Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9980 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9980 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PALERMO il 02/05/1977
avverso la sentenza del 22/05/2024 della CORTE RAGIONE_SOCIALE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
G11.0-4 – ia–e-elic-Iti3e-chfetieft43
Il PG conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte militare di appello del 22 maggio 2024, che ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Napoli del 16 maggio 2023, con la quale è stato condannato alla pena di anni uno di reclusione militare, in ordine al reato di truffa militare continuat pluriaggravata, ai sensi degli artt. 47 n. 2, 234 commi 1 e 2 cod. pen. mil . pace e falso continuato aggravato in foglio di licenza, di via e simili ai sensi degli artt. n. 2 e 220 cod. pen. mil . pace, perché da settembre 2018 a febbraio 2019, nella qualità di vice brigadiere del “Reparto Servizi magistratura Carabinieri di Reggio Calabria” poneva in essere artifizi e raggiri consistiti nel riportare al termine de servizi scorta effettuati in n. 48 fogli di viaggio orari di partenza e di rientro dila rispetto a quelli reali, nell’attestare falsamente di aver svolto missioni fuori sed e, contrariamente al vero, di non aver potuto fermarsi a consumare il pasto pur avendone diritto, inducendo in errore l’Amministrazione militare che gli ha così corrisposto un importo lordo (comprensivo della differenza tra quanto indebitamente liquidatogli e quanto a lui spettante in base agli orari di missione realmente effettuati) pari a euro 3.869,73, e procurandosi, quindi, un ingiusto profitto con pari danno per la medesima Amministrazione.
I motivi di ricorso
1.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 192, 533, 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., 27 Cost., 2 e 6 CEDU, e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello avrebbe omesso di rilevare che la motivazione della sentenza di primo grado era viziata nella parte in cui il Tribunale aveva contraddittoriamente condannato l’imputato per episodi di truffa posti in essere nelle medesime circostanze di fatto, rispetto a quelle presenti in altre ipotesi di truffa, in ordine alle quali lo stesso giudice di primo grado lo avev assolto.
In particolare, il ricorrente evidenzia come il Tribunale non avrebbe potuto affermare che il dato della cella telefonica, in alcuni casi, fosse giustificativo di u provvedimento assolutorio e, in altri casi, del tutto omogenei rispetto ai primi, consentisse la decisione di condanna.
Secondo il ricorrente, infatti, la giustificazione del diverso metro di giudizio fornito sarebbe inaccettabile, atteso che la Corte di appello si era limitata a rilevare che il vizio di motivazione non poteva sussistere, perché sui fatti in ordine ai quali era intervenuto il provvedimento assolutorio si era formato il giudicato parziale,
che non permetteva al giudice di merito di riesaminare i fatti posti a fondamento della decisione.
Per di più, sarebbe erronea l’affermazione della sentenza impugnata per la quale era stato assolto in tutti i fogli di viaggio per i quali l’imputato aveva fatto scorta al Sostituto procuratore della Repubblica COGNOME
All’uopo il ricorrente menziona il foglio di viaggio n. 393 del 7.2.2019, per i quale l’imputato aveva riportato i seguenti spostamenti “ore 19,30 Santa Maria Capua Vetere – ore 20,45 Aversa e ore 21,30 Aversa – ora 22,45 Santa Maria Capua Vetere, mentre per le celle telefoniche l’imputato agganciava le celle di Roma alle ore 20,26; fatto per il quale egli è stato assolto.
Al contrario, per altri fogli di viaggio, che pur presentavano le medesime incongruenze, COGNOME è stato condannato.
Tali diversità di valutazione determinerebbero la contraddittorietà della motivazione e la violazione dell’art. 192, comma 1, cod. proc. pen. per l’utilizzo disomogeneo dei criteri di valutazione delle prove in situazioni analoghe, con violazione altresì del canone decisorio “della condanna oltre ogni ragionevole dubbio”.
1.2. Il motivo è infondato. I giudici hanno fondato in modo ineccepibile il proprio convincimento sulla convergenza di una pluralità di elementi di accusa e, in particolare, in base alle dichiarazioni del Carabiniere NOME COGNOME e dal Ten. NOME COGNOME ampiamente illustrate nelle sentenze di primo e secondo grado; infatti, a pag. 32, il Tribunale militare di Napoli – con un giudizio confermato nella sentenza di appello – ha chiaramente precisato che la testimonianza di COGNOME sulla divergenza tra buoni pasto e fogli di viaggio e sulla sostanziale ammissione fattagli dall’imputato che si è a lui dichiarato pronto a rimborsare i corrispondenti buoni pasto da lui persi “costituisce il perno attorno al quale si collocano le altre risultanze”.
Infatti, le discrasie constatate da COGNOME NOME sono state confermate anche dai superiori.
La credibilità di COGNOME è stata correttamente valutata, anche per l’assenza di pregressi contrasti, sicché il sensibile divario tra l’orario di inizio/fine missi dichiarato nei fogli di viaggio da COGNOME e quello registrato dalle celle telefoniche agganciate dal cellulare dell’imputato, anche in confronto ai dati riferibili agli altri soggetti di volta in volta risultanti nella medesima missi costituisce un consistente apparato dimostrativo che è stato esposto in modo coerente nel complessivo impianto motivazionale della sentenza impugnata.
Nello stesso ordine di idee, a pag. 33 della sentenza di appello è stata correttamente valorizzata la dichiarazione del teste COGNOME che aveva addirittura
disconosciuto la propria firma su uno dei fogli di viaggio preparati dal capo scorta COGNOME.
Stante la solidità del quadro probatorio esposto in sentenza la pretesa divergente valutazione per alcuni fogli di viaggio, per i quali i giudici hanno ritenuto insufficiente la dimostrazione degli elementi costitutivi del reato contestato, non è idoneo a costituire un vizio di motivazione in termini di contraddittorietà con la restante parte.
L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, pertanto a questa Corte è inibito sindacare nel merito la valutazione del peso attribuito dal giudice a ciascun discostamento temporale risultato dai dati del traffico telefonico.
Si rammenta, inoltre, che il vizio di contraddittorietà della motivazione, che importa annullamento della sentenza, è solo quello che si traduce nella incompatibilità logica con un altro passo della stessa sentenza, ovvero – a seguito della modifica legislativa apportata dall’art. 8 L. 20 febbraio 2006 n. 46 – con altri atti indicati nel motivo di gravame che devono, tuttavia, indefettibilmente appartenere allo stesso processo (Sez. 3, n. 803 del 18/1272024, dep. 2025, COGNOME Rv. 287429 e Sez. 5, n. 34643 del 08/05/2008 Rv. 240996 – 01).
Nel caso di specie, tale incompatibilità logica non è stata evidenziata in modo preciso ed esaustivo, mentre il Tribunale militare a pag. 77 ha utilizzato un argomento che prescinde dal dato di traffico telefonico, spiegando, con motivazione richiamata anche in appello, che, laddove ha ritenuto di assolvere l’imputato, COGNOME aveva prestato servizio con altri quattro militari, e che, sebbene fosse stata riscontrata una notevole approssimazione nella relazione dei fogli di viaggio, quanto alle tappe delle missioni ed agli orari intermedi, era emerso come fossero eccezionali e molto meno eclatanti i discostamenti degli orari di inizio e termine di missione, pertanto i giudici hanno dato una motivazione che possiede una evidente logicità e persuasività basata sul numero dei militari che avrebbero potuto rilevare in tali occasioni le discrasie, sicché vi sarebbe stato un aumento esponenziale del pericolo corso dall’imputato di essere scoperto.
In mancanza di una marcata ed evidente illogicità di tale argomentazione, non sussiste il vizio di contraddittorietà denunciato in ricorso, atteso che le Corti d primo e di secondo grado hanno dato chiara giustificazione della diversità di valutazione svolta in tali occasioni in favore dell’imputato; pertanto, anche sul
foglio di viaggio n. 393 del 7.2.2019, è stata offerta in senso favorevole all’imputato una motivazione non manifestamente illogica e il complessivo giudizio non è stato svolto soltanto in base all’entità della discrasia temporale tra gli orari riportati nel foglio di viaggio e quelli indicati dalle celle telefoniche agganciate.
2.1. Col secondo motivo, deduce vizio di motivazione per la mancanza di riscontri probatori ai dati delle celle telefoniche ed omessa motivazione sui riscontri di segno negativo evidenziati nell’atto di gravame.
In particolare, per i dati esteriori del traffico telefonico, quale è l’aggancio del cella risultante dai tabulati telefonici, trova applicazione l’art. 1, comma 1-bis, D.L. 132 del 2021 conv. Conv. in Legge 23.11.2021 n. 178, secondo cui tali dati “possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l’accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni”, così delineando una regola legale di valutazione della prova mutuata dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., in tema di chiamata di correo.
Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata fa riferimento al fatto che non si tratta di individuare l’esatta collocazione dell’imputato in un certo indirizzo o quartiere, bensì in un ampio territorio ove avrebbe dovuto trovarsi in quel frangente, in base ai risultati conformi del traffico degli altri militari, ch volta in volta avevano svolto nelle medesime date il servizio insieme all’imputato.
Tuttavia, il ricorrente evidenzia che, nella sentenza, mai si è dato atto di dove fosse il collega di viaggio di COGNOME, sicché l’argomentazione usata è rimasta priva di concreto utilizzo nella sentenza e, per di più, è affetta da un errore di fondo, perché mancherebbe l’autonomia genetica delle fonti, consistendo la stessa sempre nei dati acquisiti dalle celle telefoniche.
A pag. 81 della sentenza impugnata, infatti, per giustificare la presenza di altri elementi di prova i giudici hanno scritto che “per oltre la metà degli episodi elencati in imputazione, vi sono irregolarità o discrasie documentali che non trovano altra giustificazione se non in una voluta contraffazione del reale finalizzata alla registrazione di dati non conformi al vero”: passaggio argonnentativo che sarebbe palesemente illogico, perché circolare: la cella evidenzia l’irregolarità documentale, quindi l’irregolarità documentale conferma il dato della cella.
I giudici hanno altresì argomentato, come elemento di riscontro, sul fatto che l’imputato fosse il capo scorta ed esisteva la prassi di gestire da solo le missioni, tenendo i contatti con l’autorità giudiziaria, prenotando i fogli di viaggio compilando i documenti sui quali gli altri colleghi apponevano la firma molti giorni dopo, circostanza che rendeva difficile ogni possibilità di concreta verifica (pag. 82).
In tal modo la sentenza avrebbe utilizzato come prova un fatto lecito, che corrispondeva alla prassi dell’ufficio, così dando un riscontro ai dati del traffico telefonico.
In questo modo, la Corte d’appello militare non avrebbe tenuto conto del requisito della c.d. “convergenza del molteplice”, che informa la valutazione dei riscontri probatori.
La Corte avrebbe altresì valorizzato la testimonianza dell’app. COGNOME e l’assenza di fogli di viaggio depositati a nome di colleghi della squadra, unitamente alle risultanze della geolocalizzazione.
In realtà la difesa aveva evidenziato che sarebbe bastato confrontare le date dei fogli di viaggio indicate da Bombaci con le date per le quali erano stati utilizzati i risultati delle celle telefoniche, per comprendere la diversità, tranne il 15 ottobre il 2 novembre e 1’8 novembre 2018, per altri sei infatti non vi è coincidenza.
La Corte, inoltre, non avrebbe motivato sul fatto che in alcuni casi, come nel foglio di viaggio n. 3264 del 3.9.2018, i dati del traffico del cellulare erano stat smentiti dal teste App. COGNOME la cui dichiarazione integrativa risulta uguale a quella di COGNOME.
In questo caso, il foglio di viaggio del collega riscontrava quello del ricorrente e smentiva la cella telefonica, ma a pag. 48 della sentenza non si dà una spiegazione.
2.2. Tale motivo è inammissibile. Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso l’asse portante sul piano probatorio non è la prassi di gestire da solo le missioni, quindi il fatto lecito sopra esposto; la sentenza impugnata ha congruamente argomentato – per come si è detto sopra – che il nucleo di prova centrale della vicenda è costituito dalle dichiarazioni dei due testi COGNOME e COGNOME, sicché le circostanze emerse dai dati del traffico telefonico lungi dal costituire un semplice elemento bisognoso di riscontri, costituiva esso stesso un ulteriore riscontro oggettivo e specifico di tali importanti dichiarazioni testimoniali
A questo proposito, il Collegio ribadisce che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere di spessore tale da risultare percepibile ictu ()cui’, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi d macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794).
