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Truffa online: responsabilità per mancata consegna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa online a carico di un soggetto che, dopo aver messo in vendita un bene su internet e aver incassato il prezzo su una carta a lui intestata, non ha mai consegnato la merce all’acquirente. Il ricorso è stato dichiarato manifestamente infondato, poiché l’accredito del denaro su uno strumento di pagamento riconducibile direttamente all’imputato è stato ritenuto un elemento decisivo per affermarne la colpevolezza.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa online: quando la mancata consegna fa scattare il reato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sul tema della truffa online, un fenomeno purtroppo sempre più diffuso. La decisione conferma un principio consolidato: chi vende un bene su internet, incassa il denaro ma non spedisce la merce commette il reato di truffa contrattuale. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un uomo condannato per truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale. L’imputato aveva messo in vendita un bene su un sito internet, inducendo un acquirente a versare una somma di denaro come prezzo per l’acquisto. Tuttavia, dopo aver ricevuto il pagamento su una carta a lui intestata, non ha mai provveduto alla consegna del prodotto.

Contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità.
2. Una critica generica sulla sussistenza dell’intenzione di truffare (elemento soggettivo) e sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
3. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.

La Decisione della Corte sulla truffa online

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le doglianze dell’imputato. Secondo i giudici, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi giuridici consolidati in materia.

Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Suprema Corte ha ribadito che integra il delitto di truffa online la condotta di chi mette in vendita un bene, si fa pagare il prezzo e poi non consegna la merce. L’elemento che si è rivelato decisivo è stato l’incameramento del profitto illecito: il denaro era confluito su una carta prepagata intestata proprio all’imputato. Questa carta era stata attivata presentando la sua carta d’identità, della quale non era mai stato denunciato lo smarrimento o il furto. Questo dettaglio, secondo la Corte, costituisce un elemento di decisiva rilevanza per attribuire la responsabilità penale del fatto.

Per quanto riguarda gli altri due motivi, la Cassazione li ha ritenuti inammissibili per la loro genericità. Il secondo motivo non specificava quali fossero gli errori logici nella motivazione della sentenza impugnata, mentre il terzo non argomentava in modo specifico perché si dovesse applicare la causa di non punibilità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una giurisprudenza ormai pacifica. La condotta fraudolenta non risiede solo nella mancata consegna, ma nell’intero comportamento dell’agente, che fin dall’inizio si presenta falsamente come un venditore affidabile con l’unico scopo di indurre la controparte a versare una somma di denaro. L’accredito del profitto su uno strumento di pagamento direttamente riconducibile all’imputato (come una carta prepagata attivata con i propri documenti) è considerato una prova schiacciante della sua responsabilità.

La Corte sottolinea che l’onere della prova, in sede di impugnazione, è a carico del ricorrente. Non è sufficiente contestare genericamente la decisione dei giudici di merito, ma è necessario indicare con precisione gli elementi che si ritengono erroneamente valutati e le ragioni giuridiche a sostegno della propria tesi. In questo caso, il ricorrente non ha fornito argomentazioni specifiche e pertinenti, limitandosi a una critica vaga e indeterminata, rendendo così il suo ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela degli acquirenti nelle transazioni online e lancia un chiaro monito a chi tenta di utilizzare il web per commettere illeciti. La decisione chiarisce che la tracciabilità dei pagamenti digitali, in particolare l’accredito su carte intestate, costituisce un elemento probatorio fondamentale per inchiodare i responsabili di truffa online. Per i cittadini, rimane essenziale prestare attenzione durante gli acquisti online, ma questa pronuncia conferma che gli strumenti legali per perseguire i truffatori esistono e sono efficaci, a patto che gli elementi di prova, come la riconducibilità del pagamento, siano chiari e inequivocabili.

Quando la mancata consegna di un bene venduto online configura una truffa?
Secondo la Corte, si configura il reato di truffa contrattuale quando la messa in vendita è accompagnata dalla mancata consegna dopo il pagamento, e chi vende si presenta falsamente come alienante con il solo proposito di indurre la controparte a versare denaro per conseguire un profitto ingiusto.

Avere il denaro accreditato sulla propria carta è una prova sufficiente per essere condannati per truffa?
Sì. La sentenza stabilisce che l’incameramento del profitto su una carta intestata al ricorrente, i cui estremi sono stati comunicati all’acquirente per il pagamento, è un elemento di decisiva rilevanza per affermare la responsabilità penale, soprattutto se la carta è stata attivata con documenti personali mai denunciati come smarriti.

Perché il ricorso dell’imputato è stato respinto come manifestamente infondato?
Il ricorso è stato respinto perché i motivi erano considerati infondati o generici. Il primo motivo si scontrava con principi giurisprudenziali consolidati, mentre il secondo e il terzo erano formulati in modo indeterminato, non indicando specificamente gli errori della sentenza impugnata e non rispettando i requisiti di legge per l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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