Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34810 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34810 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Nettuno il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa il 22/01/2025 dalla Corte militare di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE militare, NOME NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; sentite, nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘interesse RAGIONE_SOCIALE‘imputato NOME COGNOME, le conclusioni RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso. L’avvocato COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 18 aprile 2024 il Tribunale militare di Roma assolveva NOME COGNOME dal reato di truffa militare pluriaggravata, oggetto di contestazione, per non aver commesso il fatto.
Con sentenza emessa il 22 gennaio 2025 la Corte militare di appello di Roma, in riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata, giudicava NOME COGNOME colpevole del reato dal reato di truffa militare pluriaggravata, così come ascrittogli e, riconosciute le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di un anno di reclusione militare, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Nei giudizi di merito, che divergevano nei termini processuali che si sono richiamati, si controverteva RAGIONE_SOCIALEa responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato NOME COGNOME in ordine alla truffa militare pluriaggravata oggetto di contestazione, che, secondo l’ipotesi accusatoria, sì sarebbe concretizzata in relazione all’assegnazione di un alloggio di servizio, ubicato a Ciampino, in INDIRIZZO, per la quale il ricorrente non disponeva dei prescritti requisiti.
Occorre premettere che il presente procedimento traeva origine dalla segnalazione effettuata dalla Procura RAGIONE_SOCIALEa Repubblica militare di Roma, compendiata in una missiva del 29 marzo 2021, con cui si evidenziavano alcune anomalie procedurali riguardante la posizione abitativa di NOME COGNOME, con specifico riferimento all’alloggio di servizio, sopra citato, di cui l’alto ufficiale aveva usufruito sino alla data del 30 novembre 2020. Su tali profili,
nei giudizi di merito, riferiva il gen. NOME COGNOME, che evidenziava come, a seguito RAGIONE_SOCIALEa missiva sopra menzionata, veniva accertata l’esistenza di alcune discrepanze tra i redditi dichiarati da ricorrente e quelli accertati dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe Entrate di Roma, che venivano correlate alla condizione di disabilità RAGIONE_SOCIALEa figlia del ricorrente.
In questa cornice, deve evidenziarsi che l’assegnazione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio militare di cui si discute aveva luogo mediante la presentazione, da parte di NOME COGNOME, non corrispondenti allo stato RAGIONE_SOCIALEe condizioni prescritte normativamente, rappresentati dal superamento RAGIONE_SOCIALEa soglia di reddito prevista per usufruire RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio; dall’assenza nel nucleo familiare di soggetti riconosciuti affetti da disabilità connotate da particolare gravità; dalla proprietà di un altro alloggio abitabile ubicato sul territorio nazionale.
La difformità di tali atti dai parametri normativi emergeva, per un verso, dalle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà presentate da NOME COGNOME nelle date del 21 luglio 2000 e del 30 luglio 2003, per altro verso, dalle certificazioni uniche dei redditi da lavoro dipendente depositate dallo stesso ricorrente negli anni 2000 e 2004.
Dopo il deposito di tali atti, il ricorrente non forniva ulteriori aggiornamenti documentali sulla sua condizione reddituale e familiare, nonostante, negli anni2005 e 2006, gli fossero stati inviati due solleciti da parte RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione militare, finalizzati a ottenere chiarimenti sulla sussistenza RAGIONE_SOCIALEe condizioni legittimanti l’assegnazione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio controverso.
L’imputato NOME COGNOME, pertanto, conseguiva un ingiusto profitto patrimoniale in danno RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione militare, che veniva quantificato in 50.2690,65 euro. Tale importo corrispondeva alla differenza tra quanto l’imputato avrebbe corrispondere all’Amministrazione militare se non avesse presentato documenti mendaci e quanto aveva effettivamente pagato nell’arco temporale compreso tra le date RAGIONE_SOCIALE‘1 agosto 2002 e del 5 Marzo 2020, nella quale ultima l’alto ufficiale veniva collocato in pensione per il raggiungimento del limite di età.
In questo contesto processualeoccorre evidenziare che, nel giudizio di primo grado, venivano escussi i testi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME; il primo di tali testi veniva esaminato anche nel giudizio di secondo grado, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 603 cod. proc. pen.
Tuttavia, a tali dichiarazioni testimoniali si attribuiva una differente valenza probatoria nei processi di merito, atteso che l’assoluzione pronunciata nel processo di primo grado veniva integralmente riformata dalla Corte militare di appello, che, sottoponendo a un’integrale rivisitazione il sottostante giudizio assolutorio, condannava NOME COGNOME per la truffa militare pluriaggravata ascrittagli, a fronte di un compendio probatorio che, fatta eccezione per l’esame del teste NOME COGNOME, del quale si Ł già detto, rimaneva sostanzialmente immutato.
La Corte territoriale, in particolare, riteneva insussistenti i margini di dubbio sull’effettiva volontà di NOME COGNOME di porre in essere un’attività fraudolenta nei confronti RAGIONE_SOCIALEa Pubblica amministrazione, allo scopo di continuare a usufruire RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio controverso, che, secondo il Tribunale militare di Roma, legittimavano la sua assoluzione nel giudizio di primo grado.
Occorre aggiungere che a tali conclusioni la Corte militare di appello perveniva evidenziando che, nel caso di specie, il nucleo probatorio essenziale era rappresentato dalle dichiarazioni di testimoni indiretti, che erano stati assunti in servizio, presso il RAGIONE_SOCIALE, in epoca successiva all’assegnazione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio
contro
verso a NOME COGNOME. Ne conseguiva che tali dichiarazioni erano esclusivamente incentrate su dati ricavabili dai documenti di cui i testi avevano la disponibilità per la loro posizione professionale qualificata, ma non riguardavano fatti o comportamenti, riconducibili all’imputato, dei quali i testimoni avevano una conoscenza diretta.
In altri termini, la conoscenza, esclusivamente indiretta, RAGIONE_SOCIALEe vicende sulle quali i testimoni sentiti nel giudizio di primo grado erano stati esaminati imponeva di escludere che, nel caso di specie, ci si trovasse di fronte alle condizioni processuali necessarie a ritenere applicabile la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., atteso che nessuno dei testi esaminati aveva una conoscenza diretta degli accadimenti criminosi.
Ne discendeva che la Corte militare di appello di Roma procedeva a una rivalutazione complessiva RAGIONE_SOCIALEe testimonianze assunte nel giudizio di primo grado, compiuta attraverso la rivisitazione del compendio probatorio acquisito davanti al Tribunale militare di Roma. Tale rivisitazione, tenuto conto RAGIONE_SOCIALEe connotazioni probatorie, sopra richiamate, imponeva di ritenere superflua la rinnovazione del dibattimento ex art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., essendo le fonti di prova di cui il la Corte di merito disponeva idonee a consentire il ribaltamento del giudizio assolutorio censurato e a formulare un giudizio di colpevolezza nei confronti di NOME COGNOME.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi e con le differenze che si sono richiamate tra le due decisioni di merito, che si sono evidenziate, l’imputato NOME COGNOME veniva condannato alle pene di cui in premessa.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME, a mezzo RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, articolando tre censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 234 c.p.m.p., per non avere la decisione in esame dato esaustivo conto RAGIONE_SOCIALEe ragioni che imponevano di ritenere sussistenti gli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALEa truffa militare pluriaggravata contestata a NOME COGNOME. L’imputato, infatti, aveva usufruito RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio assegnatogli senza fornire aggiornamenti documentali sulla sua condizione reddituale e familiare, senza porre in essere alcun atteggiamento fraudolento, ma limitandosi a mostrarsi inottemperante ai due solleciti, finalizzati a ottenere chiarimenti sulla sua posizione abitativa, inviatigli dall’Amministrazione militare negli anni 2005 e 2006.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, per non avere la Corte di merito dato adeguato conto RAGIONE_SOCIALEa ricorrenza RAGIONE_SOCIALE‘elemento soggettivo RAGIONE_SOCIALEa truffa militare pluriaggravata contestata all’imputato, rilevante ex art. 47, terzo comma, cod. pen., quale errore sul precetto extra penale idoneo a escludere l’atteggiamento fraudolento contestato a NOME COGNOME, a fronte di una situazione di obiettiva incertezza normativa sulle condizioni, reddituali e familiari, necessarie alla fruizione del beneficio abitativo controverso.
Con il terzo motivo di ricorso si deduceva il vizio di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, in riferimento all’art. 603, commi 3bis e 3ter , cod. proc. pen., 111 Cost. e 6 CEDU, conseguente al fatto che la decisione in esame non dava adeguato conto RAGIONE_SOCIALEe ragioni che imponevano di ritenere attendibili le dichiarazioni rese dai testimoni escussi nel giudizio di primo grado, che, peraltro, apparivano orientate in senso univocamente favorevole a NOME COGNOME, senza procedere al riesame di tali testimonianze, che costituivano il nucleo essenziale del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘imputato.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł infondato.
In via preliminare, occorre soffermarsi sulle questioni ermeneutiche, comuni a tutte le doglianze prospettate con l’atto di impugnazione in esame, il cui vaglio appare propedeutico e indispensabile per valutare le tre censure difensive.
In questo ambito, innanzitutto, occorre soffermarsi sul rapporto esistente tra le sentenze di merito quando gli esiti RAGIONE_SOCIALEe due pronunce risultano divergenti, analogamente a quanto riscontrabile con riferimento alla posizione RAGIONE_SOCIALE‘imputato NOME COGNOME, che veniva assolto nel giudizio di primo grado e veniva condannato in appello per la truffa militare pluriaggravata oggetto di contestazione.
Infatti, tale questione ermeneutica, fa da sfondo all’intero atto di impugnazione, e, per questa ragione, si ritiene indispensabile affrontarla preliminarmente.
Tanto premesso, deve rilevarsi che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la sentenza di primo grado e quella appellata, quando non vi Ł difformità sui punti denunciati, si integrano, formando un complesso argomentativo inscindibile, costituito da una sola entità processuale, logica e giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare la congruità del percorso motivazionale seguito dai giudici di merito (tra le altre, Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 166617 – 01; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079 – 01; Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145 – 01).
Ne discende che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, si può anche limitare a rinviare per relationem a quest’ultima, sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo adeguato alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso, naturalmente, il controllo eseguito dal giudice di legittimità si estenderà alla verifica RAGIONE_SOCIALEa congruità e RAGIONE_SOCIALEa logicità RAGIONE_SOCIALEe risposte fornite alle censure prospettate (tra le altre, Sez. 6, n. 3721 del 24/11/2015, dep. 2016, Rv. 265827 – 01; COGNOME; Sez. 2, n. 8345 del 23/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258529 – 01; Sez. 1, n. 1445 del 14/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258357 – 01).
L’obbligo motivazionale del giudice di appello, invece, assume connotazioni processuali piø rigorose e stringenti nel caso, analogo a quello che riguarda la posizione di NOME COGNOME, in cui la sentenza di appello formuli un giudizio di responsabilità radicalmente contrapposto a quello espresso nel giudizio di primo grado.
Queste conclusioni discendono dal fatto che, in tali ipotesi, vi sono due valutazioni giurisdizionali assolutamente difformi del medesimo materiale probatorio e, soprattutto, dalla circostanza che l’imputato nei cui confronti si Ł prodotto il ribaltamento del giudizio di responsabilità – a maggior ragione se tale rivisitazione, come nel nostro caso, gli Ł sfavorevole – deve essere messo nelle condizioni di comprendere le ragioni che hanno comportato la riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione appellata.