3.1. Col terzo motivo, deduce vizio di motivazione ed errata applicazione degli artt. 192, 546 lett. e) cod. proc. pen., artt. 49 c.p. ) 234, commi 1 e 2 n. 1, c.p.m.p., nella parte in cui è stato ritenuto come artificio della truffa il mancato deposito dei fogli di viaggio relativi al collega COGNOME NOME, dalla cui segnalazione era partita l’indagine, perché si era visto consegnare dei buoni pasto in misura inferiore a quella che avrebbe dovuto percepire.
Infatti, a pag. 30 della sentenza di primo grado, si scrive che COGNOME si era accorto che veniva impiegato in servizio, cioè figurava in un foglio di viaggio, mentre per quel giorno e per quel servizio era rimasto a Reggio Calabria; tanto è vero che egli richiedeva il buono pasto che, appunto, normalmente viene riconosciuto al militare che non è in viaggio.
La Corte non avrebbe risposto, così, al terzo motivo di appello nel quale aveva denunciato l’illogicità della motivazione, perché se COGNOME lamenta la mancanza di buoni pasto e se i buoni pasto possono essere attribuiti solo a chi si trova in sede e non in missione, ciò significa che COGNOME avrebbe dovuto lamentare il fatto di non risultare in sede, bensì in missione.
Bombaci aveva disconosciuto la propria firma in una sola occasione il 29.10.2018, ma aveva iniziato a nutrire dubbi solo da dicembre 2018, mentre nessun rimprovero era stato mosso all’imputato di aver depositato fogli di viaggio inesistenti di Bombaci, come sarebbe stato logico desumere dai sospetti nutriti da Bombaci di non aver trovato i buoni pasto, appunto perché considerata l’alternatività buoni pasto e fogli di viaggio la diminuzione dei primi tali fa avrebbe indotto a pensare che erano aumentati i secondi nei riguardi di COGNOME ma così non è stato; di conseguenza il reato, in concreto, sarebbe risultato impossibile per l’inconsistenza dell’artificio o raggiro.
3.2. Anche questo motivo è infondato.
Innanzitutto, appare palesemente inconferente ed illogica la prospettazione del ricorrente (svolta nelle difese che si assume non essere state prese in considerazione dai giudici di merito) per la quale i buoni pasto possono essere attribuiti solo a chi si trova in sede e non in missione, circostanza dalla quale si sarebbe dovuto trarre come unica conseguenza che “COGNOME avrebbe dovuto lamentare il fatto di non risultare in sede, bensì in missione”.
Bombaci, infatti, ha correttamente lamentato il mancato pagamento dei buoni pasto, proprio perché era in sede e non in missione.
Sul punto in ogni caso sono assorbenti le argomentazioni svolte alle pagg. 24, 40 e 41 della sentenza di primo grado, in cui la Corte in modo ineccepibile ha concluso che “la disamina dei fogli di viaggio afferenti i giorni segnalati dal Bombaci (e non solo), effettuata in relazione al contenuto del registro dei fogli di viaggio, lascia emergere come in tali date manchi sistematicamente il deposito del
documenti inizialmente scritto a nome del COGNOME, il quale viene compilato con riferimento ad altra data e ad una diversa missione del COGNOME. In sostanza emerge l’inoppugnabile prova documentale che in tali occasioni soltanto per uno dei componenti la squadra di tutela (il COGNOME) viene depositato il foglio di viaggio, nonostante anche per l’altro (il COGNOME) fosse stato prenotato”.
Sul punto inoltre la Corte, sempre a pag. 41, argomenta in modo ineccepibile e congruo che in nove occasioni il foglio di viaggio di COGNOME era stato depositato, nonostante che per l’altro, COGNOME, fosse “prenotato” e il foglio di viaggio iscritto a nome di COGNOME risultava poi compilato e depositato a nome di COGNOME in altra data; fatto che dimostra l’esistenza di artifici e raggiri e la coscienza e l volontà della truffa.
4.1. Col quarto motivo, denuncia violazione degli artt. 178, 80, 521 e 522 cod. proc. pen. e violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, per essere stato condannato per due fatti non contestati nel capo di imputazione, cioè gli episodi commessi nella data 11.11.2018, non indicati nel capo di imputazione.
Al ricorrente si contestava di aver depositato a suo nome sia il foglio di viaggio (c.d. FDV) prenotato per lui, sia quello prenotato a nome del collega COGNOME: “il progressivo n. 3353 originariamente rilasciato per il COGNOME, risulta usato per il Bevi/acqua il giorno successivo”, come risulta dalla sentenza di primo grado.
Nella memoria durante il processo di appello, invece, veniva evidenziato che il foglio di viaggio n. 3353 era stato utilizzato da COGNOME; quest’ultimo, per il giorno successivo il 9.9.2018, aveva usato il n. 3355, tant’è che è contestato nel capo di imputazione, e non il foglio di viaggio n. 3353, mai usato da COGNOME.
In definitiva, vi sarebbe stata condanna per il foglio di viaggio n. 3353, che non era mai stato oggetto del capo di imputazione.
Entrambe le nullità erano state rilevate nell’atto di appello, senza tuttavia ricevere alcuna risposta nella sentenza impugnata.
4.2. Ritiene il Collegio che il motivo è manifestamente infondato. Come ha correttamente rilevato il Procuratore generale, nel dispositivo della sentenza l’episodio suindicato non è riportato; pertanto, non essendo stato indicato nemmeno nella contestazione e, consideraq, la prevalenza del significato del dispositivo riferito ovviamente solo alla contestazione, tale richiamo nel corpo della motivazione deve essere considerato ininfluenti agli effetti della decisione presa e della successiva formazione del giudicato.
5.1. Col quinto motivo, eccepisce la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (richiesta col terzo motivo di appello) volta ad acquisire ulteriore documentazione, taluna anche allegata all’atto di appello, relativa all’acquisizione
dei registri dei fogli di viaggio in uso all’Ufficio, anche relativi agli anni precedent al fine di accertare la prassi di correggere a penna il registro dei fogli di viaggio in relazione al nominativo cui il foglio risulta abbinato.
Infatti, nella prassi avveniva il riutilizzo del foglio di viaggio prenotato a nome di altri, perché il Carabiniere in questione, pure impiegato in base al c.d. “memoriale”, per varie ragioni, poi, non prendeva effettivo servizio per la missione per la quale era stato comandato.
Secondo in Tribunale il registro non veniva nella prassi mai modificato, mentre il foglio di viaggio veniva annullato.
Dagli atti, invece, risultano molteplici cancellature nel registro dei fogli d viaggio.
La rilevanza, invece, della prova richiesta consisteva nel fatto che vi era un mancato aggiornamento del registro dei fogli di viaggio e del memoriale di servizio.
E’ stata altresì rigettata la richiesta di acquisire le e-mail di risposta e quel inviate dal COGNOME ad ogni fine turno, per comunicare eventuali variazioni di servizio.
Per il ricorrente, se si fosse comparata la durata del turno dichiarata dal ricorrente con i dati risultanti dal foglio di viaggio, sarebbe stato facile riscontrar l’esistenza stessa della missione esterna: fatto che avrebbe dimostrato che il ricorrente ragguagliava immediatamente il proprio ufficio del concreto atteggiarsi del turno e della missione per un aggiornamento specifico del memoriale, ancor prima di inviare la documentazione al servizio amministrativo per la liquidazione.
5.2. Il motivo è inammissibile. La Corte ha rigettato la richiesta, ritenendo l’acquisizione non necessaria e spiegando, a pag. 83 della sentenza impugnata, che “le testimonianze complessive dei superiori di Reparto conducono a ritenere le eventuali correzioni ravvisate quali mere eccezioni”.
In ogni caso, la richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale nel giudizi di appello con evidenza non appare suffragata da elementi concreti già emersi o acquisiti che abbiano una chiara decisiva incidenza sul suddetto impianto probatorio, sicché la stessa argomentazione svolta nella richiesta e nel successivo ricorso appare con evidenza priva di motivazioni diverse da quella di ricercare in modo esplorativo nuovi possibili spunti difensivi.
Infatti, la rinnovazione del dibattimento in fase di appello, è un provvedimento che deve vincere la presunzione di completezza dell’indagine probatoria dibattimentale in primo grado, ha carattere eccezionale giustificato dall’assoluta necessità dell’assunzione della nuova prova al fine della decisione.
