Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1982 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1982 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a LIPARI avverso la sentenza del 20/10/2022 della CORTE DI APPELLO DI MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la nova dell’AVV_NOTAIO che, nell’interesse della parte civile COGNOME NOME, ha chiesto alla Corte di cassazione di dichiarare la penale responsabilità dell’imputato e di condannarlo alle pene previste dalla legge nonché al risarcimento del danno, da liquidarsi in euro 40.000,00 o nella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, con concessione di una provvisionale.
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna la sentenza in data 20/10/2021 della Corte di appello di Messina, che -accogliendo l’appello delle parti civili- ha riformato la sentenza in data 11/06/2019 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto -Sezione distaccata di Lipari-, riconoscendo la sussistenza del fatto illecito civile correlato ai reati di cui agli artt. 513 e 635 cod. pen. e
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condannava al risarcimento dei danni. Il Tribunale, invece, lo aveva assolto dai reati contestatigli.
Deduce:
1.1. “Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 513 c.p. contestato al capo c)”.
Con il primo motivo il ricorrente sostiene che il fatto così come ricostruito non rappresenta gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 513 cod. pen., per la cui configurazione sono necessari la violenza o il mezzo fraudolento, entrambi mancanti nel caso in esame.
Sostiene che i giudizi dispregiativi espressi dall’imputato non configurano i mezzi fraudolenti, anche perché non è stata verificata la loro falsità e perché manca la funzione elusiva, entrambi richiesti dalla norma incriminatrice.
Aggiunge che manca anche il requisito della idoneità a turbare l’attività commerciale.
1.2. “Inosservanza della disposizione contenuta all’art. 649 c.p. in relazione alla dichiarazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 635 c.p. contestato a capo d)”.
Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che nel caso di specie andava rilevata l’improcedibilità prevista dall’art. 649 cod. pen. in relazione ai delitti contro il patrimonio commesso in danno dei prossimi congiunti.
Precisa che l’improcedibilità dell’accertamento penale coinvolge anche le statuizioni sugli effetti civili, attesa l’accessorietà di questi rispetto a quello e no trovando applicazione l’art. 578 cod. proc. pen..
CONSIDERATO IN FATTO
1. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente sostiene che il fatto di esprimere giudizi negativi sulla qualità del cibo dell’altrui locale commerciale non configura il mezzo fraudolento richiesto dall’art. 513 cod. pen. quale requisito del reato di turbata libertà del commercio, risolvendosi in una mera opinione personale priva dei caratteri dell’insidia e dell’inganno.
L’assunto difensivo risulta tuttavia infondato, in quanto la Corte di appello ha puntualmente osservato che i commenti dispregiativi dell’imputato verso il ristorante del proprio figlio erano rivolti ai turisti e a tutti i possibili avven dell’attività, con il preciso scopo -anche ottenuto- di sviare la clientela, così perturbando il normale svolgimento dell’attività commerciale gestita da COGNOME NOME.
Tale motivazione è conforme al principio di diritto (pure richiamato dal ricorrente) a mente del quale «in tema di turbata libertà dell’industria o del
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commercio, per impiego di “mezzi fraudolenti” deve intendersi il compimento di qualunque azione insidiosa, ingannevole o improntata ad astuzia, idonea a turbare o impedire il normale svolgimento dell’attività industriale o commerciale, rivolta nei confronti dell’esercente la predetta attività ovvero di terzi, eludendo gli accorgimenti previsti dal primo a difesa della propria impresa», (Sez. 3 – , Sentenza n. 54185 del 12/09/2018, Ramalli, Rv. 275297 – 01).
Tra i mezzi fraudolenti va senz’altro fatto rientrare il mendacio, in quanto inteso a indurre in errore la potenziale clientela, ingenerando il convincimento della pessima qualità del cibo, così mettendo in pericolo il normale esercizio dell’attività commerciale (di ristorazione, nel caso di specie).
Da qui l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
GLYPH Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Va preliminarmente precisato che la Corte di appello ha pronunciato una condanna generica al risarcimento del danno, che coinvolge anche il reato di cui all’art. 513 cod. pen., per il quale non è prevista la causa di non punibilità di cui all’art. 649 cod. pen..
A parte tale preliminare considerazione, va rilevato come le cause di non punibilità non hanno natura di scriminante ma di scusante, idonee a eliminare solo la rimproverabilità della condotta dell’autore, ferma restando l’illiceità del fatto, imputabile a titolo di dolo, e la conseguente obbligazione risarcitoria nei confronti del soggetto leso (in tal senso, Sez. 5 – , Sentenza n. 26477 del 08/03/2021, Rv. 281653 – 01, in relazione al reato di diffamazione e alla causa di non punibilità della provocazione).
Nella sentenza ora menzionata, invero, è stato puntualizzato che «la nozione di fatto ingiusto è stata definita nel senso che esso è ravvisabile non solo quando il fatto sia contrario al diritto altrui o alle regole imposte dall’ordinamento giuridico ma anche in presenza di un fatto che in determinate condizioni di tempo e di luogo, in considerazione dei rapporti tra le parti, riveli un atteggiamento inopportuno ed espressivo di iattanza da parte di chi lo realizza oppure un fatto non conforme alle regole morali o sociali o della convivenza civile. (Ex multis, Sez. 5, n. 21133 del 09/03/2018, Iachetta, Rv. 273131)».
Da ciò si trae la condivisa conclusione che la mancata punibilità in sede penale del comportamento dell’imputato, non elimina la violazione del diritto altrui che ne è derivata, trovando questa adeguata risposta nel sistema normativo, sotto il profilo civilistico, nel sorgere dell’obbligo di risarcimento del danno arrecato al patrimonio della costituita parte civile.
Da qui l’infondatezza del motivo in esame, riferibile al solo danneggiamento. Il ricorso va, dunque, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Non può darsi seguito, invece, alla richiesta di rifusione delle spese sostenute nel grado, così come avanzata dal procuratore della parte civile AVV_NOTAIO.
A tale proposito va ricordato che nel giudizio di legittimità celebrato con il rito camerale non partecipato, (…), quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile, in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 2, Sentenza n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960 – 03).
Tale contributo non si rinviene nel caso in esame, visto che nella nota trasmessa dall’AVV_NOTAIO non si rinvengono argomentazioni intese a contrastare i motivi di ricorso e, al contempo, si avanzano richieste non prospettabili davanti alla Corte di cassazione.
Da qui il rigetto della richiesta di rifusione delle spese sostenute nel grado.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rigetta l’istanza di liquidazione delle spese presentata dalla parte civile.
Così deciso il 16/11/2023