristorante del figlio per allontanarne i clienti. La Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il reato di turbata libertà del commercio. Anche se la punibilità per reati patrimoniali tra parenti è esclusa, l’atto resta illecito e l’obbligo di risarcire il danno civile persiste. L’appello del padre è stato respinto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbata Libertà del Commercio: Quando le Liti Familiari Danneggiano l’Attività

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso delicato che intreccia dinamiche familiari e diritto penale commerciale, offrendo chiarimenti cruciali sul reato di turbata libertà del commercio. La vicenda vede un padre agire sistematicamente per danneggiare l’attività di ristorazione del proprio figlio. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale: l’immunità penale prevista per alcuni reati in ambito familiare non cancella l’obbligo di risarcire il danno civile causato.

I Fatti di Causa: una Concorrenza… in Famiglia

I fatti alla base della decisione sono tanto semplici quanto gravi. Un padre, spinto da motivi non specificati nella sentenza, si posizionava regolarmente nei pressi del ristorante del figlio, avvicinando turisti e potenziali clienti. A questi avventori, esprimeva giudizi fortemente negativi e denigratori sulla qualità del cibo e del servizio offerti dal locale, con il chiaro e raggiunto scopo di dirottarli altrove.

In primo grado, il Tribunale lo aveva assolto. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione, accogliendo le richieste della parte civile (il figlio) e riconoscendo la sussistenza di un illecito civile correlato ai reati di turbata libertà del commercio (art. 513 c.p.) e danneggiamento (art. 635 c.p.), condannando il padre al risarcimento dei danni.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il padre ha impugnato la sentenza d’appello basandosi su due argomentazioni principali:

1. Sulla turbata libertà del commercio: Sosteneva che i suoi commenti negativi fossero semplici opinioni personali e non costituissero i “mezzi fraudolenti” richiesti dalla norma per configurare il reato. A suo dire, mancava l’elemento dell’inganno e l’idoneità a perturbare concretamente l’attività commerciale.
2. Sulla causa di non punibilità: Invocava l’applicazione dell’art. 649 c.p., che esclude la punibilità per i delitti contro il patrimonio commessi a danno di congiunti stretti (come un figlio). Secondo la sua difesa, tale immunità penale avrebbe dovuto estendersi anche alle conseguenze civili, escludendo quindi ogni obbligo di risarcimento.

Le Motivazioni della Corte sulla Turbata Libertà del Commercio

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, confermando la condanna al risarcimento. Le motivazioni sono di grande interesse giuridico.

In primo luogo, la Corte ha stabilito senza esitazioni che le azioni del padre rientrano a pieno titolo nei “mezzi fraudolenti”. I giudici hanno chiarito che per mezzo fraudolento si intende “qualunque azione insidiosa, ingannevole o improntata ad astuzia, idonea a turbare o impedire il normale svolgimento dell’attività”. Il mendacio, ovvero il mentire deliberatamente sulla qualità di un prodotto o servizio per sviare la clientela, è una forma classica di frode commerciale. Pertanto, denigrare sistematicamente il ristorante del figlio per danneggiarlo economicamente costituisce pienamente il reato di turbata libertà del commercio.

In secondo luogo, e qui risiede il punto più tecnico e rilevante, la Corte ha smontato l’argomentazione basata sull’art. 649 c.p. La causa di non punibilità tra parenti, hanno spiegato i giudici, è una “scusante” e non una “scriminante”.

* Una scriminante (o causa di giustificazione, come la legittima difesa) rende il fatto lecito fin dall’origine.
* Una scusante, invece, non rende il fatto lecito. L’azione rimane un illecito civile e penale, ma la legge decide di non applicare la sanzione penale per ragioni di opportunità, legate alla tutela dei rapporti familiari.

Poiché il fatto rimane intrinsecamente illecito (“fatto ingiusto”), l’obbligazione di risarcire il danno che ne deriva rimane intatta. La mancanza della punizione penale non cancella la responsabilità civile.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: l’immunità penale garantita in contesti familiari per reati contro il patrimonio non si traduce in un’autorizzazione a danneggiare impunemente i propri congiunti. La responsabilità civile rimane un presidio a tutela della persona danneggiata. Questa decisione serve da monito: le dispute familiari non possono diventare un pretesto per porre in essere condotte commercialmente sleali e dannose, le cui conseguenze economiche dovranno comunque essere risarcite.

Parlare male di un’attività commerciale di un parente per sviare i clienti è reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, esprimere giudizi negativi e denigratori sulla qualità di un locale, rivolgendosi ai potenziali clienti con lo scopo preciso di sviare la clientela, integra il reato di turbata libertà del commercio (art. 513 c.p.), in quanto costituisce un “mezzo fraudolento”.

Se un reato contro il patrimonio non è punibile perché commesso tra parenti stretti, si deve comunque risarcire il danno?
Sì. La causa di non punibilità prevista dall’art. 649 c.p. è una “scusante”, non una “scriminante”. Ciò significa che elimina solo la sanzione penale, ma non l’illiceità del fatto. Di conseguenza, l’obbligo di risarcire il danno causato alla parte civile rimane pienamente valido.

Cosa sono i “mezzi fraudolenti” nel reato di turbata libertà del commercio?
Per “mezzi fraudolenti” si intende qualsiasi azione insidiosa, ingannevole o basata sull’astuzia, idonea a turbare o impedire il normale svolgimento di un’attività commerciale. La Cassazione ha chiarito che anche il mendacio, ovvero la menzogna volta a indurre in errore la clientela (ad esempio sulla qualità del cibo), rientra in questa categoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati