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Truffa online: Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa online nei confronti di un soggetto che aveva messo in vendita beni su internet senza averne la disponibilità, incassando il prezzo senza poi consegnare la merce. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che tale condotta integra un comportamento fraudolento e non un mero inadempimento civile. È stato inoltre confermato il diniego dell’attenuante per danno di speciale tenuità, nonostante l’importo fosse di 300 euro.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa online: vendere senza possedere il bene è reato

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 21969/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: la truffa online. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per distinguere un semplice inadempimento contrattuale, di rilevanza puramente civile, da una vera e propria condotta penalmente rilevante. La decisione ribadisce un principio cruciale: mettere in vendita un bene su internet senza averne la reale disponibilità e con l’intenzione di non consegnarlo costituisce di per sé un atto fraudolento.

I Fatti del Processo

Il percorso giudiziario ha origine con una condanna per truffa emessa dal Tribunale di Avellino. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver venduto online un prodotto, incassando il relativo prezzo, senza poi procedere alla spedizione. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, la quale respingeva le argomentazioni della difesa, che tentava di derubricare il fatto a un mero illecito civile, ossia un semplice inadempimento di un contratto di compravendita.

Contro la decisione di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre specifici motivi di contestazione.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla truffa online

La difesa ha articolato il proprio ricorso su tre argomentazioni principali, cercando di smontare l’impianto accusatorio e la logica delle sentenze precedenti.

### Violazione dell’art. 640 c.p.: Truffa o Inadempimento Contrattuale?

Il primo e più importante motivo di ricorso sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel qualificare il fatto come truffa. Secondo la difesa, non era stato individuato un comportamento “artificioso o fraudolento” specifico, ma ci si trovava di fronte a un semplice inadempimento contrattuale: la mancata consegna di un bene dopo averne ricevuto il pagamento.

### Diniego dell’Attenuante del Danno di Speciale Tenuità

Con il secondo motivo, si contestava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità (art. 62, n. 4 c.p.). La difesa riteneva illogica la decisione della Corte d’Appello di non considerare “irrisorio” un danno quantificato in 300 euro, importo che, a suo avviso, avrebbe dovuto giustificare una riduzione della pena.

### Errata Valutazione della Recidiva

Infine, il terzo motivo lamentava un’errata applicazione dell’art. 99 c.p., relativo alla recidiva. La difesa sosteneva che le precedenti condanne avrebbero dovuto portare alla contestazione di una recidiva semplice, e non qualificata come invece ritenuto in sentenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo motivazioni chiare e in linea con il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale.

In primo luogo, riguardo alla configurabilità della truffa online, la Cassazione ha definito il motivo di ricorso come generico e reiterativo. Ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato il principio secondo cui l’offerta di beni o servizi su internet, da parte di chi non ha la disponibilità del bene e non intende procurarselo, integra di per sé una condotta fraudolenta. Il comportamento dell’imputato, sia durante le trattative che nella fase successiva alla vendita (caratterizzata dalla mancata consegna), confermava pienamente la natura truffaldina dell’operazione, escludendo l’ipotesi del semplice inadempimento.

Sul secondo motivo, relativo al danno, la Corte ha giudicato la censura manifestamente infondata. La valutazione sulla “speciale tenuità” del danno è una prerogativa del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva logicamente motivato la sua decisione, ritenendo che un importo di 300 euro non fosse di per sé “irrilevante” o “irrisorio”, e tale valutazione non poteva essere sindacata in sede di legittimità.

Infine, il terzo motivo sulla recidiva è stato dichiarato inammissibile per una ragione procedurale: la questione non era stata sollevata nel giudizio d’appello. Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione motivi che non siano stati precedentemente sottoposti al giudice di secondo grado.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio a tutela degli acquirenti online: la distinzione tra un venditore inadempiente e un truffatore risiede nell’intenzione iniziale e nella disponibilità del bene. Mettere in vendita un oggetto che non si possiede e che non si ha intenzione di consegnare è un atto fraudolento che fa scattare la tutela penale. La decisione serve da monito per chi opera nel commercio elettronico, sottolineando che la trasparenza e la correttezza sono requisiti essenziali per evitare di incorrere in gravi conseguenze penali. Inoltre, la pronuncia ribadisce la rigidità delle regole processuali, evidenziando come le strategie difensive debbano essere articolate compiutamente sin dai primi gradi di giudizio.

Quando una vendita online non andata a buon fine diventa una truffa?
Secondo la sentenza, si configura una truffa online, e non un semplice inadempimento contrattuale, quando chi mette in vendita un bene su internet non ne ha la reale disponibilità e non intende consegnarlo, agendo quindi con un intento fraudolento sin dall’inizio.

Un danno di 300 euro può essere considerato di ‘speciale tenuità’ per ottenere uno sconto di pena?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che la valutazione è rimessa al giudice di merito, il quale può logicamente ritenere che un importo di 300 euro non sia così irrilevante da giustificare l’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità.

È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione che non era stato discusso in appello?
No. La Corte ha ribadito che, in base all’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano state sottoposte al giudice d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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