Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 33479 Anno 2024
Penale Sent. Sez. F Num. 33479 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/08/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Giulianova il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 21/03/2024 emessa dalla Corte militare di appello di Roma visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale militare NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 27 aprile 2021 il Pubblico ministero militare ha richiesto il rinvio a giudizio di NOME COGNOME per il delitto di truffa militare continuata e pluriaggravat
di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 47 n. 2 e 234, primo e secondo comma, cod. pen. mil . di pace.
Secondo l’ipotesi di accusa, l’imputato, in qualità di tenente colonnello e, all’epoca dei fatti, di ufficiale del reparto Comando e supporti tattici della RAGIONE_SOCIALE, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e in più occasioni, al fine di ottenere una rideterminazione più favorevole del canone per l’alloggio demaniale RAGIONE_SOCIALE, ubicato in RAGIONE_SOCIALE, alloggio che nonostante fosse terminato l’incarico di Ufficiale continuava ad occupare dal 15 settembre sine titulo, avrebbe posto in essere artifizi e raggiri, consistiti nel produrre, al reparto di appartenenza, dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà mendaci in data 26 ottobre 2016, in data 5 aprile 2017 e in data 29 ottobre 2019, traendo in errore l’amministrazione militare, che, confidando nella veridicità delle stesse, avrebbe rideterminato il canone in misura minore di quanto dovuto; fatto aggravato dal grado rivestito e dal danno cagionato all’amministrazione militare.
Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale militare di Napoli, all’esito del giudizio abbreviato di primo grado, con sentenza emessa in data 14 marzo 2023, ha assolto l’imputato dai delitti al medesimo ascritti, con riferimento alle dichiarazioni datate 26 ottobre 2016 e 29 ottobre 2019 perché il fatto non sussiste, e, con riguardo alla dichiarazione 5 aprile 2017, perché il fatto non costituisce reato.
Il Giudice dell’udienza preliminare ha, infatti, ritenuto che le prime due dichiarazioni non avevano cagionato alcun profitto ingiusto all’imputato nella determinazione del canone locatizio dovuto all’amministrazione, né alcun danno all’amministrazione militare; con riferimento alla dichiarazione relativa al 2017, non vi era, invece, prova del dolo dell’imputato, in quanto la mancata indicazione degli immobili dei quali COGNOME era comproprietario a Giulianova poteva essere dipesa non già da una volontà truffaldina, ma da semplice superficialità o trascuratezza, atte a integrare solo la colpa dell’imputato.
Con la sentenza impugnata la Corte militare di appello, in parziale riforma della sentenza appellata, ha dichiarato l’imputato responsabile del delitto ascrittogli, limitatamente all’episodio commesso nel 2017, e applicate le circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle contestate aggravanti, e la diminuente per il rito abbreviato, lo ha condannato alla pena sospesa di quattro mesi di reclusione militare e alla pena accessoria della rimozione, oltre che al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio,
AVV_NOTAIO, nell’interesse dell’imputato, ha proposto ricorso avverso questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, proponendo tre motivi di ricorso.
4.1. Con il primo motivo il difensore deduce l’inosservanza dell’art. 234 del codice penale militare di pace, la contraddittorietà della motivazione e il travisamento della prova sul punto.
Il Tribunale militare di appello avrebbe, infatti, illegittimamente ritenuto che l’imputato abbia dolosamente omesso di indicare, nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà presentata, gli immobili dei quali l’imputato era nudo proprietario in Giulianova.
Il difensore eccepisce t n ; , infatti, che nella sentenza impugnata 4 s rebbe pacifico che la disponibilità dei predetti immobili fosse dei genitori dell’imputato nella sentenza di primo grado sarebbe anche stato menzionato l’atto di donazione di tali immobili con riserva di usufrutto in favore dei propri genitori.
Il reddito relativo a tali immobili non poteva concorrere a formare il suo reddito complessivo dell’imputato, in quanto l’art. 26 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi) sancisce che i redditi fondiari concorrono a formare il reddito di chi ne abbia il possesso a titolo di proprietà, usufrutto o altri diritti reali.
Il reddito dell’imputato, dunque, non avrebbe subito alcun incremento se l’imputato avesse dichiarato gli immobili di cui aveva la nuda proprietà, in quanto gli stessi erano nella disponibilità dei suoi genitori, che ne erano gli usufruttuari.
4.2. Con il secondo motivo il difensore censura la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato, in quanto la Corte militare di appello avrebbe illogicamente escluso che l’errore nella dichiarazione fosse determinato da colpa.
4.3. Con il terzo motivo il difensore deduce il vizio di mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale (e, dunque, in nove mesi in luogo di sei mesi di reclusione militare).
