LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Turbata libertà degli incanti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di reati contro la Pubblica Amministrazione, coinvolgendo funzionari pubblici e imprenditori. La sentenza chiarisce un punto fondamentale: il reato di turbata libertà degli incanti, previsto dall’art. 353-bis c.p., non è configurabile in caso di procedure di affidamento diretto, poiché queste non prevedono una gara o un atto ad essa equipollente. La Corte ha inoltre affrontato temi come la corruzione di un funzionario dopo il pensionamento e la rivelazione di segreti d’ufficio, annullando alcune condanne per insussistenza del fatto e rinviando per un nuovo giudizio su altre imputazioni.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbata libertà degli incanti: la Cassazione esclude il reato per gli affidamenti diretti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui reati contro la Pubblica Amministrazione, in particolare sulla configurabilità del reato di turbata libertà degli incanti (art. 353-bis c.p.) in contesti di affidamento diretto. La decisione, che analizza un complesso intreccio di accuse di corruzione, falso e rivelazione di segreti, stabilisce un principio fondamentale: per la sussistenza di tale reato è necessaria una procedura competitiva, che manca del tutto nell’affidamento diretto.

I Fatti del Processo

Il caso vedeva coinvolti diversi funzionari di un’amministrazione comunale, tra cui dirigenti e l’allora Sindaco, insieme ad alcuni imprenditori. Le accuse spaziavano dalla corruzione alla turbativa d’asta, dal falso ideologico in atto pubblico alla rivelazione di segreti d’ufficio. Il nucleo di alcune imputazioni riguardava la presunta elusione dell’obbligo di indire una gara pubblica attraverso il frazionamento di incarichi e il ricorso a procedure di affidamento diretto, ritenute dall’accusa illegittime e finalizzate a favorire specifici operatori economici.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i ricorsi presentati sia dal Procuratore generale che dagli imputati, giungendo a conclusioni differenziate a seconda delle specifiche accuse.

Analisi della Turbata libertà degli incanti e Affidamento Diretto

Il punto più significativo della sentenza riguarda l’accusa di turbata libertà degli incanti. La Corte ha accolto i ricorsi degli imputati su questo capo, annullando la sentenza senza rinvio perché il fatto non sussiste. La motivazione si basa su un’interpretazione rigorosa dell’art. 353-bis c.p. Questo reato presuppone una condotta che inquini il contenuto di un bando di gara o di un “altro atto equipollente”.
I giudici hanno chiarito che un affidamento diretto, per sua natura, non prevede una procedura selettiva o competitiva. Di conseguenza, non può essere considerato un atto equipollente a un bando di gara. Considerare l’omissione della gara come un atto perturbatore costituirebbe un’inammissibile estensione analogica della norma penale, in contrasto con il principio di legalità e determinatezza sancito dall’art. 25 della Costituzione. Sebbene le prassi elusive dell’obbligo di gara possano incidere sui principi di libera concorrenza e buon andamento della P.A., la loro sanzione penale non può rientrare nella fattispecie della turbativa d’asta, ma, se del caso, in altre figure di reato (come la corruzione o l’abuso d’ufficio) qualora ne ricorrano i presupposti.

Corruzione e Ultrattività della Qualifica Pubblica

Un altro aspetto rilevante ha riguardato l’accusa di corruzione a carico di un dirigente e del suo successore. La Corte d’appello aveva assolto il primo, un dirigente ormai in pensione, ritenendo che avesse ricevuto il denaro quando non era più in servizio. La Cassazione ha ribaltato questa visione, accogliendo il ricorso del Procuratore.
I giudici hanno sottolineato l’importanza dell’art. 360 c.p., che sancisce la cosiddetta “ultrattività” della qualifica di pubblico ufficiale. Se il fatto commesso si riferisce all’ufficio precedentemente esercitato, la cessazione della qualifica non esclude il reato. Nel caso di specie, l’ex dirigente non solo aveva compiuto atti a favore dell’imprenditore quando era in servizio, ma aveva anche agito da mediatore con il suo successore. Queste condotte, successive al pensionamento, sono state considerate penalmente rilevanti perché strettamente collegate alla funzione pubblica già svolta.