In questa cornice, occorre richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte, risalente e tuttora insuperato, secondo cui, laddove nel giudizio di secondo grado si sia determinata l’integrale riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, si deve fare riferimento in termini rigorosi al materiale sottoposto alla cognizione del giudice di appello, tenendo conto RAGIONE_SOCIALEe acquisizioni dibattimentali e degli elementi probatori – decisivi ai fini RAGIONE_SOCIALEa rivisitazione RAGIONE_SOCIALEa decisione di primo grado – posti a fondamento di quel giudizio. In queste ipotesi, l’obbligo motivazionale del giudice di appello assume connotazioni piø stringenti rispetto al caso in cui
la sentenza di appello si limiti a confermare la decisione impugnata, nel piø RAGIONE_SOCIALE contesto prefigurato dalle Sezioni Unite in materia di riforma integrale RAGIONE_SOCIALEe decisioni di primo grado, per il quale occorre richiamare il seguente principio di diritto: «In tema di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piø rilevanti argomenti RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa prima sentenza, dando conto RAGIONE_SOCIALEe ragioni RAGIONE_SOCIALEa relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato» (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679 – 01).
NØ potrebbe essere diversamente, atteso che la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello che riformi in senso radicale la decisione sottostante si caratterizza, quasi fisiologicamente, per un obbligo peculiare e rafforzato RAGIONE_SOCIALEa sua tenuta processuale, logica e argomentativa, che si aggiunge a quello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa non apparenza, non manifesta illogicità e non contraddittorietà, desumibile dalla formulazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., nel rispetto di quanto costantemente affermato da questa Corte, secondo cui: «In caso di ricorso per manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione, il giudice di legittimità può esaminare la sentenza di primo grado al fine di valutare se il giudice di appello abbia tenuto nel debito conto, sia pure per disattenderle, le argomentazioni ivi esposte, in quanto la motivazione del secondo giudice, soprattutto qualora la difformità investa l’affermazione o l’esclusione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità, deve indicare le specifiche ragioni RAGIONE_SOCIALE‘invalidazione di quelle che sorreggono la sentenza impugnata» (Sez. 4, n. 32970 del 23/06/2004, COGNOME, Rv. 229144 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 46847 del 10/07/2012, COGNOME, Rv. 253718 – 01; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2011, COGNOME, Rv. 272082 – 01).
Questa impostazione, a sua volta, trae origine dall’orientamento ermeneutico consolidatosi a seguito RAGIONE_SOCIALEa risalente pronuncia RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite, secondo cui: «Quando le decisioni dei giudici di primo e di secondo grado siano concordanti, la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo. Nel caso in cui, invece, per diversità di apprezzamenti, per l’apporto critico RAGIONE_SOCIALEe parti e o per le nuove eventuali acquisizioni probatorie, il giudice di appello ritenga di pervenire a conclusioni diverse da quelle accolte dal giudice di primo grado, non può allora egli risolvere il problema RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa sua decisione inserendo nella struttura argomentativa di quella di primo grado – genericamente richiamata – RAGIONE_SOCIALEe notazioni critiche di dissenso, in una sorta di ideale montaggio di valutazioni ed argomentazioni fra loro dissonanti, essendo invece necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal giudice di primo grado, consideri quello eventualmente sfuggito alla sua delibazione e quello ulteriormente acquisito, per dare, riguardo alle parti RAGIONE_SOCIALEa prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione RAGIONE_SOCIALEe difformi conclusioni» (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229 – 01).
Ancora di recente, le Sezioni Unite hanno ribadito (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430 – 01, in motivazione) che Ł l’introduzione del canone ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’, inserito nell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. ad opera RAGIONE_SOCIALEa legge 20 febbraio 2006, n. 46 (ma già individuato quale inderogabile regola di giudizio da Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222139), ad avere guidato la giurisprudenza, nel senso che per la riforma di una sentenza assolutoria nel giudizio di appello non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado e ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, ma occorre invece una ‘forza persuasiva superiore’, tale da far
venire meno ‘ogni ragionevole dubbio’. La condanna, infatti, come incisivamente notato da Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 251066 «presuppone la certezza RAGIONE_SOCIALEa colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza RAGIONE_SOCIALE‘innocenza ma la mera non certezza RAGIONE_SOCIALEa colpevolezza».
