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Truffa reddito di cittadinanza: errore non scusabile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per truffa reddito di cittadinanza. La sentenza chiarisce che una dichiarazione falsa per ottenere il beneficio configura il reato di truffa aggravata e che l’errore sulla comprensione della legge non è scusabile, data la chiarezza delle norme. L’abolizione successiva del beneficio è irrilevante per i reati commessi in precedenza.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Conferma la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8948 del 2024, ha affrontato un caso di truffa reddito di cittadinanza, confermando la condanna per un cittadino che aveva ottenuto indebitamente il beneficio attraverso una falsa dichiarazione. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato e sull’impossibilità di invocare un errore scusabile quando la normativa è chiara e inequivocabile.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione Falsa per il Beneficio

Il caso riguarda un cittadino condannato in primo grado e in appello per il reato di truffa aggravata. Nello specifico, l’imputato aveva richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza dichiarando, contrariamente al vero, di non essere sottoposto a misure cautelari personali. Tale dichiarazione mendace gli aveva permesso di percepire indebitamente il beneficio economico, causando un danno all’ente pubblico erogatore.

La Corte di Appello di Genova aveva confermato la sentenza di primo grado, che riconosceva l’imputato colpevole del reato, condannandolo alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 300 euro di multa, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata.

L’Appello e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi di doglianza.

L’Errore Scusabile sulla Legge

Il primo motivo verteva sulla presunta scusabilità dell’errore sulla legge penale. La difesa sosteneva che una modifica normativa, intervenuta pochi giorni prima della presentazione della domanda, avesse reso la disciplina poco chiara, inducendo l’imputato in errore. Inoltre, si evidenziava come l’imminente abrogazione del reddito di cittadinanza (a partire dal 1° gennaio 2024) avrebbe reso il comportamento non più illecito, chiedendo di tenerne conto.

La Qualificazione Giuridica del Fatto

In secondo luogo, la difesa contestava la qualificazione del reato come truffa. Si argomentava che il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato in un’altra fattispecie penale (art. 316-ter c.p.), poiché, secondo la prassi, i controlli sui requisiti vengono effettuati solo dopo l’erogazione del contributo, che avviene in modo quasi automatico a seguito della domanda.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Truffa Reddito di Cittadinanza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambe le censure manifestamente infondate e confermando, di fatto, la condanna per truffa reddito di cittadinanza.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive con motivazioni precise e rigorose.

Chiarezza della Norma e Irrilevanza dell’Errore

In merito al presunto errore scusabile, i giudici hanno osservato che la normativa sul reddito di cittadinanza era formulata in termini chiari e inequivocabili, tanto da essere stata oggetto di questioni di legittimità costituzionale proprio per la sua specificità. Non vi era, quindi, alcuna ambiguità che potesse giustificare un errore da parte del cittadino. La Corte ha inoltre sottolineato che l’imputato non si era mai presentato in giudizio per fornire la propria versione dei fatti e spiegare le ragioni della sua presunta errata interpretazione.

Per quanto riguarda la futura abrogazione del beneficio, la Cassazione ha chiarito che tale circostanza è del tutto irrilevante. Le norme penali in vigore al momento della commissione del fatto continuano ad applicarsi, come peraltro espressamente previsto dalla legge che ha introdotto il nuovo “assegno di inclusione”.

Corretta Qualificazione del Reato come Truffa

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha spiegato che la normativa sul reddito di cittadinanza prevede specifiche verifiche sulla sussistenza dei requisiti. Di conseguenza, la presentazione di una dichiarazione falsa non è una mera omissione, ma integra un vero e proprio raggiro, ovvero un’azione fraudolenta finalizzata a indurre in errore l’ente pubblico. Questo comportamento perfeziona pienamente la fattispecie della truffa aggravata ai danni dello Stato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: la chiarezza della legge non ammette ignoranza né interpretazioni di comodo. Chi presenta una dichiarazione falsa per ottenere un beneficio pubblico, come il reddito di cittadinanza, commette il reato di truffa aggravata. La successiva evoluzione legislativa non ha alcun effetto sanante sui reati già commessi. La decisione della Cassazione serve da monito sulla necessità di diligenza e veridicità nelle dichiarazioni rese alla pubblica amministrazione, confermando la piena punibilità di chi agisce in modo fraudolento per procurarsi un ingiusto profitto.

Dichiarare il falso per ottenere il reddito di cittadinanza è sempre reato di truffa?
Sì. Secondo la Corte, poiché la normativa sul Reddito di cittadinanza prevede verifiche sulla sussistenza dei requisiti, presentare una falsa dichiarazione integra il raggiro necessario a perfezionare la fattispecie della truffa aggravata.

Un errore nell’interpretare la legge può giustificare l’aver percepito indebitamente il beneficio?
No. La sentenza stabilisce che se la norma è formulata in termini chiari, come nel caso dei requisiti per il reddito di cittadinanza, l’errore sulla legge non è scusabile e non esclude la punibilità del reato.

L’abolizione del reddito di cittadinanza cancella i reati commessi in precedenza?
No. La Corte ha chiarito che l’abolizione del beneficio non ha effetto retroattivo. I fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 restano punibili secondo le disposizioni di legge vigenti al momento della loro commissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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