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Truffa online e carta prepagata: la responsabilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per truffa online. L’ordinanza chiarisce che l’essere titolare della carta prepagata su cui confluisce il profitto del reato e averne comunicato gli estremi all’acquirente costituisce un elemento decisivo per affermare la responsabilità penale, configurando un ruolo essenziale nella consumazione dell’illecito.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Online: Titolare della Prepagata è Sempre Responsabile?

Nell’era digitale, la truffa online è un fenomeno sempre più diffuso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la responsabilità penale di chi riceve su una propria carta prepagata i proventi di una vendita fraudolenta. La decisione conferma un orientamento consolidato, sottolineando come la titolarità dello strumento di pagamento non sia un dettaglio secondario, ma un elemento chiave per dimostrare il concorso nel reato.

I Fatti del Processo

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di truffa. L’imputato aveva contestato la decisione della Corte d’Appello, sollevando tre principali motivi di doglianza:

1. La mancata applicazione di una pena sostitutiva, richiesta solo in sede di conclusioni e non con l’atto di appello.
2. Una presunta violazione di legge nella valutazione delle prove, sostenendo che la sola titolarità della carta prepagata, su cui era stato versato il prezzo della vendita fittizia, non fosse sufficiente a dimostrare la sua colpevolezza.
3. Un vizio di motivazione riguardo alla quantificazione della pena (la cosiddetta dosimetria), ritenuta eccessiva.

Il ricorrente, in sostanza, cercava di sminuire il proprio ruolo, presentandosi quasi come una vittima inconsapevole o un soggetto marginale nella dinamica delittuosa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione ha comportato la conferma definitiva della condanna per l’imputato, oltre al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La Corte ha analizzato e respinto ogni singolo motivo, qualificandoli come generici, manifestamente infondati e, in parte, come una semplice riproposizione di argomenti già correttamente valutati e disattesi dalla Corte d’Appello.

Le Motivazioni: la responsabilità nella truffa online

Le motivazioni della Corte sono di grande interesse pratico e giuridico. Sul primo motivo, i giudici hanno ribadito che la richiesta di pene sostitutive doveva essere formulata nell’atto di appello, non potendo essere introdotta tardivamente.

Il punto centrale, tuttavia, riguarda il secondo motivo, quello sulla valutazione della prova. La Cassazione ha chiarito due principi fondamentali:

* I limiti del giudizio di legittimità: Il ricorso in Cassazione per violazione di legge non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Criticare come il giudice ha valutato le prove (ad esempio, l’attendibilità di un testimone o la rilevanza di un documento) non è consentito in questa sede, a meno che il ragionamento del giudice non sia palesemente illogico o contraddittorio.
* Il ruolo del titolare della carta: La Corte ha affermato un principio ormai consolidato: l’incameramento del profitto di una truffa online su una carta intestata al ricorrente è un elemento di decisiva rilevanza. Questo perché gli estremi della carta sono stati necessariamente comunicati all’acquirente per ottenere il pagamento. Tale circostanza, secondo la Corte, impone di attribuire al titolare della carta un ruolo essenziale nella consumazione del reato, rendendo la sua partecipazione tutt’altro che marginale.

Infine, anche il terzo motivo sulla dosimetria della pena è stato respinto. La Corte ha ricordato che la quantificazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Il sindacato di legittimità può intervenire solo se la decisione è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze non riscontrate nel caso di specie.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un messaggio molto chiaro: prestare la propria carta prepagata o il proprio conto corrente per ricevere somme di dubbia provenienza non è un’azione priva di conseguenze. Nel contesto di una truffa online, chi mette a disposizione lo strumento per incassare il profitto illecito viene considerato un concorrente nel reato. La titolarità della carta non è una mera coincidenza, ma la prova di un contributo attivo e indispensabile alla riuscita dell’inganno. La decisione serve da monito per chiunque, con leggerezza o per ingenuità, accetti di fare da “prestanome” in transazioni finanziarie poco trasparenti, evidenziando come il rischio di una condanna penale sia concreto e significativo.

Essere il titolare della carta prepagata su cui viene accreditato il profitto di una truffa online è sufficiente per essere condannati?
Sì, secondo l’ordinanza, l’incameramento del profitto su una carta intestata all’imputato, i cui estremi sono stati comunicati alla vittima per il pagamento, è un elemento di decisiva rilevanza che dimostra un ruolo essenziale nella consumazione del reato di truffa.

È possibile contestare in Cassazione il modo in cui i giudici di merito hanno valutato le prove?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che le censure relative alla valutazione delle risultanze probatorie non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge (art. 192 c.p.p.), in quanto ciò comporterebbe un riesame del merito della causa, precluso al giudice di legittimità.

Cosa succede se un motivo di ricorso è una semplice ripetizione di argomenti già respinti in appello?
Il ricorso viene considerato inammissibile. La Corte ha specificato che i motivi di ricorso non possono essere una mera riproduzione di quelli già proposti in appello e adeguatamente esaminati e disattesi dai giudici di secondo grado con argomenti logici e corretti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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