Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12938 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12938 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SALERNO il 08/12/1985
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
letto considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si censura il mancato rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, è manifestamente infondato in quanto si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità;
che, invero, nel giudizio di appello, ove si proceda con rito cartolare non partecipato, non trova applicazione la previsione dell’art. 420-ter cod. proc. pen. in quanto non è prevista la comparizione personale del difensore e l’esercizio del diritto di difesa è garantito dall’instaurazione del contraddittorio cartolare, sicch l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi di categoria non implica l’obbligo per il giudicante di rinviare il procedimento (cfr. Sez. 6, n. 38270 del 09/07/2024, COGNOME, Rv. 286969 – 01; Sez. 5, n. 26764 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 284786 – 01; Sez. 4, n. 42081 del 28/09/2021, Fiorentino, Rv. 282067 – 01);
ritenuto
che il secondo motivo, con il quale si contesta la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, oltre ad essere privo dei requisiti di specificità previsti, a pe di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., è formulato in termini non consentiti in questa sede;
che le argomentazioni del ricorrente, in fatto, sollecitano giudizi estranei al sindacato di legittimità, in quanto è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti dì prova (cfr., Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217);
che, nella specie, í giudici del merito hanno ampiamente motivato sulle ragioni per le quali alla condotta ascritta al ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, dovesse essere attribuita una rilevanza penale (cfr., in particolare, pagg. 4 e 5 sulla sussistenza degli elementi costitutivi della truffa e, in particolare, sulle false modalità di vendita online, sulla mancata consegna dopo il pagamento del prezzo da parte della p.o. ingannata e sulla successiva irreperibilità del truffatore);
che, in tal modo, i giudici d’appello hanno motivato in ordine alla impossibilità di ricondurre la vicenda ad un mero inadempimento civilistico argomentando sia sulla condotta decettiva che sul dolo iniziale che ha caratterizzato la condotta del ricorrente e che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo – rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 5801 del 8.11.2013, COGNOME; Sez. 2, n. 37859 del 22.9.2010, Bologna); va aggiunto che la prova del dolo “iniziale” non può che provenire ed essere fondata sulla valorizzazione di elementi fattuali che possono essere di più varia indole e che possono attingere la fase antecedente come anche quella successiva al perfezionamento dell’accordo purché tali da rivelare l’iniziale proposito dell’agente (cfr., Sez. 6, n. 16465 del 6.4.2011, NOME COGNOME; Sez. 2, n. 39887 16.6.2015, COGNOME);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 marzo 2025.