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con requisitoria scritta depositata in data 2 agosto 2024, il Procuratore generale militare ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Con memoria depositata in data 19 agosto 2024, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale e ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto.
Con il primo motivo il difensore deduce l’inosservanza dell’art. 234 del codice penale militare di pace, la contraddittorietà della motivazione e il travisamento della prova sul punto.
3. Il motivo è fondato.
3.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, gli artifizi e i raggiri richiesti per la configurabilità del reato di truffa pos consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, quando tale condotta sia risultata idonea a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti avrebbe negato (ex plurimis: Sezione 2, n. 23079 del 9/5/2018, Blasetti, Rv, 272981 – 01; Sezione 2, n. 28791 del 18/6/2015, COGNOME, Rv. 264400 – 01; Sezione 2, n. 28703 del 19/3/2013, COGNOME, Rv. 256348 – 01; Sezione 2, n. 32859 del 19/6/2012, COGNOME, Rv. 253660 – 01; Sez. 6, n. 5579 del 3/04/1998, Penna, Rv. 210613).
Se, tuttavia, l’inerzia o il silenzio possono integrare l’elemento oggettivo del reato di truffa (e di truffa militare di cui all’art. 234 cod. pen. mil . di pace.) a condizione che siano antidoverosi, cioè che corrispondano all’omesso adempimento di un obbligo di comunicazione, è previamente necessario accertare il fondamento e l’ampiezza di tale obbligo per ritenere sussistente il delitto contestato.
3.2. La Corte militare di appello non ha, tuttavia, fatto buon governo di tali consolidati principi nella sentenza impugnata.
I giudici di appello hanno, infatti, ritenuto integrati gli artifici e i raggiri integrare il delitto di truffa nell’omessa indicazione da parte dell’imputato, nell dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà presentata in data 5 aprile 2017, di essere nudo proprietario, unitamente al fratello, di due immobili siti in Giulianova.
Questa dolosa omissione, atta ad occulto parte del reddito imponibile, avrebbe consentito all’imputato di ottenere una rideterminazione più favorevole del canone per l’alloggio occupato e di risparmiare illegittimamente per l’anno 2017 l’importo di euro 2.402,12.
Il D.M. Ministero della Difesa del 16 marzo 2011, prevede, infatti, la determinazione del c.d. “reddito di riferimento” del richiedente, secondo la disciplina tributaria vigente, al fine di stabilire lo scaglione reddituale sulla ba
del quale calcolare il “coefficiente correttivo” per la determinazione del canone di locazione da corrispondere per l’alloggio militare concesso in locazione.
La Corte di appello, tuttavia, ha apoditticamente sostenuto l’obbligo di indicare nella dichiarazione sostitutiva anche il reddito derivante dagli immobili dei quali il richiedente sia meramente nudo proprietario senza individuarne il fondamento legale e non si è confrontata con la specifica disciplina tributaria dettata dal legislatore per tali cespiti, ancorché la disciplina tributaria s espressamente richiamata dall’art. 2, comma 2, del D.M. del 16 marzo 2011.
Entrambe le sentenze di merito hanno, del resto, ritenuto incontestato che gli immobili di Giulianova siano stati donati all’imputato e al fratello dai genitor con riserva dell’usufrutto, e che fossero nella disponibilità di questi ultimi.
L’art. 26 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi) sancisce che «i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo qua stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possess
Posto, dunque, che la nuda proprietà è anch’essa un diritto reale, i redditi fondiari concorrono a formare il reddito imponibile del percettore ai fini Irpef.
Al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, tuttavia, il secondo comma di questa disposizione prevede che «Nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il red fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto».
I giudici di appello, dunque, non hanno chiarito il criterio legale utilizzato pe il computo del reddito derivante dagli immobili dei quali il richiedente era nudo proprietario e se sia stato considerato l’integrale reddito fondiario derivante dai predetti immobili o solo la quota di spettanza del nudo proprietario, in conformità alla disciplina tributaria vigente.
Questa carenza di motivazione assume efficacia decisiva nel viziare la struttura logica della sentenza di condanna, in quanto non consente di affermare la rilevanza penale dell’omissione dichiarativa dell’imputato.
La Corte di appello, infatti, non ha chiarito se, nella disciplina vigente l’informazione omessa fosse doverosa, e, in caso positivo, la sua l’idoneità a occultare effettivamente un incremento del reddito imponibile, determinando, nel sistema “a scaglioni” previsto dalla disciplina dell’amministrazione militare, una correlativa riduzione nella determinazione del canone dovuto all’amministrazione.
