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Turbata libertà degli incanti: misura annullata

Un dirigente di un’associazione sportiva è stato accusato di turbata libertà degli incanti per aver influenzato una gara pubblica per la gestione di uno stadio comunale. La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la presenza di gravi indizi di colpevolezza, ha annullato la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La decisione si fonda sulla mancanza di un pericolo di recidiva che fosse concreto e attuale, ritenendo la motivazione del tribunale del riesame troppo astratta e non basata su indicatori recenti.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbata Libertà degli Incanti: Quando Mancano le Esigenze Cautelari

Il reato di turbata libertà degli incanti, disciplinato dall’art. 353 del codice penale, tutela il corretto funzionamento delle gare pubbliche, garantendo libera concorrenza e trasparenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante precisazione sui presupposti per l’applicazione di misure cautelari in questo contesto, distinguendo nettamente tra la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e la necessità di un pericolo di recidiva concreto e attuale. Analizziamo il caso per comprendere meglio i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Una Gara Pubblica Sotto Esame

La vicenda riguarda il dirigente di un’associazione sportiva dilettantistica, indagato per aver turbato, insieme ad altri, la gara indetta da un Comune per la concessione in uso dello stadio locale. Secondo l’accusa, attraverso una serie di incontri, promesse e collusioni con funzionari pubblici, il dirigente avrebbe influenzato il regolare svolgimento della procedura. In particolare, le trattative si erano concentrate sulla gestione di un debito pregresso di circa 9.000 euro che l’associazione aveva nei confronti del Comune, la cui estinzione era un prerequisito per partecipare al bando.

Le condotte collusive avrebbero portato alla creazione di un bando ‘su misura’ per l’associazione, con condizioni economiche di favore, e avrebbero permesso di superare carenze documentali tramite un soccorso istruttorio, fino all’aggiudicazione finale della concessione.

La Decisione della Cassazione sulla turbata libertà degli incanti

Il Tribunale del Riesame, pur annullando una prima misura più afflittiva, aveva confermato nei confronti del dirigente l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale e un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza e, di conseguenza, revocando la misura cautelare. Il punto centrale della decisione risiede nella netta distinzione tra i due pilastri su cui deve reggersi ogni misura cautelare: i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ritenuto che, per quanto riguardava i gravi indizi di colpevolezza, la ricostruzione del Tribunale fosse solida. Le intercettazioni e le altre prove documentali dimostravano chiaramente le condotte collusive finalizzate a condizionare l’esito della gara a favore dell’associazione.

Tuttavia, la valutazione è stata radicalmente diversa sul fronte delle esigenze cautelari. Il giudice di merito aveva giustificato il pericolo di recidiva basandosi sul ‘pervicace atteggiamento’ del dirigente, sulla sua ‘personalità volta a derogare i principi di legalità’ e sulla persistenza della carica all’interno della squadra. Secondo la Cassazione, questa motivazione si risolve in un giudizio sulla gravità del fatto e sulla personalità dell’indagato, ma non dimostra un pericolo di reiterazione che sia concreto e attuale.

La giurisprudenza più recente, richiamata nella sentenza, richiede che il pericolo non sia una mera probabilità astratta che l’indagato torni a delinquere, ma deve essere ancorato a un’effettiva probabilità che si presenti un’occasione prossima per compiere delitti della stessa specie. Nel caso specifico, la vicenda era unica e legata a una specifica gestione, e il tempo trascorso dall’inizio delle indagini non supportava l’idea di un rischio imminente. La motivazione del Tribunale è stata quindi giudicata carente perché non ancorata a indicatori recenti e idonei a dimostrare l’effettività del pericolo.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: le misure cautelari non possono essere una sanzione anticipata. La loro applicazione richiede una prognosi rigorosa e individualizzata del pericolo che si intende neutralizzare. Anche in presenza di solidi indizi per un reato grave come la turbata libertà degli incanti, se non emerge un rischio concreto, specifico e attuale di recidiva, la libertà personale dell’indagato deve prevalere. La decisione della Cassazione sottolinea come una motivazione astratta, basata solo sulla gravità del reato commesso, non sia sufficiente a giustificare la compressione di un diritto fondamentale.

Cosa si intende per reato di turbata libertà degli incanti?
È il reato commesso da chi, con mezzi fraudolenti come promesse o collusioni, interferisce con una gara pubblica per condizionarne l’esito, violando i principi di libera concorrenza e buon andamento della pubblica amministrazione.

Sono sufficienti i gravi indizi di colpevolezza per applicare una misura cautelare?
No. Oltre ai gravi indizi di colpevolezza, la legge richiede la sussistenza di almeno una delle ‘esigenze cautelari’, ovvero il concreto e attuale pericolo di inquinamento delle prove, di fuga o di reiterazione di reati della stessa specie.

Cosa significa che il pericolo di reiterazione del reato deve essere ‘concreto e attuale’?
Significa che non basta una generica valutazione di pericolosità sociale dell’indagato. Il giudice deve dimostrare, sulla base di elementi specifici e recenti, che esiste l’elevata probabilità che si presenti un’occasione prossima per la commissione di nuovi reati simili a quello per cui si procede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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