LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Truffa militare: condanna per orari di lavoro falsati

Un militare è stato condannato per truffa militare per aver sistematicamente alterato i suoi orari di ingresso al lavoro, autocertificando un orario anticipato rispetto a quello registrato dal sistema elettronico. Assolto in primo grado, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, condannandolo. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, rigettando il ricorso e chiarendo importanti principi sulla motivazione richiesta per ribaltare un’assoluzione e sulla legittimità della rinnovazione parziale delle prove in appello. La sentenza si concentra sulla truffa militare e sui suoi elementi costitutivi.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Militare: la Cassazione sulla Prova degli Orari di Lavoro Falsati

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha confermato la condanna per truffa militare nei confronti di un sottufficiale, accusato di aver alterato sistematicamente i propri orari di servizio. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui criteri di prova nel reato di truffa ai danni dello Stato e sui poteri del giudice d’appello nel ribaltare una sentenza di assoluzione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un Primo Maresciallo in servizio presso una Scuola dell’Aeronautica Militare. L’accusa contestata era quella di truffa militare continuata e aggravata per aver, attraverso artifizi e raggiri, indotto in errore l’Amministrazione, conseguendo un ingiusto profitto.

In particolare, il militare era accusato di modificare manualmente i dati nel sistema informatizzato di gestione delle presenze (denominato PERSEO), dichiarando un orario di inizio servizio anticipato rispetto a quello reale. La prova principale a carico era costituita dalla discordanza tra l’orario di ingresso registrato dal sistema di lettura del codice a barre posto alla sbarra d’accesso della base e l’orario, sempre antecedente, che lui stesso inseriva manualmente. Il danno per l’Amministrazione Militare è stato quantificato in circa 12.000 euro, corrispondenti a quasi 600 ore di servizio retribuite ma non prestate.

Il Percorso Giudiziario: Dall’Assoluzione alla Condanna

In primo grado, il Tribunale Militare di Roma aveva assolto l’imputato dalle accuse più recenti (mentre le più datate erano state dichiarate prescritte) perché “il fatto non sussiste”. Il Tribunale aveva ritenuto inaffidabile il quadro probatorio, sottolineando come la mancanza di autorizzazioni scritte per le uscite di servizio non fosse un elemento decisivo e valorizzando le ottime note caratteriali e la dedizione al lavoro del militare.

La Procura Militare ha impugnato la sentenza, concentrandosi esclusivamente sugli episodi di “entrata dalla sbarra” in orario successivo a quello autocertificato. La Corte Militare di Appello, dopo aver disposto una rinnovazione parziale dell’istruttoria sentendo tre testimoni, ha ribaltato completamente la decisione di primo grado. Ha dichiarato l’imputato responsabile del reato di truffa militare, condannandolo a otto mesi e quattordici giorni di reclusione militare, oltre alla pena accessoria della rimozione dal grado. Secondo la Corte d’Appello, la sistematica modifica manuale degli orari, sempre a proprio vantaggio economico e in assenza di qualsiasi giustificazione, costituiva un quadro probatorio univoco e convergente.

La truffa militare e i motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su diverse censure, tra cui:
1. Motivazione apparente: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente confutato le argomentazioni del primo giudice, limitandosi a sostituire la propria valutazione delle prove.
2. Vizio di motivazione: Contestava la valutazione sull’affidabilità del sistema di rilevazione degli accessi e la mancata considerazione di prove a discarico.
3. Mancata rinnovazione dell’istruttoria: Si lamentava che la Corte d’Appello avesse rinnovato l’istruttoria in modo troppo selettivo, ascoltando solo tre dei dieci testimoni richiesti.
4. Genericità dell’appello del Pubblico Ministero: Si deduceva l’inammissibilità del gravame originario proposto dalla Procura.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. In primo luogo, ha escluso la genericità dell’appello del Pubblico Ministero, ritenendolo sufficientemente specifico nell’individuare le condotte contestate.

Il punto centrale della decisione riguarda l’obbligo di “motivazione rafforzata”. La Cassazione ha chiarito che tale obbligo non sussiste quando la sentenza di assoluzione di primo grado è, essa stessa, priva di una specifica argomentazione sui punti oggetto di impugnazione. Poiché il Tribunale non aveva motivato in modo specifico l’assoluzione per gli episodi di “entrata irregolare”, la Corte d’Appello non era tenuta a una confutazione analitica, ma poteva semplicemente esporre il proprio, autonomo, percorso logico-giuridico.

Per quanto riguarda la rinnovazione parziale dell’istruttoria, la Corte ha stabilito la sua piena legittimità. La decisione di riascoltare solo alcuni testimoni è stata presa d’ufficio dal collegio d’appello in base a un criterio di “necessità” (art. 603, comma 3, c.p.p.), e non su richiesta di parte legata a presunte prove dichiarative decisive (art. 603, comma 3-bis, c.p.p.). In tale contesto, il giudice d’appello gode di piena discrezionalità nella scelta delle prove da rinnovare.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: la condotta sistematica di alterazione degli orari di servizio, se provata da riscontri oggettivi (come i dati di un sistema di controllo accessi) e priva di giustificazioni, integra pienamente gli artifizi e raggiri richiesti per il reato di truffa militare. La decisione chiarisce, inoltre, i confini procedurali dell’appello, specificando che l’obbligo di motivazione rafforzata per il giudice che ribalta un’assoluzione è strettamente legato alla solidità argomentativa della sentenza di primo grado. Un’assoluzione non motivata su punti specifici può essere riformata con una motivazione che, sebbene contraria, sia logica, coerente e completa.

Quando un giudice d’appello può condannare un imputato assolto in primo grado senza una “motivazione rafforzata”?
Secondo la sentenza, ciò è possibile quando la sentenza di assoluzione di primo grado manca di una specifica argomentazione sui punti che sono stati oggetto di appello. Se il primo giudice non ha fornito un ragionamento strutturato a sostegno dell’assoluzione per una determinata accusa, il giudice d’appello non è tenuto a confutare argomenti inesistenti e può fondare la condanna su una propria autonoma valutazione delle prove.

È legittimo che la Corte d’Appello rinnovi solo parzialmente l’istruttoria, ascoltando solo alcuni testimoni?
Sì, è legittimo. La Corte di Cassazione ha chiarito che quando la rinnovazione è disposta d’ufficio dal giudice perché ritenuta “necessaria” ai fini della decisione (ai sensi dell’art. 603, comma 3, c.p.p.), il giudice stesso ha la facoltà discrezionale di selezionare le fonti di prova da riesaminare, senza essere obbligato a riascoltare tutti i testimoni.

La modifica manuale e sistematica degli orari di ingresso è una prova sufficiente per una condanna per truffa militare?
Sì. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la modifica manuale e costante degli orari di ingresso, sempre a vantaggio economico dell’imputato e in assenza di qualsiasi giustificazione plausibile, costituisce un elemento di prova univoco e sufficiente a dimostrare la condotta fraudolenta richiesta per configurare il reato di truffa militare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati