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Truffa online: responsabilità del titolare della carta

Analisi di una sentenza sulla truffa online: la Cassazione annulla l’assoluzione dell’imputato, titolare della carta prepagata usata per ricevere il pagamento, ritenendo la sua titolarità un dato cruciale per provare il concorso nel reato, nonostante le trattative fossero state condotte da un’altra persona.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa online: la titolarità della carta prepagata è prova di complicità?

La crescente diffusione degli acquisti online ha purtroppo portato a un aumento esponenziale delle truffe. Un caso recente esaminato dalla Corte di Cassazione affronta una questione cruciale nella repressione della truffa online: quale valore probatorio ha la titolarità della carta prepagata su cui viene accreditato il prezzo di un bene mai consegnato? La sentenza chiarisce che ignorare tale elemento può rendere illogica e contraddittoria una sentenza di assoluzione.

I Fatti del Caso: La Vendita Fittizia sul Social Network

Il caso ha origine da una denuncia per truffa. La vittima aveva risposto a un annuncio su un noto social network per l’acquisto di un computer da bicicletta. Dopo aver concluso le trattative con una sedicente venditrice, aveva effettuato il pagamento di 200 euro su una carta prepagata, come indicatole. Tuttavia, il bene non è mai stato spedito né consegnato.

Le indagini successive hanno rivelato che la carta prepagata sulla quale era stato versato il denaro era intestata a un uomo, il quale è stato quindi accusato del reato di truffa.

La Decisione di Primo Grado e l’Assoluzione

Il Tribunale di primo grado aveva assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”. La motivazione si basava sul fatto che tutte le trattative si erano svolte tra la persona offesa e una donna rimasta sconosciuta. Secondo il giudice, non era stata fornita alcuna prova certa del coinvolgimento o del concorso dell’imputato nella condotta truffaldina della donna.

In pratica, il Tribunale ha ritenuto che la sola intestazione della carta non fosse sufficiente a dimostrare la sua partecipazione al reato.

Il Ricorso della Procura e la rilevanza della prova nella truffa online

Il Procuratore Generale ha impugnato la sentenza di assoluzione, presentando ricorso in Cassazione. I motivi del ricorso erano chiari e diretti: il Tribunale aveva commesso un errore di valutazione, ignorando elementi probatori decisivi. Nello specifico, la Procura ha sottolineato che:

1. La carta prepagata era inequivocabilmente intestata all’imputato.
2. A tale carta era associato il suo codice fiscale, comunicato alla vittima per effettuare il pagamento.
3. L’attivazione della carta era avvenuta previa esibizione di un documento d’identità dell’imputato.

Questi elementi, secondo l’accusa, non potevano essere ignorati e costituivano una prova significativa del suo concorso nel reato, anche perché l’imputato non aveva mai denunciato o lamentato un accredito non dovuto sulla sua carta.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno stabilito che il Tribunale di primo grado, nell’escludere la responsabilità dell’imputato, aveva completamente ignorato dati processuali acquisiti e cruciali. La sentenza di assoluzione è stata giudicata contraddittoria proprio perché non ha tenuto in alcun conto la riconducibilità certa e documentata della carta prepagata all’imputato. Ignorare tali elementi, secondo la Corte, rende la motivazione illogica, specialmente nella parte in cui si nega l’esistenza di qualsiasi dato significativo circa il concorso dell’uomo nella perpetrazione del reato. La titolarità e le modalità di attivazione della carta sono, al contrario, elementi di grande peso indiziario.

Le conclusioni

La Corte ha quindi disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Il caso dovrà essere nuovamente giudicato da un altro magistrato del Tribunale, il quale dovrà tenere debito conto degli elementi processuali che il primo giudice aveva trascurato. Questa decisione riafferma un principio fondamentale nella lotta alle truffe online: la titolarità dello strumento finanziario utilizzato per incassare il profitto del reato non è un dettaglio trascurabile, ma un elemento di prova centrale che deve essere attentamente valutato per stabilire la responsabilità penale. Chi mette a disposizione la propria carta prepagata per la realizzazione di una truffa difficilmente potrà sostenere la propria totale estraneità ai fatti.

Essere il titolare della carta prepagata su cui viene versato il prezzo di una truffa online è sufficiente per essere considerati complici?
Secondo la sentenza, la titolarità della carta, il codice fiscale ad essa associato e le modalità di attivazione tramite documento di identità sono elementi processuali di grande importanza che un giudice non può ignorare. Essi costituiscono un dato significativo per dimostrare il concorso nel reato.

Perché il Tribunale di primo grado aveva assolto l’imputato?
Il Tribunale lo aveva assolto perché le trattative di vendita erano state condotte esclusivamente da una donna rimasta sconosciuta, e non era stata raggiunta la prova certa di un coinvolgimento o di un concorso dell’imputato nella condotta di quest’ultima.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione e ha disposto il rinvio del processo a un nuovo giudice di merito. Quest’ultimo dovrà riesaminare il caso tenendo conto di tutti gli elementi processuali, in particolare quelli relativi alla titolarità e all’attivazione della carta prepagata a nome dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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