Non è perciò sindacabile il provvedimento della Corte d’appello che motivi anche implicitamente in maniera logica ed accettabile sulla non indispensabilità
degli accertamenti prospettati (tra le tante, Sez. 6, n. 7047 del 15/03/1996, Pg in proc. COGNOME, Rv. 205673).
6.1. Col sesto motivo, deduce violazione degli artt. 43 cod. pen. e 234 comma 1 e 2 n. 1 cod. pen. mil . pace, per carenza degli elementi costitutivi del delitto di truffa militare di tipo oggettivo e soggettivo.
Il dato della cella agganciata dal telefono dell’imputato durante la missione sarebbe di per sé inidoneo a provare i reati contestati.
La condotta di non depositare i fogli di viaggio dei colleghi, depositandoli poi a suo nome per una data successiva, è un’azione strutturalmente inidonea ad ingannare l’amministrazione e a danneggiare il collega militare o l’amministrazione.
La stessa sentenza dà atto della prassi di correggere a penna il registro dei fogli di viaggio e il mancato aggiornamento del memoriale, sicché doveva riconoscersi come insignificante qualsiasi altra discrasia documentale.
Sul piano dell’elemento psicologico, la Corte ha dato atto che una siffatta truffa poteva essere compiuta solo da militare che svolge una scorta di 4° livello, quindi non particolarmente intensivo e non coinvolgente l’intervento di altri reparti operativi o territoriali dei Carabinieri (pag. 87); l’imputato, invece, ha riportato condanna sia quando il dispositivo coinvolgeva tre persone sia quando operava da solo o con un collega.
La Corte avrebbe, infine, omesso di valutare il fatto rilevato in sede di appello per il quale, se ci fosse effettivamente stato l’intento di danneggiare l’Amministrazione, egli avrebbe potuto, senza alcun rischio di essere scoperto, riportare solo il numero delle ore dei turni di servizio (non oggetto di contestazione) per ottenere gli stessi pagamenti delle ore di straordinario, infatti dalle buste paga si evince che, mentre un’ora di straordinario vale 12,16 euro lorde, un’ora di missione vale 8,00 euro lorde.
Su questo punto, la Corte di appello nulla avrebbe risposto.
6.2. Anche quest’ultimo motivo è infondato.
Il fatto che l’imputato abbia preferito un sistema di truffa ad un altro costituisce di per sé un argomento di merito, che non è in grado di scardinare in radice l’impianto probatorio ricostruito dai giudici e come tale non può essere oggetto di valutazione in questa sede.
Con riferimento al reato ritenuto sussistente dai giudici, giova ribadire che i comportamenti fraudolenti devono essere astrattamente capaci di trarre in inganno e oggettivamente adeguati in vista del conseguimento dell’ingiusto vantaggio (Sez. 1 n. 31897 del 12/07/2023 Basile Rv. 285048).
Nel caso di specie, l’artificio consisteva nella falsa indicazione nei fogli di viaggio degli orari di inizio e fine della singola missione, sicché sussistono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi indicati dalla fattispecie criminosa per il conseguimento dell’ingiusto profitto riportato nella rubrica.
Le prove valutate dai giudici – come si è detto sopra – sono più articolate della mera condotta di non depositare i fogli di viaggio dei colleghi, depositandoli poi a nome dell’imputato per una data successiva.
Il dato della cella agganciata dal telefono dell’imputato durante la missione come è stato spiegato ampiamente nelle sentenze dei giudici di merito – è chiaramente idoneo a provare i reati contestati, perché sulla base di tali dati si fondava l’attività dell’ufficio rivolta alla liquidazione dei diritti e rimborsi sp spettanti ai militari in missione.
Essa è un’azione strutturalmente idonea ad ingannare e a danneggiare l’Amministrazione militare.
In definitiva, nell’articolata motivazione della sentenza impugnata i giudici di merito hanno evidenziato un elemento logico complessivo che scaturisce dalla pluralità degli episodi similari e dalla parziale ammissione fatta da COGNOME nelle interlocuzioni con COGNOME.
Ogni episodio, per di più, riscontra gli altri simili e, in ogni caso, la difesa h non confutato in modo analitico e specifico tutti i riscontri evidenziati di volta in volta dai giudici.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/12/2024