Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10642 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10642 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato in Camerun il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 11/07/2023 della Corte di appello di Milano, quarta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale a sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udita la discussione della difesa del ricorrente, AVV_NOTAIO, comparsa anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che si è riportata ai motivi d ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 11/07/2023, la Corte di appello di Milano confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Milano in data 12/09/2022 che aveva condannato NOME alla pena di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 450 di multa per i reati di truffa aggravata in concorso di cui ai capi A) e B).
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME, è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico motivo viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: inosservanza o erronea applicazione della legge penale nella parte in cui viene ritenuta l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 640 cod. pen. in relazione all’art. 61 n. 5 cod. pen., con conseguente richiesta, in relazione al capo A), di riduzione della pena inflitta ovvero di restituzione degli atti alla Cor d’appello per una nuova valutazione, dovendo trovare applicazione la fattispecie base di cui al primo comma dell’art. 640 cod. pen. e, in relazione al capo B), di pronuncia di sentenza di non doversi procedere per avere la persona offesa, NOME COGNOME, rimesso la querela.
L’azione truffaldina si è svolta solo nella primissima parte attraverso l’utilizzo della rete internet, ossia tramite la pubblicazione dell’annuncio di vendi online. Seguirono contatti tramite mail, telefono, messaggi e fotografie. L’artifizio attraverso il quale si è consumata la truffa nulla ia che vedere con la procedura di 4 –vendita online, bensì unicamente con la modalità di pagamento richiesta: la trasmissione della fotografia del vaglia da parte delle vittime, fornita in anticip quale prova dell’avvenuto pagamento che sarebbe stato incassato solo al ricevimento della merce, immagine nella quale viene oscurato solo un dettaglio del vaglia stesso, lascia invece leggibile in altra parte della foto il numero e parola d’ordine per incassarlo, rendendo così possibile anzitempo l’incasso da parte del beneficiario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La Corte territoriale ha ritenuto la ricorrenza dell’aggravante in parola, riconoscendo come l’imputato avesse tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete.
Invero, nella fattispecie, “un soggetto si presenta con un nome ed un indirizzo mali, ma un telefono intestato ad altro soggetto, e altro soggetto ancora risulta l’intestatario del vaglia di pagamento: qualsiasi tentativo d contatto/verifica/approfondimento viene così frustrato da un sistema di identità sovrapposte che pone l’acquirente in posizione di concreta inferiorità rispetto al vantaggio del venditore” (pag. 7).
2.1. La ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., che rende il reato perseguibile d’ufficio, è indiscutibile in entrambe le imputazioni, risultand recessive, alla luce delle motivazioni rese nei due giudizi di merito, le deduzioni difensive finalizzate alla sua esclusione.
Invero, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità «sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, c pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti “on -line”, poichè, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta» (Sez. 6, n. 17937 del 22/03/2017, Cristaldi, Rv. 269893).
Con riguardo al principio di diritto così enunciato, è stato chiarito e puntualizzato che esso «non comporta affatto la generalizzazione della ricorrenza dell’aggravante in tutti i casi di truffe on -line, generalizzazione per la quale sì finirebbe, in realtà, per attribuire carattere “circostanziato” ad una delle possib modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on -line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l’autore» (Sez. 2, n. 40045 del 17/07/2018, COGNOME, Rv. 273900; v. anche, Sez. 2, n. 28070 del 08/04/2021, Poropat, Rv. 281800).
2.2. Nella fattispecie, come evidenziato dal primo giudice, entrambe le trattative sono state condotte a distanza per mezzo di strumenti telematici che hanno consentito agli autori di:
-rimanere ignoti;
-assumere identità false e plurime;
-sottrarsi ad ogni verifica da parte delle vittime circa la genuinità delle informazio rese, rivelatesi mendaci (come l’avvenuta consegna dei beni ad un vettore); -sottrarre il compratore alla possibilità di visionare il bene prima dell’acquisto.
Da qui la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 28/02/2024.