Rivelazione di Segreti d’Ufficio e Falso Ideologico

La Corte ha confermato la condanna per rivelazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.) a carico di un funzionario che aveva comunicato a un imprenditore l’elenco delle ditte partecipanti a una gara. La difesa sosteneva che la condotta non avesse prodotto un danno concreto. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito che si tratta di un reato di pericolo concreto: la rivelazione di notizie riservate è punibile quando è suscettibile di mettere in pericolo il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, come nel caso in cui si favoriscano accordi collusivi. Infine, per quanto riguarda il reato di falso ideologico, la Corte ha specificato che anche gli atti interni e preparatori, come una relazione destinata alla Giunta, possono essere considerati atti pubblici ai fini penali se hanno l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica nel procedimento amministrativo.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una stretta aderenza al principio di legalità e tassatività della legge penale. Per la turbata libertà degli incanti, si afferma che il legislatore ha circoscritto il reato alle procedure competitive, e spetta al legislatore stesso, non al giudice, decidere se anticipare la soglia di punibilità per includere le condotte elusive della gara. Per la corruzione, la motivazione risiede nella necessità di tutelare il prestigio e la correttezza della funzione pubblica anche dopo la sua cessazione, se gli atti corruttivi sono ad essa funzionalmente collegati. La valutazione atomistica dei singoli comportamenti degli imputati è stata censurata, poiché impediva di cogliere il significato unitario e teleologico della loro condotta complessiva. In merito alla rivelazione di segreti, la motivazione si basa sulla tutela preventiva del corretto svolgimento delle procedure amministrative, ritenendo che la comunicazione di informazioni riservate sia di per sé idonea a creare un pericolo per l’imparzialità della P.A.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza traccia confini precisi per l’applicazione di importanti reati contro la Pubblica Amministrazione. Si stabilisce che l’affidamento diretto, anche se frutto di condotte elusive, non integra il reato di turbativa d’asta, che richiede una competizione. Al contempo, si rafforza la tutela contro la corruzione, estendendo la responsabilità penale all’ex pubblico ufficiale i cui atti post-pensionamento siano legati alla funzione svolta. La decisione impone una valutazione complessiva e non frammentaria delle condotte per accertare la reale sussistenza di un pactum sceleris e riafferma la natura di pericolo concreto di reati come la rivelazione di segreti d’ufficio.

Il reato di turbata libertà degli incanti si applica anche agli affidamenti diretti?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo reato non è configurabile, poiché l’affidamento diretto non prevede una procedura competitiva di gara o un atto ad essa equipollente, che sono presupposti essenziali della fattispecie criminosa prevista dall’art. 353-bis del codice penale.

Un ex pubblico ufficiale in pensione può essere accusato di corruzione per fatti legati alla sua precedente funzione?
Sì. In base al principio di ‘ultrattività’ della qualifica pubblica (art. 360 c.p.), la cessazione dal servizio non esclude il reato se il fatto commesso (ad esempio, ricevere denaro o fare da mediatore) si riferisce funzionalmente all’ufficio e alle attività svolte quando era in servizio.

Rivelare i nomi dei partecipanti a una gara a un concorrente costituisce sempre reato di rivelazione di segreti d’ufficio?
Sì, se la rivelazione è suscettibile di produrre un nocumento. Il reato di rivelazione di segreti d’ufficio è un reato di pericolo concreto. Pertanto, la comunicazione a un imprenditore interessato dell’elenco delle ditte invitate a una gara è stata ritenuta punibile perché idonea a mettere in pericolo il corretto svolgimento e l’imparzialità della competizione, potendo favorire accordi collusivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati