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Truffa online: quando è aggravata e procedibile d’ufficio

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa online aggravata nei confronti di un venditore che, dopo aver incassato il pagamento per alcuni cellulari, non li ha mai spediti rendendosi irreperibile. La Corte ha stabilito che la vendita a distanza, impedendo al compratore di verificare il bene, integra l’aggravante della minorata difesa. Questa circostanza rende la truffa online procedibile d’ufficio, rendendo irrilevante l’eventuale ritiro della querela da parte della vittima.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Online Aggravata: Quando la Distanza Rende il Reato Procedibile d’Ufficio

La diffusione del commercio elettronico ha semplificato la vita di molti, ma ha anche aperto la porta a nuove forme di illeciti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione si è occupata di un caso di truffa online, chiarendo importanti principi sulla differenza tra un semplice inadempimento contrattuale e un reato, e soprattutto sulle condizioni che rendono la truffa procedibile d’ufficio, anche se la vittima ritira la querela. La decisione si concentra sull’aggravante della minorata difesa, applicata al contesto delle vendite a distanza.

Il Contesto: Una Compravendita Online Finita Male

I fatti alla base della sentenza sono tristemente comuni. Un soggetto, agendo come venditore professionale, metteva in vendita online alcuni telefoni cellulari a prezzi molto convenienti. Diversi acquirenti, rassicurati dall’apparente professionalità dell’offerta, procedevano al pagamento anticipato. Tuttavia, i beni non venivano mai consegnati. A pagamento ricevuto, il venditore si rendeva irreperibile, ignorando i tentativi di contatto via email e telefono da parte dei compratori. Solo dopo aver appreso dell’apertura di un procedimento penale a suo carico, l’imputato si attivava per risarcire alcuni degli acquirenti, che di conseguenza rimettevano la querela.

Nonostante ciò, il venditore veniva condannato in primo e secondo grado per truffa aggravata dalla minorata difesa.

La Tesi Difensiva e il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. In sintesi, sosteneva che:

1. Si trattava di un mero inadempimento contrattuale e non di una truffa, in quanto mancava il dolo iniziale, cioè l’intenzione di ingannare fin dal principio.
2. Non sussisteva l’aggravante della minorata difesa, poiché la società venditrice era identificabile tramite partita IVA e sede legale.
3. Di conseguenza, data l’assenza di aggravanti, il reato avrebbe dovuto essere procedibile solo a querela di parte. Poiché le querele erano state ritirate, il procedimento si sarebbe dovuto estinguere.

La Decisione della Cassazione sulla Truffa Online

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la condanna. I giudici hanno chiarito punti fondamentali che distinguono la truffa online da una semplice transazione commerciale non andata a buon fine.

Inadempimento Contrattuale vs. Dolo Iniziale

Il primo elemento chiave è il “dolo iniziale”. Secondo la Corte, non si tratta di un semplice inadempimento quando il comportamento del venditore rivela, fin dall’inizio, l’intenzione di non adempiere al contratto. Nel caso di specie, elementi come la vendita a prezzi vantaggiosi, seguita dalla sistematica irreperibilità dopo aver ricevuto il pagamento, sono stati considerati prove sufficienti di un piano fraudolento preordinato a indurre in errore gli acquirenti per ottenere un profitto ingiusto.

L’Aggravante della Minorata Difesa nelle Transazioni a Distanza

Il punto cruciale della sentenza riguarda l’aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.). La difesa sosteneva che non fosse applicabile perché il venditore era formalmente identificabile. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che nelle vendite online la minorata difesa non dipende solo dall’anonimato del venditore, ma dalle condizioni stesse della transazione.

La vendita in un “luogo virtuale” e la distanza fisica tra le parti creano uno squilibrio: l’acquirente paga in anticipo senza poter verificare l’esistenza e la qualità del bene, né l’affidabilità del venditore. È proprio di questa condizione di vulnerabilità che l’autore del reato approfitta. L’impossibilità concreta per l’acquirente di contestare o interloquire efficacemente con il venditore, che si sottrae a ogni contatto, integra pienamente l’aggravante.

La Procedibilità d’Ufficio e l’Irrilevanza della Remissione di Querela

La conseguenza diretta del riconoscimento dell’aggravante della minorata difesa è il cambio del regime di procedibilità. La legge prevede che la truffa aggravata da tale circostanza sia procedibile d’ufficio. Ciò significa che lo Stato persegue il reato indipendentemente dalla volontà della persona offesa. Pertanto, la remissione della querela da parte degli acquirenti risarciti è diventata del tutto irrilevante ai fini della prosecuzione dell’azione penale.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che l’essenza della truffa contrattuale risiede nell’intento ingannatorio che vizia la volontà della controparte fin dalla stipula. La condotta dell’imputato, caratterizzata dalla creazione di un’apparenza di serietà professionale per attrarre clienti e dalla successiva sparizione, non poteva essere interpretata come una semplice difficoltà commerciale, ma come una precisa strategia fraudolenta. L’elemento che distingue la truffa dall’inadempimento civile è proprio questa falsificazione del processo volitivo della vittima. L’aggravante della minorata difesa è stata ritenuta sussistente non per un’astratta difficoltà di identificazione, ma per la concreta situazione di svantaggio in cui si trovava l’acquirente, costretto a fidarsi sulla base di informazioni non verificabili e impossibilitato a esercitare un controllo preventivo sul bene. Il venditore ha sfruttato consapevolmente questo squilibrio di potere intrinseco alla compravendita online per portare a termine il suo piano illecito.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale a tutela dei consumatori nell’era digitale: chi vende online ha precise responsabilità e non può sfruttare la distanza per ingannare gli acquirenti. La decisione chiarisce che la truffa online non è un reato minore e che l’approfittamento della vulnerabilità del compratore la rende un’ipotesi più grave, perseguibile d’ufficio. Per gli acquirenti, è un monito a prestare attenzione, ma anche la conferma che la legge offre strumenti di tutela robusti. Per i venditori, è un chiaro avvertimento che condotte elusive e ingannevoli non saranno trattate come semplici disguidi commerciali, ma come veri e propri reati.

Quando una mancata consegna in una vendita online diventa truffa aggravata?
Diventa truffa aggravata quando il venditore agisce con dolo iniziale, cioè con l’intenzione di ingannare fin dal principio, e approfitta della condizione di vulnerabilità dell’acquirente (minorata difesa) dovuta alla distanza e all’impossibilità di verificare il bene prima del pagamento.

Perché la truffa online è stata considerata aggravata da “minorata difesa”?
Perché, secondo la Corte, la vendita in un “luogo virtuale” crea di per sé una situazione di svantaggio per l’acquirente. L’impossibilità di ispezionare il prodotto e di interagire di persona con il venditore lo pone in una condizione di debolezza, di cui l’imputato si è approfittato per commettere l’illecito.

Il ritiro della querela da parte della vittima estingue sempre il reato di truffa?
No. Se la truffa è aggravata da circostanze come la minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.), il reato diventa procedibile d’ufficio. In questi casi, l’azione penale prosegue a prescindere dalla volontà della vittima, e la remissione della querela è inefficace a estinguere il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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