Tanto premesso, deve ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnato, per non avere la decisione in esame dato adeguato conto RAGIONE_SOCIALEe ragioni che imponevano di ritenere sussistenti gli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALEa truffa militare pluriaggravata ascritta all’imputato, che si era limitato ad usufruire RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio assegnatogli senza fornire aggiornamenti documentali sulla sua condizione reddituale e familiare, senza che da tale comportamento potesse ritenersi dimostrato il suo atteggiamento fraudolento.
Osserva il Collegio che la sequenza degli accadimenti criminosi non Ł contestata dalle parti, essendo incontroverso che la fruizione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio militare di cui si discute, ubicato a Ciampino, in INDIRIZZO, aveva luogo in assenza dei requisiti prescritti normativamente. L’assenza di tali requisiti, peraltro ammessa dallo stesso imputato, derivava sia dalle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà presentate da NOME COGNOME nelle date del 21 luglio 2000 e del 30 luglio 2003, sia dalle certificazioni uniche dei redditi da lavoro dipendente depositate dallo stesso ricorrente nel corso degli anni 2000 e 2004.
L’assenza di buona fede RAGIONE_SOCIALE‘alto ufficiale, del resto, appare corroborata da un ulteriore dato circostanziale, anch’esso incontroverso, rappresentato dal fatto che, dopo il deposito degli atti che si sono richiamati, il ricorrente non forniva ulteriori aggiornamenti documentali sulla sua condizione reddituale e familiare, nonostante, negli anni2005 e 2006, avesse ricevuto due solleciti da parte RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione militare, finalizzati a ottenere chiarimenti sulla sua posizione abitativa.
Occorre, infine, aggiungere che su tali profili, in entrambi i giudizi di merito, riferiva il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO, che evidenziava come – a seguito di una segnalazione effettuata dalla Procura RAGIONE_SOCIALEa Repubblica militare di Roma il 29 marzo 2021 – veniva accertata l’esistenza di alcune discrepanze tra i redditi dichiarati da ricorrente e quelli accertati dall’RAGIONE_SOCIALE Entrate di Roma, che venivano ulteriormente correlate alla condizione di disabilità RAGIONE_SOCIALEa figlia del ricorrente.
3.1. A tali considerazioni deve aggiungersi che nell’univoca cornice probatoria descritta, le ipotesi alternative, prospettate in termini suggestivi ma congetturali dall’AVV_NOTAIO, oltre che processualmente infondate, si sono inevitabilmente poste in contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che occorre ulteriormente ribadire, riconducibile al principio di diritto affermato da Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, Brancucci, Rv. 252066 – 01, secondo cui: «In tema di valutazione RAGIONE_SOCIALEa prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza piø verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti».
Questo orientamento, del resto, si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, in tema di ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime di esperienza, che si attaglia perfettamente al caso di specie e non consente di rivalutare il compendio probatorio acquisito nei confronti di NOME COGNOME, che Ł possibile esplicitare richiamando il seguente principio di diritto: «Nella valutazione probatoria giudiziaria – così come, secondo la piø moderna epistemologia, in ogni procedimento di accertamento (scientifico, storico, etc.) – Ł corretto e legittimo fare ricorso alla verosimiglianza ed alle
massime di esperienza, ma, affinchØ il giudizio di verosimiglianza conferisca al dato preso in esame valore di prova, Ł necessario che si possa escludere plausibilmente ogni alternativa spiegazione che invalidi l’ipotesi all’apparenza piø verosimile. Ove così non sia, il suddetto dato si pone semplicemente come indizio da valutare insieme a tutti gli altri elementi risultanti dagli atti» (Sez. 1, n. 4652 del 21/10/2004, dep. 2005, Sala, Rv. 230873 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014, Leone, Rv. 261220 – 01; Sez. 6, n. 31706 del 07/03/2003, COGNOME, Rv. 228401 – 01; Sez. 6, n. 4688 del 28/03/1995, COGNOME, Rv. 201152 – 01).
