Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5875 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5875 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ATRIPALDA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte di appello di Napoli confermava la condanna di NOME COGNOME per il reato di truffa consumata ponendo in vendita un computer sulla piattaforma “Subito.it” e ricevendo il prezzo (duecentonovanta euro) senza adempiere all’obbligo di consegna.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 640 cod. pen.): la condotta contestata non integrerebbe un reato, ma un inadempimento civilistico;
2.1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Come rilevato dalla Corte di merito, alla GLYPH proposta di vendita su piattaforma “Subito.it” si è infatti aggiunta la rassicurazione rivolta dal ricorrente alla persona offes spedire il bene non appena avesse ricevuto il pagamento, il che integra – come correttamente ritenuto dalla Corte – il “raggiro” necessario per integrare la truffa (pag. della sentenza impugnata). A ciò si aggiunge che – come rilevato dal primo giudice- il COGNOME si era reso irreperibile telefonicamente confermando, seppure con una condotta successiva alla consumazione del reato la sua volontà fraudolenta.
2.2.Violazione di legge (art. 62, n. 4) cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine mancato riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4) cod. pen.: la Corte non avrebbe valutato la lieve entità del danno inflitto;
2.2.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto dedotto, ed in coerenza con la giurisprudenza di legittimità, la Corte territoriale rilevava che la condotta del ricorrente, che aveva lucrato la somma di duecentonovanta euro con pari danno dell’offeso, non poteva ritenersi produttiva di un danno di “lieve entità”. Si tratta di una valutazione di merito, non irrazionale in quan fondata su diffuse massime di esperienza, che non si presta a censure o rivalutazioni in questa sede.
2.3. Violazione di legge (art. 99, comma 4 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine all’applicazione della recidiva reiterata: questa non sussisterebbe tenuto conto che il giudice della cognizione aveva ritenuto sussistente la continuazione tra le condotte oggetto delle precedenti condanne del COGNOME, sicché doveva ritenersi che il fatto per cui si procede potesse essere valutato solo ai fini dell’applicazione della recidiva “semplice” e non, come avvenuto, di quella “reiterata”.
2.3.1. Il motivo non è consentito in quanto proposto per la prima volta in sede di legittimità con insanabile interruzione della catena devolutiva e violazione dell’art. 60 comma 3 cod. proc. pen..
Sul punto il collegio ribadisce che la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle ch sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di
secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (tra le altre: Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Bonaffini Rv. 256631).
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il giorno 9 gennaio 2024
L’estensore GLYPH
Il President