Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5874 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5874 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SENSALE NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/06/2023 della CORTE di APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La Corte di appello di Milano, decidendo con il rito cartolare, confermava la condanna di NOME COGNOME alla pena di mesi quattro di reclusione per avere consumato una truffa telematica, offrendo in vendita delle cuffie wireless al prezzo di centosette euro e facendosi pagare il corrispettivo senza inviare il bene compravenduto. Non veniva concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena,
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge: il decreto di citazione a giudizio sarebbe nullo in quanto stesso non conteneva gli avvertimenti previsti dall’art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020 137 convertito nella I. 18 dicembre 2020 n. 176, che avrebbe indotto in errore il ricorrente circa le modalità di svolgimento di svolgimento del processo in appello ed avrebbe leso le prerogative difensive.
2.1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Il collegio riafferma che la mancata indicazione, nel decreto di citazione per il giudiz di appello, della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da COVID-19 di cui all’art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, prorogata dall’art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, non comporta la nullità dell’atto, stante il carattere tassativo di tale patologia processua dovendosi ritenere ininfluente che il ricorrente ed il suo difensore non fossero a conoscenza della norma di legge, secondo il principio generale di cui all’art. 5 del codice penale che applica anche in materia processuale (Sez. 2, n. 23587 del 01/03/2023, COGNOME, Rv. 284658 – 0; Sez. 5, n. 33269 del 01/06/2023, COGNOME, Rv. 285011 – 01).
2.2. Violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine all conferma di responsabilità: questa sarebbe stata fondata su un compendio probatorio insufficiente, senza considerare che la carta sulla quale erano confluiti i denari potev essere stata utilizzata da altri e senza dimostrare la sussistenza degli “artifici e ragg e dell’elemento soggettivo.
2.2.1. Il motivo non supera la soglia di ammissibilità in quanto reitera le censure d “merito” avanzate con la prima impugnazione, senza confrontarsi con la motivazione offerta dalla Corte territoriale per confermare la responsabilità.
La Corte di appello riteneva che la tesi alternativa proposta dalla difesa – ovvero che la carta fosse utilizzata “da altri” – non era plausibile tenuto conto delle circostanze de condotta caratterizzata dall’invio, tramite whatsapp, delle generalità del ricorrente, del suo codice fiscale e del numero di carta su cui effettuare il versamento; quanto agli “artifi e raggiri”, gli stessi risultavano integrati, come ritenuto dal primo giudice, dai numero messaggi rassicurativi inviati dal ricorrente all’offeso, sia mediante whatsapp, sia per telefono.
La motivazione contestata non si presta, dunque, ad alcuna censura.
2.3. Violazione di legge (art. 163 e ss. cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine all mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena:la
motivazione sarebbe carente, dato che non sarebbe stata considerata l’incensuratezza dell’imputato all’epoca della sentenza di primo grado.
2.3.1. Contrariamente a quanto dedotto la motivazione sul punto contestato non si presta ad alcuna censura in quanto il beneficio invocato non veniva concesso in ragione sia del fatto che era emerso che il ricorrente aveva attivato ben nove carte postepay (alcune delle quali estinte), sia del fatto che, sebbene all’epoca della pronuncia dell sentenza di primo grado lo stesso fosse incensurato, le modalità della condotta e la predisposizione di strumenti per la reiterazione della truffa erano incompatibili con l concessione dei benefici richiesti (pag. 4 della sentenza impugnata).
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 9 gennaio 2024.