Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9719 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9719 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONTEBELLUNA il 30/09/2000
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta il fatto che la Corte territoriale, senza fornire alcuna motivazione sul punto, abbia omesso l’applicazione di una pena sostitutiva in favore dell’odierno ricorrente è generico tanto quanto la richiesta in sede di conclusioni, che poteva e doveva essere proposta con l’atto di appello, tenuto conto della tempistica del processo e della data della sentenza di primo grado del 17/11/2023;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge, in ordine all’art. 192 cod. pen., non è formulato in termini consentiti questa sede, oltre che manifestamente infondato;
che, infatti, preliminarmente, deve osservarsi come, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, le censure relative alla violazione del suddett articolo, riguardanti la valutazione delle risultanze probatorie, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567; da ultimo v. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME Rv. 280027-04);
che, in secundis, deve osservarsi come la suddetta doglianza – lamentando una decisione sbagliata, perché fondata su materiale probatorio asseritamente insufficiente ai fini dell’affermazione della penale responsabilità dell’odiern ricorrente per il concorso nel delitto di truffa ascrittogli, essendo stato valorizz a tal fine il solo dato della titolarità della carta Postepay – prospetta profi censura, che oltre ad essere tesi ad ottenere un diverso giudizio di rilevanza delle fonti di prova esulando quindi dal sindacato di legittimità, sono anche riproduttivi di quelli già proposti con l’atto di appello e già adeguatamente esaminati e disattesi, con coAtti e logici argomenti giuridici dai giudici di appello (si veda particolare pag. 5 della impugnata sentenza);
che, in conclusione, emerge come la Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità dell’odierno ricorrente, conformemente al principio affermato da questa Corte, secondo cui: «l’incameramento del profitto, confluito su una carta intestata al ricorrente costituisce, pertanto, un elemento di decisiva rilevanza al fine della responsabilità del beneficiario per il delitto di truffa, trattando strumento i cui estremi identificativi furono comunicati all’acquirente per pagamento del prezzo al momento della vendita, circostanza che impone di ascrivere al prevenuto un ruolo essenziale nella consumazione dell’illecito » (Sez. 7, ord. n. 24562 del 18/4/2023, Montebello);
osservato che anche il terzo motivo di ricorso, relativo al vizio di motivazione in ordine alla dosimetria della pena, oltre ad essere reiterativo di una doglianza già congruamente vagliata dalla Corte territoriale, è anche manifestamente infondato, in quanto, la Corte territoriale, sottolineando la congruità dell decisione del primo giudice sul punto, ha indicato le ragioni in virtù delle qual debba ritenersi congrua la pena irrogata nei confronto dell’odierno ricorrente, dovendosi considerare anche che per costante giurisprudenza non vi è margine per il sindacato di legittimità sul punto, qualora la decisione in merito trattamento sanzionatorio, come nel caso di specie (cfr. pag. 5 della impugnata sentenza), non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico e sia motivata i modo conforme alla legge, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., non essendo, d’altra parte necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., essendo invece sufficiente l’indicazione di queg elementi che assumono eminente rilievo nel discrezionale giudizio complessivo;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende/
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.