Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17087 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17087 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 25/06/1980
avverso la sentenza del 12/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
rilevato preliminarmente che la persona offesa ha sporto querela per i fatti denunziati;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge, vizio di motivazione e mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in relazione all’affermazione di responsabilitàlglél reato di cui all’art. 640, secondo comma, n.2-bis, cod. pen., è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale ritenuto l’odierno ricorrente autore del delitto ascrittogli sulla base una congrua motivazione, con cui si è fatta corretta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (si veda pag. 5 della impugnata sentenza);
che, infatti, a tal proposito deve sottolinearsi che «Integra il delitto di truff contrattuale, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., la condotta di messa in vendita di un bene su un sito internet accompagnata dalla sua mancata consegna all’acquirente dopo il pagamento del prezzo, posta in essere da parte di chi falsamente si presenti come alienante, ma abbia il solo proposito di indurre la controparte a versare una somma di denaro e di conseguire, quindi, un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rv. 278231-01). L’incameramento del profitto, confluito su una carta intestata al ricorrente costituisce, pertanto, un elemento di decisiva rilevanza al fine della responsabilità del beneficiario per il delitto di truffa, trattandosi strumento i cui estremi identificativi furono comunicati all’acquirente per il pagamento del prezzo al momento della vendita» (così: Sez. 7, ord. n. 24562 del 18/4/2023, Montebello, non massimata) e per la cui attivazione era stata presentata la sua carta di identità, di cui non era mai stato denunciato lo smarrimento o il furto;
osservato che il secondo motivo, che genericamente evoca presunte carenze motivazionali in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo e al diniego delle attenuanti generiche, non è formulato in termini consentiti in questa sede, connotandosi per indeterminatezza, perché privo dei requisiti prescritti dall’ art. 581, comma 1, cod. proc. pen., in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta (da pag. 4 a pag. 6) non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
esaminato cde il terzo motivo di ricorso, relativo al vizio di motivazione in lk-r.,D ordine all’omessa applicazione dell’art.131-bis cod. pen.’, — “ve manifestamente infondato, avendo i giudici di merito, sottolineando la completa aspecificità della relativa doglianza di appello, correttamente ritenuto non sussistenti i presupposti
per l’operatività della suddetta causa di non punibilità, tenuto conto del comportamento abituale dell’odierno ricorrente, autore di numerosi precedenti
illeciti della stessa natura di quello per cui si procede (pag. 5 della impugnata sentenza);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 18 marzo 2025.