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Truffa online: la Cassazione conferma l’aggravante

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per truffa online. La sentenza consolida importanti principi: la truffa online integra quasi sempre l’aggravante della minorata difesa a causa della distanza tra le parti; inoltre, piccole differenze tra i fatti contestati nell’imputazione e quelli accertati in dibattimento non viziano la sentenza se non ledono il diritto di difesa. Il dolo iniziale, cioè l’intenzione di truffare fin dal principio, può essere provato anche tramite elementi successivi alla conclusione del contratto.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa online: la Cassazione consolida i principi sull’aggravante e la prova del reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 25968/2024) offre importanti chiarimenti sulla truffa online, un fenomeno purtroppo sempre più diffuso. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e ribadendo principi chiave sulla configurabilità del reato, sulla valutazione delle prove e sull’applicazione dell’aggravante della minorata difesa. Analizziamo i dettagli di questa decisione per capire meglio come la giurisprudenza affronta questo tipo di illeciti.

I Fatti: la vicenda della truffa online

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per una serie di episodi di truffa aggravata. L’imputato, in concorso con un’altra persona, pubblicava annunci di vendita di beni (in alcuni casi parti di ricambio per auto) su una nota piattaforma social. Dopo aver convinto gli acquirenti della serietà dell’offerta, si faceva versare degli acconti o l’intero importo su una carta prepagata, per poi sparire senza mai consegnare la merce promessa. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, riducendo la pena, ma confermando la responsabilità dell’imputato per il reato di truffa. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su quattro principali motivi, contestando sia aspetti procedurali che di merito.

La Violazione Procedurale

La difesa sosteneva l’inutilizzabilità della testimonianza di un agente di polizia giudiziaria, in quanto sarebbe stata assunta prima della formale apertura del dibattimento. A suo dire, questa irregolarità avrebbe viziato l’acquisizione della prova.

La Difformità tra Accusa e Sentenza

Secondo il ricorrente, per due dei capi d’imputazione vi era una grave difformità tra i fatti contestati (ad esempio, la vendita di un’autovettura specifica) e quelli emersi durante il processo (la vendita di semplici pezzi di ricambio). Questa discrepanza, a suo avviso, avrebbe leso il diritto di difesa, violando il principio di correlazione tra accusa e sentenza.

L’Insussistenza della truffa online

La difesa argomentava che non vi fosse prova degli elementi costitutivi della truffa, in particolare del cosiddetto ‘dolo iniziale’. L’utilizzo di un profilo social personale, di un numero di telefono reale e di una carta prepagata intestata a un familiare non sarebbero, di per sé, indizi di un preordinato intento fraudolento. Mancava, secondo il ricorso, la prova che l’imputato non avesse mai avuto la disponibilità dei beni offerti in vendita.

Le Circostanze Aggravanti e Attenuanti

Infine, veniva contestata l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa, ritenuta ingiustificata, e il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità per uno degli episodi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla truffa online

La Suprema Corte ha giudicato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le censure sollevate. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Sulla Regolarità del Processo

La Corte ha chiarito che l’omissione della formale dichiarazione di apertura del dibattimento non costituisce una causa di nullità, citando un precedente orientamento. L’escussione del testimone nel pieno contraddittorio tra le parti, infatti, equivale a un’implicita ammissione della prova, sanando ogni eventuale irregolarità formale.

Sulla Corrispondenza tra Fatto Contestato e Fatto Giudicato

Per quanto riguarda la presunta violazione del principio di correlazione, la Cassazione ha stabilito che le difformità evidenziate erano marginali e non avevano snaturato il nucleo essenziale dell’accusa. L’importo, le modalità di pagamento e l’identità delle parti erano confermate. L’imputato era stato sempre in condizione di difendersi dall’accusa principale, ovvero quella di aver incassato denaro senza consegnare la merce. Non c’è stata quindi alcuna lesione reale del diritto di difesa.

Sulla Prova del Dolo Iniziale nella Truffa

Questo è uno dei punti più rilevanti della sentenza. La Corte ribadisce che nella truffa contrattuale, l’elemento che trasforma un semplice inadempimento civile in un reato è proprio il ‘dolo iniziale’, cioè l’intenzione di non adempiere al contratto fin dal principio. La prova di questo elemento soggettivo, in assenza di confessione, deriva da elementi fattuali e sintomatici. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente concluso che gli imputati non si erano limitati a non consegnare il bene, ma avevano ‘creato in maniera artificiosa una situazione di apparente trattativa commerciale’ al solo scopo di ottenere il pagamento. La sistematica ripetizione del medesimo schema fraudolento e la mancata prova della reale disponibilità dei beni erano elementi sufficienti a dimostrare l’intento ingannatorio originario.

Sull’Aggravante della Minorata Difesa e l’Attenuante del Danno Lieve

La Corte conferma il suo orientamento costante: la truffa online integra quasi automaticamente l’aggravante della minorata difesa. La distanza tra il luogo dove si trova l’acquirente (che paga in anticipo) e quello dove si trova il venditore crea una posizione di svantaggio per la vittima e di vantaggio per il truffatore, che può facilmente nascondere la propria identità e sottrarsi alle conseguenze della sua condotta. Infine, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di non applicare l’attenuante del danno lieve, poiché le somme sottratte non potevano essere considerate ‘pressoché irrisorie’.

Conclusioni: Principi Consolidati sulla truffa online

La sentenza in esame consolida alcuni principi fondamentali in materia di truffa online. In primo luogo, conferma che la natura stessa delle transazioni a distanza pone l’acquirente in una condizione di vulnerabilità che giustifica l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa. In secondo luogo, chiarisce che il dolo iniziale può essere desunto da una serie di elementi indiziari, come la serialità del comportamento e la creazione di una trattativa fittizia. Infine, stabilisce che solo una trasformazione radicale del fatto contestato può violare il diritto di difesa, mentre modifiche marginali che non incidono sul nucleo dell’accusa sono irrilevanti. Una decisione che fornisce strumenti interpretativi importanti per contrastare un reato sempre più insidioso.

Una piccola differenza tra l’accusa formale e i fatti emersi in processo rende nulla la sentenza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sentenza non è nulla se la differenza non è tale da trasformare radicalmente il fatto storico e da pregiudicare concretamente il diritto di difesa dell’imputato. Se il nucleo dell’accusa rimane invariato, le difformità su aspetti marginali sono irrilevanti.

Come si prova l’intenzione di truffare fin dall’inizio in una truffa online?
La prova del ‘dolo iniziale’ non richiede una confessione. Può essere desunta da elementi indiziari e circostanze concrete, come la sistematica ripetizione dello stesso schema fraudolento, la creazione di una trattativa palesemente fittizia e la mancata dimostrazione di aver mai avuto la reale disponibilità del bene offerto in vendita.

Perché le truffe online sono quasi sempre considerate aggravate dalla ‘minorata difesa’?
Perché la distanza fisica tra acquirente e venditore, tipica delle transazioni online, crea una posizione di squilibrio. L’acquirente di norma paga in anticipo senza poter verificare il bene, mentre il venditore può più facilmente schermare la propria identità e rendersi irreperibile dopo aver incassato il denaro, approfittando della ridotta capacità di difesa della vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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