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Turbata libertà degli incanti: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per il reato di turbata libertà degli incanti a carico di un soggetto che, in due diverse occasioni, si era aggiudicato provvisoriamente un immobile all’asta senza poi versare il saldo prezzo. La Corte ha stabilito che tale condotta, pur se ripetuta, non costituisce un “mezzo fraudolento” penalmente rilevante, ma un inadempimento civilistico già sanzionato dall’ordinamento con la perdita della cauzione e l’obbligo di risarcire il danno.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbata libertà degli incanti: la Cassazione chiarisce i confini tra illecito penale e civile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione relativa al reato di turbata libertà degli incanti, tracciando una netta linea di demarcazione tra la condotta penalmente rilevante e il semplice inadempimento civilistico. La Corte ha stabilito che la ripetuta partecipazione a un’asta con successiva mancata corresponsione del saldo prezzo non integra, di per sé, un mezzo fraudolento idoneo a configurare il reato. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I fatti del caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di turbata libertà degli incanti. L’accusa si basava sul fatto che l’imputato, in concorso con la moglie, aveva partecipato a due diverse vendite senza incanto per lo stesso immobile, aggiudicandoselo provvisoriamente in entrambe le occasioni. In entrambi i casi, dopo aver versato la cauzione, ometteva di pagare il saldo del prezzo. Secondo i giudici di merito, questa “sistematica reiterazione” della condotta rappresentava una manovra dilatoria e un mezzo fraudolento finalizzato a impedire la vendita definitiva del bene a terzi.

La decisione della Cassazione sulla turbata libertà degli incanti

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’imputato, annullando la sentenza di condanna senza rinvio perché “il fatto non sussiste”. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione della norma e sulla distinzione tra le sanzioni previste dall’ordinamento civile e quelle penali.

Le motivazioni

I giudici hanno innanzitutto ricordato che il Codice di Procedura Civile disciplina espressamente l’ipotesi dell’aggiudicatario inadempiente. L’articolo 587 c.p.c. prevede, in caso di mancato versamento del prezzo, che il giudice dichiari la decadenza dell’aggiudicatario e disponga la perdita della cauzione a titolo di multa. Inoltre, se il bene viene venduto in un’asta successiva a un prezzo inferiore, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto a pagare la differenza.

Questa, secondo la Corte, è la sanzione tipica e prevista dall’ordinamento per tale comportamento. Si tratta di un inadempimento di natura civilistica, cui conseguono sanzioni patrimoniali. Trasformare questo inadempimento in un reato penale equivarrebbe a un’interpretazione non consentita della legge.

Il reato di turbata libertà degli incanti, per configurarsi, richiede l’uso di “violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti”. La Corte ha specificato che per “mezzo fraudolento” si deve intendere un artificio o un inganno idoneo ad alterare il regolare funzionamento della gara. La semplice, seppur reiterata, mancata corresponsione del prezzo non rientra in questa categoria. Si tratta di una condotta già prevista e gestita dalle norme procedurali civili, che non pongono un limite al numero di volte in cui un soggetto può partecipare a un’asta, anche dopo un precedente inadempimento.

Introdurre una rilevanza penale per la mera reiterazione di un comportamento civilisticamente lecito, sebbene sanzionato, creerebbe incertezza giuridica e rischierebbe di sconfinare nell’arbitrio, costringendo i giudici a indagare sulle motivazioni personali dell’offerente per distinguere un’intenzione collusiva da una semplice, e magari sopravvenuta, impossibilità di pagare.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha riaffermato un principio fondamentale: non ogni comportamento che turba una procedura è di per sé un reato. Perché si configuri la turbata libertà degli incanti, è necessario che la condotta rientri in una delle categorie previste dalla norma, ovvero violenza, minaccia o un vero e proprio mezzo fraudolento, inteso come un’attività ingannevole e artificiosa. Il mancato pagamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario provvisorio è un inadempimento civilistico, le cui conseguenze sono già chiaramente stabilite dal Codice di Procedura Civile e si esauriscono sul piano patrimoniale.

Il mancato pagamento del prezzo dopo l’aggiudicazione in un’asta costituisce sempre reato di turbata libertà degli incanti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il semplice mancato versamento del prezzo, anche se reiterato, non integra di per sé un “mezzo fraudolento” e quindi non costituisce il reato di turbata libertà degli incanti. Si tratta di un inadempimento di natura civilistica.

Quali sono le conseguenze previste dalla legge per chi vince un’asta ma non paga il prezzo?
Le conseguenze sono di natura civile e patrimoniale. L’aggiudicatario inadempiente perde la cauzione versata a titolo di multa e, se l’immobile viene successivamente venduto a un prezzo inferiore, è tenuto a pagare la differenza.

Cosa intende la legge per “mezzi fraudolenti” nel reato di turbata libertà degli incanti?
Per “mezzi fraudolenti” si intende qualsiasi artificio, inganno o menzogna idoneo ad alterare il regolare funzionamento della gara e a pregiudicare la libera concorrenza, come ad esempio il ricorso a prestanomi o la diffusione di informazioni scorrette per influenzare i prezzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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