3.2. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Dall’infondatezza del primo motivo discende l’infondatezza del secondo motivo, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, per non avere la Corte di merito dato adeguato conto RAGIONE_SOCIALEa ricorrenza RAGIONE_SOCIALE‘elemento soggettivo RAGIONE_SOCIALEa truffa militare pluriaggravata contestata all’imputato, rilevante ex art. 47, terzo comma, cod. pen., quale errore sul precetto extra penale idoneo a escludere l’atteggiamento fraudolento contestato a NOME COGNOME, a fronte di una situazione di obiettiva incertezza normativa sulle condizioni, reddituali e familiari, necessarie alla fruizione del beneficio abitativo controverso.
Non può, in proposito, non rilevarsi che, inquadrata la fattispecie contestata alla stregua RAGIONE_SOCIALEe indicazioni fornite dalla Corte di merito ed esclusa la buona fese RAGIONE_SOCIALE‘alto ufficiale, alla luce degli elementi probatori richiamati nei paragrafi 3 e 3.1., le deduzioni del ricorrente possono ritenersi fondate, essendo evidente che, per conseguire o mantenere il canone agevolato RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio controverso, occorreva esclusivamente fornire la dimostrazione RAGIONE_SOCIALEa grave disabilità del familiare convivente.
A ben vedere, la correttezza del percorso argomentativo seguito dalla decisione censurata ci proviene dal principio di diritto, che occorre ulteriormente ribadire, affermato da Sez. 1, n. 20529 del 30/01/2024, COGNOME Vecchio, Rv. 286493 – 01, secondo cui: «L’errata interpretazione di una legge diversa da quella penale, cui fa riferimento l’art. 47, ultimo comma, cod. pen., esclude sempre la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto costituente reato doloso, mentre nel caso di reato colposo la punibilità Ł esclusa solo se l’errata interpretazione Ł di natura scusabile».
Queste ragioni impongono di ribadire l’infondatezza del secondo motivo di ricorso.
5. Deve, infine, ritenersi infondato il terzo motivo di ricorso, con cui si deduceva il vizio di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, conseguente al fatto che la decisione in esame non dava esaustivo conto RAGIONE_SOCIALEe ragioni che imponevano di ritenere attendibili le dichiarazioni rese dai testimoni escussi nel giudizio di primo grado, che, peraltro, apparivano orientate in senso univocamente favorevole a NOME COGNOME, senza procedere al riesame di tali testimonianze, imposto dall’art. 603, commi 3bis e 3ter , cod. proc. pen., che costituivano il nucleo essenziale del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘imputato. Le testimonianze controverse, in particolare, erano quelle rese nel giudizio di primo grado, da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Osserva, in proposito, il Collegio che, per inquadrare la censura difensiva in esame, occorre evidenziare preliminarmente che, nell’introdurre l’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., invocato dalla difesa del ricorrente, il legislatore RAGIONE_SOCIALE si Ł mosso in una prospettiva di continuità rispetto ai criteri ermeneutici sanciti dalle Sezioni Unite, laddove affermavano: «¨ affetta da vizio di motivazione ex art. 606, comma primo, lett. e) , cod. proc. pen., per
mancato rispetto del canone di giudizio ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’, di cui all’art. 533, comma primo, cod. proc. pen., la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, in riforma di una sentenza assolutoria, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, RAGIONE_SOCIALEe quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 603, comma terzo, cod. proc. pen.; ne deriva che, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell’art. 6, par. 3, lett. d) , RAGIONE_SOCIALEa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata» (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 267486 – 01).
Questo orientamento ermeneutico, del resto, veniva ulteriormente ribadito dalle Sezioni Unite, con una pronuncia di poco successiva, in cui si affermava il seguente principio di diritto: «¨ affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame RAGIONE_SOCIALEe persone che abbiano reso tali dichiarazioni» (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269785 – 01).
In questa cornice ermeneutica, dunque, si Ł mosso il legislatore RAGIONE_SOCIALE – intervenuto tra le prime due pronunzie RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, COGNOME, cit.; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME, cit.) e il terzo intervento chiarificatore sopra citato (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, COGNOME, cit.) -, che ha imposto la rinnovazione RAGIONE_SOCIALEe prove dichiarative nelle ipotesi di appello proposto dal pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento, integrale o parziale, senza imporlo quando l’epilogo decisorio oggetto del giudizio di primo grado sia una decisione di condanna. Ne consegue che il testo RAGIONE_SOCIALE‘art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., così come novellato, non offre alcuno spazio interpretativo utile nella direzione recepita nella sentenza impugnata, avendo il legislatore chiaramente mutuato nel corpo RAGIONE_SOCIALEa novellata disposizione quel nesso funzionale che le Sezioni Unite avevano individuato tra l’esito liberatorio del giudizio di primo grado e la possibile condanna in appello (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, COGNOME, cit.; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME, cit.).
A questi, ineludibili, parametri ermeneutici la Corte militare di appello di Roma si conformava correttamente, escludendo la necessità di procedere al riesame RAGIONE_SOCIALEa testimonianza rese dai testi COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, sull’assunto che il compendio probatorio acquisito nel giudizio di primo grado consentiva, sic et simpliciter , di ritenere di provato su base documentale l’atteggiamento fraudolento RAGIONE_SOCIALE‘imputato e inutile la rinnovazione RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria dibattimentale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., essendo gli elementi probatori di cui si disponeva essenzialmente documentali e, in quanto tali, sufficienti a consentire la rivisitazione del giudizio assolutorio.
A sostegno di tali conclusioni la Corte militare di appello di Roma evidenziava che, nel caso di specie, il nucleo probatorio essenziale era rappresentato dalle dichiarazioni di testimoni indiretti, che erano stati assunti in servizio, presso il RAGIONE_SOCIALE, in epoca successiva all’iniziale assegnazione RAGIONE_SOCIALE‘alloggio di servizio
contro
verso. Ne conseguiva che tali dichiarazioni non comportavano una rivalutazione deidati circostanziali, incontroversi alla stregua di quanto già affermato nei paragrafi 3 e 3.1., erano esclusivamente incentrate su dati ricavabili, anche d parte dei suddetti dichiaranti, dal materiale documentale di cui i testi erano in possesso nella loro posizione professionale qualificata, piø che riguardare fatti o comportamenti dei quali i testimoni avevano una conoscenza diretta.
Supporta, a ben vedere, le conclusioni RAGIONE_SOCIALEa il principio di diritto affermato da Sez. 4, n. 31541 del 22/06/2023, COGNOME, Rv. 284860 – 01, che si attaglia perfettamente al caso di specie, secondo cui: «Il giudice d’appello che procede alla ‘reformatio in peius’ RAGIONE_SOCIALEa sentenza assolutoria di primo grado, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., non Ł tenuto alla rinnovazione RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria dibattimentale, nel caso in cui si limiti a una diversa valutazione in termini giuridici di circostanze di fatto non controverse, senza porre in discussione le premesse fattuali RAGIONE_SOCIALEa decisione riformata».
Si muove, del resto, nella stessa direzione ermeneutica il principio di diritto affermato da Sez. 2, n. 3129 del 30/11/2023, dep. 2024, Casopero, Rv. 285826 – 01, secondo cui: «Il giudice d’appello che, diversamente qualificando il fatto, procede alla “reformatio in peius” RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado non Ł tenuto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen., alla rinnovazione RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria dibattimentale, nel caso in cui si limiti a una diversa valutazione, in termini giuridici, di circostanze di fatto non controverse, senza porre in discussione le premesse fattuali RAGIONE_SOCIALEa decisione riformata».
Queste ragioni impongono di ribadire l’infondatezza del terzo motivo di ricorso.
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Così Ł deciso, 01/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME