Truffa online: la distanza è sempre un’aggravante, anche se la trattativa prosegue al telefono
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di truffa online, fornendo importanti chiarimenti sulla complicità e sull’applicazione di una specifica aggravante. La decisione sottolinea come la consapevolezza e la partecipazione al reato possano essere desunte da vari elementi, inclusi precedenti archiviati per tenuità del fatto, e ribadisce un principio fondamentale: nelle vendite a distanza, la mancanza di un contatto fisico tra le parti pone l’acquirente in una condizione di svantaggio che giustifica un aumento di pena.
I fatti del caso
Il caso riguarda un’operazione di compravendita fraudolenta in cui un padre e una figlia sono stati ritenuti responsabili. La transazione, per un importo di 150 euro, era stata conclusa con l’accredito della somma su una carta prepagata intestata alla figlia. Quest’ultima ha impugnato la sentenza di condanna, sostenendo di essere estranea ai fatti e inconsapevole delle attività illecite del padre. Gli imputati contestavano inoltre l’applicazione dell’aggravante legata alla distanza, poiché la trattativa, pur iniziata su una piattaforma online, era proseguita con contatti telefonici diretti.
La complicità nella truffa online e il valore dei precedenti
La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi difensiva della figlia, ritenendo il suo ricorso manifestamente infondato. Secondo i giudici, la sua complicità era chiaramente dimostrata da due elementi cruciali:
1. La messa a disposizione della carta prepagata: aver fornito lo strumento per ricevere il denaro provento della truffa è un atto di partecipazione attiva.
2. I precedenti a suo carico: la ricorrente aveva già due procedimenti per reati simili (truffa e falso), entrambi definiti con archiviazione per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
Su quest’ultimo punto, la Corte ha specificato che un’archiviazione per tenuità del fatto, pur non essendo una condanna, è idonea a costituire un “precedente” rilevante. Tale precedente dimostra una familiarità con condotte illecite e rafforza la prova della consapevolezza della natura truffaldina dell’operazione per cui prestava il suo aiuto.
L’aggravante della distanza nella truffa online
Un altro punto centrale della decisione riguarda l’aggravante prevista dall’art. 61 n. 5 del codice penale, che si applica quando il reo approfitta di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Nelle truffe, questa aggravante ricorre spesso quando la transazione avviene a distanza.
I ricorrenti sostenevano che l’aggravante non fosse applicabile perché, dopo il primo contatto online, la trattativa era continuata per telefono. La Cassazione ha respinto anche questa argomentazione, chiarendo che ciò che conta sono le modalità complessive della vendita. Poiché non c’è mai stato un incontro “in presenza” tra venditore e acquirente, quest’ultimo non ha mai avuto la possibilità di visionare la merce o verificare l’identità della controparte. Questa distanza costante crea una situazione di debolezza per l’acquirente, sufficiente a integrare l’aggravante, indipendentemente dal mezzo di comunicazione utilizzato (piattaforma online, email o telefono).
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni dei giudici di merito sono state ritenute logiche e ben argomentate. La responsabilità della coimputata è stata correttamente desunta dagli indizi a suo carico, così come correttamente è stata ritenuta sussistente l’aggravante. La distanza fisica permanente tra le parti durante l’intera trattativa è il fattore determinante che mette la vittima in una posizione vulnerabile, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che prestare i propri strumenti di pagamento (come carte prepagate o conti correnti) per transazioni altrui può portare a una condanna per concorso in reato, specialmente se si hanno precedenti specifici. In secondo luogo, consolida un principio giurisprudenziale cruciale per la lotta alle frodi telematiche: qualsiasi forma di vendita a distanza in cui l’acquirente non può verificare di persona il bene e il venditore configura l’aggravante della minorata difesa. La truffa online, per sua stessa natura, si fonda su questa distanza e sulla fiducia mal riposta, e la giustizia riconosce questa vulnerabilità con una risposta sanzionatoria più severa.
Prestare la propria carta prepagata per una transazione altrui può rendermi complice di truffa?
Sì. Secondo la sentenza, mettere a disposizione la propria carta per ricevere somme di denaro, unitamente ad altri elementi come la presenza di precedenti specifici, è sufficiente per dimostrare la consapevolezza e la partecipazione al reato di truffa.
Un’archiviazione per “tenuità del fatto” ha conseguenze in un processo futuro?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che un provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) può costituire un “precedente” idoneo a dimostrare, in un successivo procedimento, la consapevolezza dell’imputato riguardo alla natura illecita di una condotta simile.
Quando si configura l’aggravante della distanza in una truffa online?
L’aggravante si configura ogni volta che la trattativa si svolge interamente a distanza, senza un incontro fisico tra venditore e acquirente. Questo perché l’impossibilità per l’acquirente di visionare la merce e verificare l’identità del venditore lo pone in una situazione di debolezza, indipendentemente dal fatto che i contatti avvengano via web o tramite telefono.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46066 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46066 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a RAGUSA il 28/12/1956
COGNOME NOME nato a MILANO il 26/09/1988
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME e NOME;
ritenuto che i primi due motivi di ricorso con cui si deducono violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità di NOME per il delitto di truffa, sono manifestamente infondati avendo la Corte di appello proceduto ad una disamina delle censure difensive evidenziando come la circostanza che l’accredito della somma di euro 150,00 sulla carta post pay intestata alla ricorrente ed i precedenti a suo carico(in particolare il procedimento per truffa del 2015, definito nel 2022 con provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto e quello per falso del 2019 definito nel 2021 con provvedimento di archiviazione per tenuità del fattoi dimostrassero che la stessa era consapevole della condotta truffaldina del padre e vi avesse preso parte,mettendo a disposizione la propria carta post pay (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata), dovendosi al riguardo ricordare che il provvedimento di archiviazione ex art. 131-bis, cod. pen., è idoneo a costituire un “precedente” il cui rilievo, nel caso di specie, non è scalfito dalla sentenza assolutoria richiamata nel ricorso;
rilevato che anche il terzo e quarto motivo di impugnazione i con cui si contesta la sussistenza della aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. per il fatto che i contatti con la vittima avvennero, solo all’inizio, tramite piattaforma on line / per poi proseguire mediante interlocuzione telefonica diretta, sono manifestamente infondati avuto riguardo alle modalità complessive della vendita ; posto che la trattativa seppure iniziata per via telematica e proseguita mediante contatti telefonici, non ha comportato alcun incontro “in presenza” tra venditore e acquirente. Quest’ultimo, infatti, non ha mai avuto la possibilità di visionare la merce,di tal che, anche in questo caso, deve ritenersi integrata la aggravante contestata che ricorre essendo costante la distanza tra venditore e acquirente idonea a porre quest’ultimo in una situazione di debolezza quanto alla verifica della qualità del prodotto e dell’identità del venditore ( Sez. 2 n. 40045 del 17/07/2018 Rv. 273900; Sez. 2, n. 28070 del 08/04/2021, Rv. 281800).
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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