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Truffa Superbonus: quando si consuma il reato?

La Corte di Cassazione esamina il ricorso di un’imputata contro una misura cautelare per associazione a delinquere, truffa superbonus e autoriciclaggio. La Corte rigetta il ricorso, stabilendo un principio chiave: la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche si consuma nel momento stesso in cui viene creato il credito d’imposta fittizio attraverso l’opzione di cessione, senza che sia necessario il suo effettivo utilizzo in compensazione. Questa decisione chiarisce il momento consumativo del reato, con importanti implicazioni per l’accertamento delle responsabilità.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Superbonus: quando si consuma il reato? La Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45868 del 2024, ha affrontato un caso complesso relativo a una truffa superbonus, fornendo un chiarimento fondamentale sul momento esatto in cui questo tipo di reato si considera consumato. La decisione ha importanti implicazioni pratiche per la gestione dei procedimenti penali legati alle frodi sui crediti d’imposta, un tema di grande attualità. Analizziamo i dettagli della vicenda e i principi di diritto stabiliti dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’ordinanza di un Tribunale che confermava una misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di una persona. L’indagata era accusata di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di diversi reati, tra cui truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (legata ai bonus edilizi), falso, indebita compensazione di crediti fiscali inesistenti e autoriciclaggio.

La difesa dell’indagata ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la validità dell’ordinanza cautelare per diverse ragioni, sia di carattere procedurale che sostanziale. In particolare, si sosteneva che l’ordinanza mancasse di un’autonoma valutazione degli indizi e delle esigenze cautelari specifiche per la sua posizione e che i reati contestati non fossero effettivamente consumati.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La ricorrente ha basato il suo appello su sei motivi principali. I più rilevanti riguardavano:

1. Nullità dell’ordinanza cautelare: La difesa lamentava una carenza di motivazione personalizzata, sostenendo che il giudice si fosse limitato a formule generiche senza analizzare gli indizi specifici a carico dell’indagata, sia per il reato associativo che per i singoli reati-fine.
2. Insussistenza della truffa: Secondo la tesi difensiva, il reato di truffa aggravata non si era consumato. Poiché i crediti d’imposta fittizi generati non erano stati monetizzati né utilizzati in compensazione per pagare tasse, mancava l’elemento del danno patrimoniale concreto per lo Stato.
3. Insussistenza dell’autoriciclaggio: Di conseguenza, se la truffa (reato presupposto) non si era consumata, non poteva nemmeno esistere il reato di autoriciclaggio, che richiede l’impiego di proventi derivanti da un delitto già perfezionato.

La Decisione della Corte sulla Truffa Superbonus

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la validità della misura cautelare. La parte più significativa della sentenza riguarda la definizione del momento consumativo della truffa superbonus.

I giudici hanno stabilito che, nel contesto delle frodi sui bonus edilizi, il reato di truffa aggravata ai sensi dell’art. 640-bis c.p. si consuma già con la creazione del credito fittizio mediante l’esercizio dell’opzione di cessione a terzi, come previsto dall’art. 121 del D.L. 34/2020. Non è necessario, quindi, attendere che il credito venga effettivamente utilizzato in compensazione dal cessionario o monetizzato. La creazione di un credito inesistente nei confronti dello Stato costituisce di per sé sia il profitto ingiusto per l’agente che il correlativo danno per l’erario, poiché lo Stato si trova gravato da un’obbligazione giuridicamente inesistente ma formalmente valida.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base della specifica natura dei crediti d’imposta del “superbonus”. Con l’esercizio dell’opzione di cessione, l’agente crea un debito in capo allo Stato che è immediatamente utilizzabile da terzi cessionari, spesso in buona fede. Questo atto genera un danno patrimoniale per lo Stato, che consiste nello sviamento dei fondi pubblici dalla loro corretta destinazione. L’evento-danno non è la mera riduzione del patrimonio pubblico, ma l’erogazione o la concessione di un beneficio a chi non ne ha diritto.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il reato di truffa fosse già perfezionato al momento della creazione e cessione dei crediti fittizi. Questo ha reso infondata anche la doglianza relativa all’autoriciclaggio, poiché il reato presupposto (la truffa) era da considerarsi consumato, rendendo possibile il reimpiego dei suoi proventi illeciti.

Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, la Corte ha ritenuto che l’ordinanza cautelare, sebbene sintetica in alcuni passaggi, contenesse una valutazione sufficiente degli elementi a carico dell’indagata, soprattutto in un contesto di reati “seriali” e complessi dove le posizioni degli indagati sono spesso analoghe. Il Tribunale del Riesame ha, inoltre, il potere di integrare la motivazione del primo giudice, come avvenuto nel caso di specie.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 45868/2024 della Corte di Cassazione stabilisce un principio di diritto cruciale per i processi relativi alla truffa superbonus: il delitto si consuma con la mera creazione del credito d’imposta fittizio e la sua iscrizione sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate tramite l’opzione di cessione. Non è richiesto il successivo utilizzo del credito. Questa interpretazione ha l’effetto di anticipare la soglia di punibilità, consentendo alle autorità di intervenire tempestivamente e facilitando la configurazione di reati collegati come l’autoriciclaggio. La decisione conferma la linea dura della giurisprudenza nel contrastare le frodi che minano le finanze pubbliche.

Quando si considera consumato il reato di truffa superbonus?
Secondo la Corte di Cassazione, il reato si consuma nel momento in cui viene generato il credito d’imposta fittizio attraverso l’esercizio dell’opzione per la cessione a terzi, poiché questo atto crea già un debito inesistente per lo Stato e un ingiusto profitto per chi agisce.

Perché il danno per lo Stato esiste anche se il credito fittizio non viene utilizzato?
Il danno non consiste solo nella perdita economica derivante dalla compensazione, ma nello sviamento di fondi pubblici dalla loro corretta destinazione. La creazione di un’obbligazione fittizia a carico dello Stato è di per sé un danno patrimoniale, in quanto altera la corretta gestione delle risorse pubbliche.

È possibile contestare il reato di autoriciclaggio se il credito della truffa superbonus non è stato monetizzato?
Sì. Poiché la truffa (reato presupposto) si consuma con la creazione del credito fittizio, la successiva cessione di tale credito a terzi può integrare il reato di autoriciclaggio, in quanto costituisce un’operazione volta a ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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