LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Truffa online aggravata: quando scatta la minorata difesa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10642/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa online aggravata. Il caso riguardava vendite fittizie online in cui l’imputato, usando identità multiple e false, induceva le vittime a pagare in anticipo. La Corte ha stabilito che l’aggravante della minorata difesa non si applica automaticamente alle truffe online, ma solo quando l’autore sfrutta concretamente e consapevolmente le vulnerabilità create dalla distanza e dall’anonimato della rete per porre la vittima in una posizione di netta inferiorità, come avvenuto nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Online Aggravata: La Cassazione e la Minorata Difesa

Con la crescente digitalizzazione del commercio, la truffa online aggravata è diventata una delle minacce più comuni per i consumatori. Ma quando una semplice truffa su internet si trasforma in un reato aggravato dalla cosiddetta “minorata difesa”? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 10642 del 2024, offre chiarimenti cruciali, stabilendo che non basta la distanza fisica per configurare l’aggravante, ma è necessario un approfittamento concreto delle vulnerabilità create dalla rete.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per truffa aggravata. L’imputato aveva messo in atto un piano ben congegnato: pubblicava annunci di vendita online e, una volta contattato dalle vittime, utilizzava vari strumenti (mail, telefono, messaggi) per guadagnarne la fiducia. L’artificio decisivo consisteva nel richiedere un pagamento anticipato tramite vaglia postale. Per rassicurare l’acquirente, inviava una fotografia del vaglia compilato, ma oscurando strategicamente il dettaglio che ne avrebbe impedito l’incasso immediato. In questo modo, riusciva a riscuotere il denaro prima che la vittima potesse ricevere la merce, che ovviamente non sarebbe mai arrivata.

Il Ricorso in Cassazione e l’Aggravante della Truffa Online

La difesa dell’imputato ha basato il suo ricorso su un unico, fondamentale motivo: l’erronea applicazione dell’aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.). Secondo il ricorrente, l’azione truffaldina si era consumata non tanto attraverso la rete, ma tramite la manipolazione della modalità di pagamento. Di conseguenza, non sussisteva quella particolare condizione di vulnerabilità che la legge richiede per l’applicazione dell’aggravante. La difesa sosteneva che, esclusa l’aggravante, uno dei reati contestati si sarebbe estinto per remissione di querela da parte della vittima.

La Decisione della Corte: Quando la Truffa Online Aggravata è Concreta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e l’aggravante. La decisione si fonda su un principio di diritto consolidato ma qui applicato con grande precisione: l’aggravante della minorata difesa in una truffa online aggravata non è automatica, ma richiede la prova di un concreto e consapevole sfruttamento, da parte del reo, delle opportunità decettive offerte dal mezzo telematico.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto che nel caso specifico l’imputato non si fosse limitato a usare internet come una semplice vetrina. Al contrario, aveva costruito un vero e proprio “sistema di identità sovrapposte” per frustrare qualsiasi tentativo di verifica da parte dell’acquirente. L’imputato utilizzava un nome, un indirizzo email, un’utenza telefonica intestata a terzi e un beneficiario del vaglia anch’esso diverso. Questo insieme di elementi, unito alla distanza fisica, poneva la vittima in una posizione di “concreta inferiorità”.

I giudici hanno specificato che l’agente ha tratto specifici vantaggi dall’uso della rete, quali:
Rimanere ignoto, schermando la propria identità reale.
Assumere identità false e plurime, rendendo impossibile per la vittima risalire alla sua persona.
Sottrarsi a ogni verifica sulla genuinità delle informazioni fornite.
Impedire al compratore di visionare il bene prima dell’acquisto.

Questo “approfittamento” consapevole delle condizioni create dalla transazione a distanza giustifica pienamente l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa. La distanza, infatti, favorisce il truffatore, consentendogli di nascondersi e di sottrarsi facilmente alle conseguenze della sua condotta.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un concetto fondamentale: non tutte le truffe online sono automaticamente aggravate. Il giudice deve valutare caso per caso se il colpevole abbia sfruttato attivamente le caratteristiche del mezzo telematico per creare una situazione di squilibrio a danno della vittima. Laddove, come in questo caso, si dimostri un uso strategico dell’anonimato e della distanza per ingannare e rendersi irrintracciabile, la condotta assume una maggiore gravità. Una conseguenza pratica importante è che, essendo il reato aggravato, diventa perseguibile d’ufficio, rendendo irrilevante un’eventuale remissione della querela da parte della persona offesa.

Una truffa commessa online è sempre considerata aggravata dalla minorata difesa?
No, la sentenza chiarisce che l’aggravante non si applica automaticamente. È necessario che l’autore del reato abbia concretamente e consapevolmente approfittato delle opportunità decettive offerte dalla rete per porre la vittima in una condizione di specifica vulnerabilità.

Cosa ha considerato la Corte come prova dello sfruttamento consapevole da parte dell’imputato?
La Corte ha valorizzato il fatto che l’imputato avesse creato un “sistema di identità sovrapposte” (utilizzando nomi, email, telefono e beneficiario del pagamento diversi e non riconducibili a lui), impedendo alla vittima di effettuare qualsiasi verifica e ponendola in una posizione di concreta inferiorità.

La remissione di querela da parte della vittima estingue il reato di truffa online in questo caso?
No. Poiché la Corte ha confermato la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, il reato di truffa diventa perseguibile d’ufficio. Di conseguenza, l’azione penale prosegue indipendentemente dalla volontà della persona offesa e la remissione della querela è inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati