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Truffa pluriaggravata: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa pluriaggravata. L’uomo aveva ingannato una donna facendole credere di versare contributi per la sua pensione, fornendole modelli di pagamento falsi. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso generici e una mera ripetizione di censure già respinte in appello, confermando la sussistenza del reato e dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità, valutato in relazione alle condizioni economiche disagiate della vittima.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa pluriaggravata: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso e sulla valutazione del reato di truffa pluriaggravata. Il caso riguarda un uomo condannato per aver ingannato una lavoratrice, promettendole di regolarizzare la sua posizione contributiva per l’accesso alla cosiddetta “pensione donna”, ottenendo così ingenti somme di denaro. Analizziamo la decisione per comprendere i principi giuridici applicati.

I Fatti di Causa: La Truffa della “Pensione Donna”

L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa pluriaggravata. Secondo l’accusa, aveva convinto la persona offesa a consegnargli, in più occasioni, somme di denaro. L’uomo le aveva fatto credere che tali importi sarebbero stati versati all’ente previdenziale per riscattare i contributi necessari a ottenere la pensione. Per rendere credibile l’inganno, le aveva anche consegnato dei modelli F24 contraffatti che attestavano falsamente l’avvenuto pagamento.

Le indagini, supportate dalla testimonianza del direttore della sede locale dell’ente previdenziale, avevano invece dimostrato che i modelli di pagamento erano falsi e che gli ultimi versamenti a nome della vittima risalivano a diversi anni prima, svelando così la frode.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Dopo la condanna della Corte d’Appello, che aveva parzialmente riformato la prima sentenza escludendo un’aggravante ma confermando la colpevolezza e rideterminando la pena, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso si basavano principalmente su due punti:

1. Vizio di motivazione e violazione di legge: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse valutato correttamente le prove, in particolare le dichiarazioni del direttore dell’ente previdenziale, e avesse motivato in modo insufficiente la colpevolezza dell’imputato.
2. Erronea applicazione dell’aggravante del danno patrimoniale: Si contestava la sussistenza della circostanza aggravante del danno di rilevante entità, sostenendo che la Corte non avesse adeguatamente motivato la sua decisione sulla base di parametri oggettivi e soggettivi.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Truffa Pluriaggravata

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, confermando di fatto la condanna. Le motivazioni della Corte sono state chiare e rigorose.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico e reiterativo. I giudici hanno sottolineato che l’imputato non aveva specificato quali censure sollevate in appello non fossero state esaminate, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte. La Corte ha ribadito che il ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione dei motivi d’appello, ma deve confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, coerente e giuridicamente corretta, basata su prove inequivocabili come gli accertamenti dell’anagrafe tributaria e la testimonianza che confermava la falsità dei modelli F24.

In secondo luogo, riguardo all’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità (pari a 16.000 euro), la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello pienamente adeguata. I giudici di merito avevano correttamente considerato non solo il valore oggettivo della somma sottratta, ma anche le condizioni economiche disagiate della persona offesa, una lavoratrice dipendente con la qualifica di bracciante agricola. Questo approccio, che valuta l’impatto del danno in relazione alla situazione patrimoniale della vittima, è stato ritenuto immune da vizi.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi giuridici. Primo, un ricorso per Cassazione deve essere specifico e puntuale, non una mera riproposizione di doglianze già esaminate. La genericità e la mancanza di un reale confronto con la sentenza impugnata portano inevitabilmente all’inammissibilità. Secondo, la valutazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità in una truffa pluriaggravata non si limita al solo importo numerico, ma deve tenere conto delle condizioni soggettive della vittima. Un danno che potrebbe essere modesto per una persona facoltosa può essere devastante per chi vive in condizioni economiche precarie, giustificando così un aggravamento della pena.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e reiterativo. Non specificava quali argomentazioni non fossero state considerate dalla Corte d’Appello e si limitava a riproporre le stesse censure già respinte, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

In cosa consisteva la truffa pluriaggravata contestata?
La truffa consisteva nell’aver indotto in errore la persona offesa, mediante artifici e raggiri, facendole credere che le somme di denaro consegnate sarebbero servite a pagare i contributi previdenziali per ottenere la pensione. La frode era supportata dalla consegna di modelli di pagamento F24 falsi. L’aggravante era costituita dal danno patrimoniale di rilevante entità.

Come è stata giustificata l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità?
L’aggravante è stata giustificata non solo sulla base dell’importo oggettivo del danno (16.000 euro), ma anche considerando le condizioni economiche disagiate della vittima, una lavoratrice dipendente con la qualifica di bracciante agricola. La Corte ha ritenuto che l’impatto del danno dovesse essere valutato in relazione alla situazione patrimoniale della persona offesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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