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Truffa online: la distanza aggrava il reato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due persone condannate per truffa online. La decisione conferma che fornire la propria carta prepagata e avere precedenti specifici, anche se archiviati per tenuità del fatto, dimostra la complicità nel reato. Inoltre, viene ribadito che la vendita a distanza, senza alcun incontro fisico tra le parti, integra l’aggravante prevista dalla legge, poiché pone l’acquirente in una posizione di debolezza.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa online: la distanza è sempre un’aggravante, anche se la trattativa prosegue al telefono

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di truffa online, fornendo importanti chiarimenti sulla complicità e sull’applicazione di una specifica aggravante. La decisione sottolinea come la consapevolezza e la partecipazione al reato possano essere desunte da vari elementi, inclusi precedenti archiviati per tenuità del fatto, e ribadisce un principio fondamentale: nelle vendite a distanza, la mancanza di un contatto fisico tra le parti pone l’acquirente in una condizione di svantaggio che giustifica un aumento di pena.

I fatti del caso

Il caso riguarda un’operazione di compravendita fraudolenta in cui un padre e una figlia sono stati ritenuti responsabili. La transazione, per un importo di 150 euro, era stata conclusa con l’accredito della somma su una carta prepagata intestata alla figlia. Quest’ultima ha impugnato la sentenza di condanna, sostenendo di essere estranea ai fatti e inconsapevole delle attività illecite del padre. Gli imputati contestavano inoltre l’applicazione dell’aggravante legata alla distanza, poiché la trattativa, pur iniziata su una piattaforma online, era proseguita con contatti telefonici diretti.

La complicità nella truffa online e il valore dei precedenti

La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi difensiva della figlia, ritenendo il suo ricorso manifestamente infondato. Secondo i giudici, la sua complicità era chiaramente dimostrata da due elementi cruciali:

1. La messa a disposizione della carta prepagata: aver fornito lo strumento per ricevere il denaro provento della truffa è un atto di partecipazione attiva.
2. I precedenti a suo carico: la ricorrente aveva già due procedimenti per reati simili (truffa e falso), entrambi definiti con archiviazione per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

Su quest’ultimo punto, la Corte ha specificato che un’archiviazione per tenuità del fatto, pur non essendo una condanna, è idonea a costituire un “precedente” rilevante. Tale precedente dimostra una familiarità con condotte illecite e rafforza la prova della consapevolezza della natura truffaldina dell’operazione per cui prestava il suo aiuto.

L’aggravante della distanza nella truffa online

Un altro punto centrale della decisione riguarda l’aggravante prevista dall’art. 61 n. 5 del codice penale, che si applica quando il reo approfitta di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Nelle truffe, questa aggravante ricorre spesso quando la transazione avviene a distanza.

I ricorrenti sostenevano che l’aggravante non fosse applicabile perché, dopo il primo contatto online, la trattativa era continuata per telefono. La Cassazione ha respinto anche questa argomentazione, chiarendo che ciò che conta sono le modalità complessive della vendita. Poiché non c’è mai stato un incontro “in presenza” tra venditore e acquirente, quest’ultimo non ha mai avuto la possibilità di visionare la merce o verificare l’identità della controparte. Questa distanza costante crea una situazione di debolezza per l’acquirente, sufficiente a integrare l’aggravante, indipendentemente dal mezzo di comunicazione utilizzato (piattaforma online, email o telefono).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni dei giudici di merito sono state ritenute logiche e ben argomentate. La responsabilità della coimputata è stata correttamente desunta dagli indizi a suo carico, così come correttamente è stata ritenuta sussistente l’aggravante. La distanza fisica permanente tra le parti durante l’intera trattativa è il fattore determinante che mette la vittima in una posizione vulnerabile, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che prestare i propri strumenti di pagamento (come carte prepagate o conti correnti) per transazioni altrui può portare a una condanna per concorso in reato, specialmente se si hanno precedenti specifici. In secondo luogo, consolida un principio giurisprudenziale cruciale per la lotta alle frodi telematiche: qualsiasi forma di vendita a distanza in cui l’acquirente non può verificare di persona il bene e il venditore configura l’aggravante della minorata difesa. La truffa online, per sua stessa natura, si fonda su questa distanza e sulla fiducia mal riposta, e la giustizia riconosce questa vulnerabilità con una risposta sanzionatoria più severa.

Prestare la propria carta prepagata per una transazione altrui può rendermi complice di truffa?
Sì. Secondo la sentenza, mettere a disposizione la propria carta per ricevere somme di denaro, unitamente ad altri elementi come la presenza di precedenti specifici, è sufficiente per dimostrare la consapevolezza e la partecipazione al reato di truffa.

Un’archiviazione per “tenuità del fatto” ha conseguenze in un processo futuro?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che un provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) può costituire un “precedente” idoneo a dimostrare, in un successivo procedimento, la consapevolezza dell’imputato riguardo alla natura illecita di una condotta simile.

Quando si configura l’aggravante della distanza in una truffa online?
L’aggravante si configura ogni volta che la trattativa si svolge interamente a distanza, senza un incontro fisico tra venditore e acquirente. Questo perché l’impossibilità per l’acquirente di visionare la merce e verificare l’identità del venditore lo pone in una situazione di debolezza, indipendentemente dal fatto che i contatti avvengano via web o tramite telefono.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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