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Truffa telematica: quando scatta l’aggravante?

La Corte di Cassazione conferma una condanna per truffa aggravata, chiarendo i contorni della nuova aggravante di truffa telematica. La sentenza stabilisce che le trattative condotte interamente a distanza, utilizzando false generalità per impedire l’identificazione, integrano l’aggravante, anche alla luce delle recenti modifiche legislative. La Corte rigetta anche il motivo di ricorso relativo alla richiesta di una perizia grafica su una copia di un contratto, ritenendola inammissibile.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa telematica: la Cassazione delinea i confini dell’aggravante

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di truffa telematica, offrendo importanti chiarimenti sull’applicazione dell’aggravante della minorata difesa, recentemente codificata dal legislatore. La decisione conferma la condanna di un’imputata per aver commesso una frode interamente a distanza, sfruttando l’anonimato garantito dagli strumenti telematici per ingannare la vittima.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per truffa aggravata emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. L’imputata era stata giudicata colpevole di aver indotto in errore una persona offesa nell’ambito di una trattativa per una locazione, iniziata tramite un annuncio su un social network. L’intera interazione era avvenuta a distanza, mediante contatti telefonici e messaggistica istantanea. La colpevole era stata condannata alla pena di un anno di reclusione e 400,00 euro di multa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso alla Corte Suprema di Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione e travisamento della prova: La difesa lamentava il rigetto, da parte della Corte d’Appello, della richiesta di una perizia grafica sulla firma apposta a un contratto di attivazione di un’utenza telefonica utilizzata per la frode. Si sosteneva che la firma fosse palesemente diversa da quella dell’imputata e che i giudici avessero errato nel non disporre l’accertamento tecnico.
2. Errata applicazione dell’aggravante: Si contestava la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.), sostenendo che la giurisprudenza la riconosce solo quando le trattative avvengono interamente per via telematica, mentre nel caso di specie erano stati utilizzati contatti telefonici e messaggistica con numeri visibili.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla truffa telematica

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, confermando la condanna.

Sul primo punto, relativo alla perizia grafica, i giudici hanno dichiarato il motivo inammissibile. La Corte d’Appello aveva correttamente motivato il proprio diniego, sottolineando come la firma fosse riconducibile all’imputata sulla base del confronto con altri documenti autentici presenti agli atti. Inoltre, una perizia su una fotocopia sarebbe stata inutile, non potendo valutare elementi cruciali come la pressione esercitata sul foglio. Infine, la difesa non aveva fornito alcuna prova di un’eventuale sottrazione del documento d’identità dell’imputata, tesi necessaria a sostenere l’ipotesi di un furto d’identità.

Sul secondo e più rilevante motivo, quello concernente la truffa telematica, la Corte ha ritenuto l’argomentazione della difesa infondata. I giudici hanno colto l’occasione per richiamare la recente Legge 90/2024, che ha introdotto l’art. 640, comma 2-ter, nel codice penale. Questa nuova norma istituisce una specifica aggravante per la cosiddetta ‘truffa telematica’, che ricorre quando “il fatto è commesso a distanza attraverso strumenti informatici o telematici, idonei ad ostacolare la propria o l’altrui individuazione”.

La Corte ha specificato che questa novità legislativa recepisce l’orientamento giurisprudenziale consolidato che già riconosceva l’aggravante della minorata difesa in casi simili. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato come l’intera trattativa, nata da un annuncio su Facebook, si fosse svolta a distanza, con l’imputata che aveva utilizzato false generalità. Questo modus operandi aveva reso impossibile per la vittima identificare il proprio interlocutore, creando una radicale sperequazione tra le parti e permettendo all’agente di approfittare delle modalità negoziali per fini di lucro. Pertanto, l’aggravante era pienamente sussistente.

La Corte ha anche affrontato la questione della successione di leggi in merito alla procedibilità. La nuova norma rende la truffa telematica procedibile a querela, mentre prima era procedibile d’ufficio. Applicando il principio del favor rei, il giudice deve verificare la presenza della querela anche per i reati commessi prima della modifica. Nel caso in esame, la Corte ha accertato che la persona offesa aveva regolarmente sporto denuncia con espressa istanza di punizione, rendendo così l’azione penale pienamente legittima.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale nella lotta alle frodi online: l’utilizzo di strumenti telematici per commettere una truffa, nascondendo la propria identità e approfittando della distanza, costituisce un’aggravante specifica. La decisione consolida l’orientamento giurisprudenziale e lo allinea alla nuova normativa sulla truffa telematica, confermando che la difficoltà per la vittima di identificare il truffatore è un elemento chiave che giustifica un trattamento sanzionatorio più severo. La reiezione del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali sanciscono la piena colpevolezza dell’imputata.

Quando si configura l’aggravante di truffa telematica?
Secondo la sentenza, l’aggravante si configura quando il fatto è commesso a distanza tramite strumenti informatici o telematici che sono idonei a ostacolare l’identificazione del colpevole. Nel caso specifico, la trattativa avvenuta interamente a distanza tramite un annuncio su social network, con l’uso di false generalità, è stata ritenuta sufficiente per integrare tale aggravante.

È possibile richiedere una perizia grafica sulla fotocopia di un documento?
La Corte ha ritenuto inammissibile tale richiesta. Una perizia condotta su una copia non sarebbe praticabile in quanto non permetterebbe di valutare elementi significativi come la pressione esercitata sul foglio al momento della scrittura, rendendo l’accertamento inefficace.

Cosa succede se una legge cambia il regime di procedibilità di un reato (da d’ufficio a querela) durante un processo?
In base al principio del favor rei (applicazione della norma più favorevole all’imputato), il giudice deve applicare il nuovo regime più favorevole. Pertanto, anche per i reati commessi prima della modifica, deve accertare l’esistenza della querela della persona offesa. Se la querela è presente, come nel caso di specie, il processo può proseguire legittimamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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