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Turbata libertà degli incanti: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5635/2024, ha annullato una condanna per turbata libertà degli incanti, stabilendo un principio chiave: la presentazione di documenti falsi (come un curriculum vitae) per soddisfare i requisiti di ammissione a una gara pubblica non costituisce, di per sé, il reato previsto dall’art. 353 c.p. Tale condotta, pur essendo illecita, si colloca in una fase preparatoria e non turba direttamente la competizione. Resta però confermata la responsabilità per il reato di falso in atto pubblico.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Turbata libertà degli incanti: non basta un CV falso per configurare il reato

La Corte di Cassazione, con una recente e significativa sentenza, ha tracciato una linea di demarcazione netta tra gli atti preparatori e le condotte che integrano il reato di turbata libertà degli incanti. La presentazione di un curriculum vitae con esperienze professionali false per essere ammessi a una gara d’appalto, sebbene illecita, non è sufficiente a configurare questo specifico delitto. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni della Suprema Corte.

I fatti del processo: un appalto per servizi scolastici e un CV sospetto

Al centro della vicenda vi era una gara indetta da un Comune per l’affidamento del servizio di assistenza scolastica e altri servizi connessi. Una cooperativa, per partecipare, presentava la propria offerta indicando un soggetto come coordinatore del servizio e allegando il suo curriculum vitae.

Tuttavia, dalle indagini emergeva che le esperienze professionali riportate nel curriculum erano false. Di conseguenza, sia il legale rappresentante della cooperativa che il coordinatore venivano processati e condannati in primo e secondo grado per il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), oltre che per falso ideologico (art. 483 c.p.) a carico del solo legale rappresentante. L’accusa sosteneva che la presentazione di documentazione falsa avesse alterato la regolarità della gara.

La decisione della Corte: quando un falso non integra la turbata libertà degli incanti

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito riguardo al reato principale. Secondo gli Ermellini, per configurare la turbata libertà degli incanti, i mezzi fraudolenti devono incidere direttamente sul corretto svolgimento della gara, alterando la libera concorrenza tra i partecipanti.

La distinzione tra atti preparatori e condotte turbative

La condotta contestata – la produzione di un CV falso – si colloca in una fase anteriore e preparatoria. Il suo scopo era quello di superare le barriere d’ingresso e soddisfare i requisiti di partecipazione, eludendo le cause di esclusione. Non era, invece, una condotta finalizzata a influenzare il meccanismo di competizione tra le offerte, come ad esempio un accordo segreto sui prezzi o la diffusione di informazioni false per danneggiare altri concorrenti.

In altre parole, la falsità documentale per accedere alla gara è un illecito che incide sulla legittimità amministrativa della procedura, ma non turba l’effettivo confronto competitivo tra coloro che sono stati ammessi.

La conferma del reato di falso

Se da un lato la Cassazione ha escluso il reato di turbata libertà degli incanti, dall’altro ha confermato la responsabilità del legale rappresentante della cooperativa per il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.). La presentazione di una dichiarazione sostitutiva e di un curriculum contenenti dati non veritieri a una Pubblica Amministrazione integra pienamente questa fattispecie di reato.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un proprio orientamento consolidato. Il bene giuridico tutelato dall’art. 353 c.p. è la libera ed effettiva concorrenza nel corso della gara. Le condotte che si esauriscono nella fase di ammissione, pur se fraudolente, non sono di per sé idonee a esporre a pericolo questo bene. Esse possono costituire altre figure di reato, come in questo caso il falso, che sono punite autonomamente per la lesione di interessi diversi (la fede pubblica e la veridicità degli atti destinati alla P.A.). L’annullamento della condanna per il reato più grave ha comportato la necessità di un nuovo giudizio d’appello per rideterminare la pena relativa al solo reato di falso residuo.

Le conclusioni

Questa sentenza offre un importante chiarimento sui confini applicativi del reato di turbata libertà degli incanti. Stabilisce che non ogni irregolarità o falsità commessa nell’ambito di una gara pubblica integra automaticamente tale delitto. È necessario che la condotta fraudolenta sia specificamente diretta a incidere sul meccanismo della competizione, alterando il libero confronto tra i concorrenti. La decisione riafferma il principio di tassatività della legge penale, evitando un’applicazione eccessivamente estensiva della norma a situazioni che, pur illecite, trovano la loro corretta sanzione in altre disposizioni dell’ordinamento.

Presentare un curriculum falso per partecipare a una gara pubblica costituisce il reato di turbata libertà degli incanti?
No. Secondo la sentenza in esame, questa condotta non integra il reato di turbata libertà degli incanti previsto dall’art. 353 del codice penale, in quanto si tratta di un atto preparatorio finalizzato a ottenere l’ammissione alla gara, e non a turbarne lo svolgimento competitivo.

Perché la presentazione di documenti falsi per essere ammessi a una gara non è considerata turbata libertà degli incanti?
La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di turbata libertà degli incanti tutela il corretto e libero svolgimento della competizione tra i concorrenti. La presentazione di documenti falsi per soddisfare i requisiti di partecipazione è una condotta che avviene prima della gara vera e propria e non interferisce con il confronto tra le offerte dei partecipanti legittimamente ammessi.

Chi presenta documenti falsi per partecipare a un appalto resta impunito?
No. Sebbene venga escluso il reato di turbata libertà degli incanti, chi presenta dichiarazioni o documenti falsi a una Pubblica Amministrazione è comunque responsabile per altri reati, come la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 del codice penale), come confermato nella stessa sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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