Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37950 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37950 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Messina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2025 della Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza con cui NOME COGNOME era stato condannato per il reato di cui agli artt. 110, 81, 353 cod. pen. perché, in concorso con la moglie NOME COGNOME (per cui si è proceduto separatamente), turbava la vendita senza incanto di un immobile, disposta nell’ambito della procedura esecutiva iscritta presso il Tribunale di Messina a carico di NOME COGNOME, aggiudicandosi, previo deposito di cauzione , l’immobile nelle vendite senza incanto del 19 febbraio 2019
e del 30 dicembre 2020 e, poi, omettendo di versare il prezzo stabilito, così determinando la fissazione di una nuova vendita con base d’asta ridotta.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore d ell’imputato , per i motivi di seguito sintetizzati.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 40 e 353 cod. pen. e 649 cod. proc. pen., in quanto l’aggiudicatario che non versa il prezzo offerto è sanzionato con la confisca della cauzione depositata, che costituisce la sanzione prevista dall’ordinamento per tale condotta. La non prevista sanzione penale violerebbe, dunque, il disposto dell’art. 6 49 cod. proc pen., in quanto duplicazione del sistema afflittivo.
Sotto altro profilo di rileva che il, pur reiterato, mancato versamento del prezzo non integra la fattispecie di cui all’art. 353 cod. pen. perché non costituisce mezzo fraudolento.
2.2. V iolazione di legge in relazione all’art. 63 cod. pen. , non avendo la Corte accertato se la vendita senza incanto rientrava nella fattispecie di cui all’ ultimo comma dell’art. 353 cod. pen., che prevede che la pena sia diminuita della metà nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato, nei termini e con le specificazioni che seguono, e ha carattere assorbente.
La vendita senza incanto è disciplinata dagli artt. 570 -574 cod. proc. civ., che prevedono che l’offerente deve corredare l’offerta da una cauzione, a garanzia della serietà della stessa. L’art. 571, comma 2, cod. proc. civ. stabilisce che «l’offerta non è efficace se l’offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell’ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto».
Se, poi, l’offerente non si aggiudica il bene, la cauzione gli viene restituita.
Se, invece, diviene aggiudicatario la cauzione viene imputata al prezzo.
L’ipotesi in cui, dopo aggiudicazione provvisoria, l’aggiudicatario non versi il prezzo è disciplinata dall’art. 574, ultimo comma, cod. proc. civ. mediante rinvio
al successivo art. 587; tale ultima disposizione prevede che «il giudice dell’esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza».
La perdita della cauzione a titolo di multa consegue in via automatica al mancato deposito del prezzo di vendita nel termine stabilito, non avendo il giudice alcuna discrezionalità nella pronunzia (Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 28461 del 12/10/2023, Rv. 668949 – 01), così come il pagamento della differenza di prezzo, (art. 177, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., secondo cui «l’aggiudicatario inadempiente è condannato, con decreto del giudice dell’esecuzione, al pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita»).
Il codice di procedura civile, dunque, disciplina il mancato versamento del prezzo di vendita da parte dell’aggiudicatario provvisorio come atto produttivo di conseguenze patrimoniali per lui sfavorevoli.
3. L’art. 353, comma 1, cod. pen. punisce «chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti».
La norma configura un reato di pericolo a forma vincolata.
Non occorre, innanzi tutto, che l’azione tipica determini un danno effettivo alla regolarità della gara, ma è sufficiente anche solo che essa produca un “danno mediato e potenziale”, costituito dalla semplice “idoneità” degli atti ad influenzare l’andamento della gara (Sez. 6, n. 10272 del 23/01/2019, Cesosimo, Rv. 2751639).
L’evento del reato richiede, infatti, oltre all’ipotesi dell’impedimento della gara o dell’allontanamento degli offerenti, che sia stato realizzato anche solo il turbamento della gara, situazione questa che è integrata da una condotta che abbia anche soltanto influito sulla sua regolare procedura, alterandone lo svolgimento.
La condotta tipica deve essere, in ogni caso, idonea a ledere il principio della libera concorrenza che la norma incriminatrice intende tutelare, sia nell’interesse dei partecipanti, nei quali si è creato l’affidamento della regolarità del procedimento, sia nell’interesse dell’amministrazione (Sez. 6, n. 6605 del 17/11/2020, Pani, Rv. 280837).
Non qualunque «comportamento perturbatore», però, è idoneo a integrare la fattispecie, che, come detto, è a forma vincolata, per cui richiede che l’evento sia stato cagionato con «con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti».
Nel caso di specie si contesta che il turbamento sia avvenuto mediante mezzi fraudolenti, che la giurisprudenza definisce come «qualsiasi artificio, inganno o mendacio idoneo ad alterare il regolare funzionamento della gara e a pregiudicare l’effettività della libera concorrenza, che presuppone la possibilità per tutti gli interessati di determinarsi sulla base di corrette informazioni (Sez. 6, n. 42770 del 11/07/2014, Santoro, Rv. 260726)».
Deve trattarsi, dunque, di una attività ingannevole, diversa dalle altre condotte tipiche descritte nella disposizione, che sia idonea a alterare il regolare funzionamento della gara, anche con anomalie nella procedura (quali il ricorso a prestanomi o l’indicazione di informazioni scorrette ai partecipanti volte, per esempio, a produrre alterazioni dei prezzi o delle offerte).
5. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Dagli atti emerge che in due occasioni, il 19 febbraio 2019 e il 30 dicembre 2020, con base d’asta di 87.000 euro, il ricorrente ha offerto 140.000 euro, la prima volta, e 97.000 euro, la seconda, per aggiudicarsi l’immobile.
In entrambi i casi ha versato la cauzione, pari a 6.530 euro, la prima volta, e a 6.525 euro, la seconda volta.
Dopo l’aggiudicazione provvisoria, non ha pagato il prezzo di acquisto del bene, per cui è stata indetta una nuova gara (il 23 dicembre 2023, con prezzo base d’asta di 87.000 euro , conclusasi con l’aggiudicazione definitiva a un terzo per l’importo di 74.000 euro).
I giudici di merito hanno ritenuto che la presentazione di due offerte, con versamento della relativa cauzione e aggiudicazione provvisoria, non seguita dall’aggiudicazione definitiva, integri un mezzo fraudolento. In particolare, tale è stata ritenuta «la sistematica reiterazione della condotta di mancato versamento delle somme dovute a saldo…chiaramente funzionale a scongiurare la definitiva perdita del bene, tramite manovre dilatorie, impeditive dell’aggiudicazione a terzi» (pag. 5 sentenza impugnata).
Tale conclusione è errata.
La mancata aggiudicazione definitiva può dipendere da una serie di diverse cause; a parte le manovre dilatorie, in sé non illecite se consentite dalla procedura, può dipendere anche, ad esempio, dalla sopravvenuta impossibilità di pagare il prezzo offerto. Per questo l’ordinamento la considera come una evenienza
possibile e ordinaria, a cui, però, a tutela dell’interesse alla funzionalità del procedimento e dell’affidamento degli altri partecipanti, riconnette conseguenze economiche sfavorevoli per l’aggiudicatario provvisorio.
Per questo il mancato pagamento del prezzo, dopo l’aggiudicazione provvisoria, è un atto di inadempimento civilistico posto in essere nell’ambito della vendita forzata, disciplinato espressamente dal codice di procedura civile e sanzionato con la confisca della cauzione (‘a titolo di multa’) e con l’obbligo al pagamento della differenza tra il prezzo offerto e quello cui il bene è stato, poi, venduto. La stessa legge, pur prevedendo espressamente il caso del mancato perfezionamento della vendita, non preclu de all’aggiudicatario provvisorio , che non ha concluso la procedura, di partecipare al nuovo incanto; riconosce, del resto, ampi poteri al giudice dell’esecuzione civile di gestire il caso, innalzando la percentuale della cauzione.
Ebbene, non vi è alcuna ragione per sostenere che la mera reiterazione di due atti non penalmente illeciti e tipici della procedura di esecuzione civile, integri un mezzo fraudolento, anche perché la disciplina civilistica non prevede un limite massimo di aggiudicazioni provvisorie non seguite dall’aggiudicazione definitiva (peraltro, incamerare le cauzioni tendenzialmente aumenta la massa attiva prodotta dalla vendita).
In questo contesto non è, quindi, consentito all’interprete introdurre tale limite e, addirittura, considerarlo penalmente rilevante ai sensi dell’art. 353 cod. pen. Un’interpretazione che, poi, rischierebbe di sconfinare nell’arbitrio quando si cercasse di individuare il numero di condotte necessario per integrare l’artificio che raggiunge la soglia minima di rilevanza penale. Sarebbe, difatti, necessario sindacare i motivi personali dell’offerente per non avere concluso la procedura (ad es. non avere ottenuto il mutuo promesso o gravi esigenze familiari) per comprendere se avesse una intenzione collusiva o meno.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la condotta tenuta dall’imputato non rientri nella fattispecie criminosa delineata nell’art. 353 cod. pen., non integrando un mezzo fraudolento, essendo invece riconducibile all’ipotesi di natura meramente civilistica del mancato versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario inadempiente, disciplinata dagli artt. 570 e ss. cod. proc. civ.
6. Va solo aggiunto che l’opzione esegetica privilegiata dal Collegio non si pone in contrasto con i precedenti della Sezione perché dalla lettura della motivazione di tali decisioni si ha conferma che « in tema di delitto di turbata libertà degli incanti, di cui all’art. 353 cod. pen., nella categoria degli “altri mezzi fraudolenti”, mediante i quali può commettersi il reato in questione in alternativa alle altre condotte tipiche descritte nella norma (violenza, minaccia, doni, promesse,
collusioni), rientrano tutti gli altri mezzi, che sono concretamente idonei a conseguire l’effetto: questi debbono essere individuati, pertanto, in ogni artificio, inganno, menzogna usati per alterare il regolare funzionamento e la libera partecipazione alla gara » (Sez. 6, n. 20211 del 15/05/2012, PM in proc. Teodosio, Rv. 252790, nello stesso senso: Sez. 6, n. 42770 del 11/07/2014, Pm in proc. Santoro, Rv. 260726; Sez. 6, n. 8020 del 11/11/2015, Lazzari Rv. 266332).
In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso il 29/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME