Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1896 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1896 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOME, nato a Torino il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di Appello di Torino del Caltanissetta del 28.3.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità d ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza con cui il Tribunale del capoluogo piemontese, in data 7.2.2020, aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di I:ruffa aggravata, a lui ascritto e, di conseguenza, riconosciute le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alle aggravanti ed alla pure contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 200 di multa’ oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante dei dui all’art. 61 n. 5 cod. pen. e l’estinzione del reato per intervenuta remissione della querela: segnala, infatti, l’erroneità RAGIONE_SOCIALE due sentenze di merito che hanno affermato l’esistenza dei presupposti della predetta aggravante che, tuttavia, non può essere riconosciuta automaticamente nel caso di truffe on line occorrendo sempre la prova che tale modalità di avvicinamento della vittima abbia determinato una situazione di vantaggio per l’agente; sottolinea che, esclusa la aggravante, il reato sarebbe estinto per effetto della già documentata remissione RAGIONE_SOCIALE querela;
la Procura Generale ha trasmesso le conclusioni scritte ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per la inammissibilità del ricorso: rileva, infatti, che il ricorso non si confronta cori le argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata, da ritenersi corrette alla luce della peculiarità della fattispecie concreta e caratterizzata dalla intestazione a terzi dell’utenza telefonica indicata nel sito che ha contribuito a “schermare” l’identità dell’autore dell’offerta con cui la persona offesa non era riuscita ad avere alcun previo e nemmeno successivo contatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su una censura manifestamente infondata.
I giudici di merito hanno ricostruito l’episodio in termini di fatt incontroversi: la persona offesa aveva letto un annuncia pubblicato sul sito subito.it relativo alla offerta in vendita di un carrello porta-moto e, il giorno 2.7.2015, aveva contattato il venditore all’utenza telefonica ivi indicata, accordandosi per il prezzo di euro 350,00 comprensivo di spese di spedizione. da corrispondere, prima dell’invio, attraverso il ricarico di una Postepay; l’interlocutore gli aveva fornito gli estremi della carta ed il proprio nome,
affermando di chiamarsi NOME COGNOME, e gli aveva assicurato la spedizione non appena intervenuto il pagamento.
Dopo aver eseguito la ricarica, nessuno aveva più risposto alle numerose chiamate dell’acquirente sul numero telefonico indicato nella offerta diffusa in via telematica.
Di qui, la querela che, come risulta dalla sentenza impugnata, era stata rimessa dalla persona offesa il che, tuttavia, non aveva consentito di addivenire alla declaratoria di estinzione del reato atteso che la aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen. lo rendeva procedibile di ufficio.
La difesa del COGNOME lamenta l’erroneità della decisione della Corte d’appello che ha ritenuto di dover confermare gli estremi della aggravante sopraindicata.
Il rilievo è, tuttavia, infondato.
2. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e RAGIONE_SOCIALE quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, co pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la offerta in vendita on-line, poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova i/ deceptus, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui si trova l’agente, determina una posizione contrattuale di maggior favore per quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, ch non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 17937 del 22/3/2017, Rv. 269893; Sez. 2; n. 43706 del 29/9/2016, Rv. 268450; più recentemente, Sez. 2, n. 2585 del 28/10/2022, dep. 2023, n.m. e Sez. 2, Sez. 2, Sentenza n. 27132 del 2023, Masi).
Queste decisioni identificano le condizioni della minorata difesa nella “costante” distanza tra alienante ed acquirente nel corso della trattativa, che si dipana interamente senza un contatto diretto tra gli interlocutori poiché tale modalità di contrattazione pone obiettivamente l’acquirente in una situazione di sfavore, in quanto questi è costretto ad affidarsi alle immagini, che non consentono una verifica della qualità del prodotto; a ciò si aggiunge che la trattativa telematica consente di vendere ed acquistare (anche) sotto mentite spoglie, rendendo complessa l’identificazione del contraente e ostacolando certamente il controllo sulle caratteristiche qualitative del prodotto offerto, oltre che l’affidabil dell’alienante.
Si è dunque affermato (cfr., ad esempto, Sez. 2, n. 7819 del 2/12/2021, dep. 2022, COGNOME) che “ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, l’interprete deve rifuggire dalla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, e non può limitarsi a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, ovvero on ine, dovendo considerare lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d’imputazione, s’i da enucleare, in concreto, l’effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa che sia, in ipotesi derivato dalla commissione del reato nella circ:ostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di luogo “virtuale”), nonché l’approfittamento di essa da parte del soggetto agente” (cfr., ivi).
La puntuale concretezza della disamina RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto idonee a determinare una effettiva sperequazione cognitiva nella fase precontrattuale e la verifica che tale effetto sia sortito da una tale sperequata condizione impongono, insieme, di concludere che quando la trattativa prenda avvio dall’ostensione di un bene su una piattaforma telematica, ma poi si sviluppi attraverso contatti telefonici o messaggi istantanei, ovvero incontri in presenza, non può dirsi che uno dei contraenti versi necessariamente in una condizione di particolare vulnerabilità; costoro, invero, risultano esposti a ordinarie azioni fraudolente, non necessariamente agevolate dalla condizione sfavorevole in cui è posta la vittima di truffe contrattuali che si consumano attraverso trattative svolte interamente “a distanza”, su piattaforma telematica digitale i:nei termini, Sez. 2, n. 28070 del 8/472021, Rv. 281800; Sez. 2, n. 1085 del 14/10/2020, Rv. 280515; Sez. 2, n. 40045 del 17/7/2018, Rv. 273900).
Tanto premesso, il collegio deve prendere atto che, a fronte di una motivazione che si è correttamente conformata a tali principi, il ricorso non è stato in grado di evidenziare profili di contraddittorietà ovvero errori di diritto in cui Corte sarebbe incorsa.
È vero che il COGNOME aveva fornito alla persona offesa il suo nome ma ciò non aveva in alcun modo “colmato” la distanza tra le parti tanto che, una volta effettuato il pagamento, l’acquirente non era più riuscito a contattare l’imputato, che si era reso irreperibile.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma, che si stima equa, di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 15.12.2023