3.3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso imporrebbe, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello militare, per nuovo giudizio sui punti indicati. L’annullamento, come si dirà di seguito, deve,
tuttavia, essere disposto senza rinvio, in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo il difensore censura la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato, in quanto la Corte militare di appello avrebbe illogicamente escluso che l’errore nella dichiarazione presentata dall’imputato fosse determinato da colpa.
5. Il motivo è fondato.
Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale militare di Napoli, nella sentenza di primo grado ha escluso, con riferimento alla dichiarazione relativa al 2017, che fosse stata raggiunta la prova del dolo dell’imputato, in quanto la mancata indicazione degli immobili dei quali COGNOME era comproprietario poteva essere dipesa non già da una volontà truffaldina, ma da semplice superficialità o trascuratezza, atte a integrare solo la colpa dell’imputato.
Il giudice ha rilevato che l’imputato nell’interrogatorio reso ha precisato che tali immobili, proprio perché in nuda proprietà, non dovevano essere dichiarati nel 730; l’imputato, inoltre, al momento della presentazione della domanda di rideterminazione del canone di locazione, era in procinto di recarsi all’estero per una delicata missione iniziata dopo pochi mesi in Kuwait, tanto che l’anno successivo non aveva presentato alcuna domanda, anche per i difficili e onerosi incarichi rivestiti, esponendosi all’applicazione del canone in misura massima.
La Corte di appello militare ha, invece, ritenuto sussistente il dolo dell’imputato, in quanto «non appare verosimile che il COGNOME abbia agito per un semplice errore determinato da colpa nella redazione della dichiarazione indirizzata all’amministrazione di appartenenza…, sia per l’evidente interesse economico che si è palesato come diretta conseguenza della sua omissione, sia per il lungo arco di tempo in cui si è prolungata la predetta situazione di vantaggio, durante il quale avrebbe avuto ampiamente modo di modificare la sua condotta ove si fosse trattato di condotta colposa».
I rilievi della Corte di appello, tuttavia, oltre a non integrare una motivazione rafforzata, obbligatoria nel caso di ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado (ex plurimis: Sez. 4, n. 24439 del 16/06/2021, COGNOME, Rv. 281404- 01; Sez. 6, n. 5898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 – 01; Sez. 2, n. 41784 del 18/07/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275416 – 02; Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, C., Rv. 270149 – 01), non sono idonei a motivare l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio.
Il canone dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» enuncia, infatti, sia una regola di giudizio che definisce lo standard probatorio necessario per pervenire alla
condanna dell’imputato, sia un metodo legale di accertamento del fatto che obbliga il giudice a sottoporre, nella valutazione delle prove, la tesi accusatoria alle confutazioni costituite dalle ricostruzioni antagoniste prospettate dalle difese, sicché la violazione di tali parametri rende la motivazione della sentenza manifestamente illogica (Sez. 6, n. 45506 del 27/04/2023, Bagarella, Rv. 285548 – 15).
Il dato fattuale del silenzio serbato dall’imputato sulla titolarità degli immobil di cui era nudo proprietario è, del resto, logicamente compatibile sia con la volontarietà e la consapevolezza dell’omissione dichiarativa, che con la sua ignoranza dovuta a colpa, anche in ragione dell’obiettiva complessità della disciplina tributaria e di quella dettata dall’amministrazione militare per gli allog di servizi (non a caso ripetutamente scandagliata a mezzo dell’ausilio di “testimoni esperti”, sia nel primo che nel secondo grado del giudizio).
La sentenza impugnata non ha, del resto, indicato specifici elementi che consentano di escludere, con ragionevole certezza e in rapporto alle specifiche circostanze del caso, il mero errore dichiarativo dell’imputato e di affermarne il dolo.
Il vantaggio asseritamente ritratto dall’imputato non comprova di per sé il carattere doloso dell’omissione dichiarativa e nessun rilievo può, inoltre, assumere sul piano logico la mancata correzione della dichiarazione, in quanto il richiedente, in assenza di segnali di allarme, ben avrebbe potuto permanere nel proprio stato di errore dovuto a colpa sino alla contestazione svolta dall’autorità giudiziaria.
Ritiene, tuttavia, il Collegio di dover disporre l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio e, dunque, senza disporre ulteriori approfondimenti sul punto.
L’ampio lasso di tempo decorso dai fatti oggetto di accertamento e l’ampia dialettica processuale svoltasi su tale punto controverso, sia nel giudizio di primo che di secondo grado, non consentono, tuttavia, di ritenere che la celebrazione di un giudizio di rinvio possa, in alcun modo, arrecare contributi utili all’ulterio chiarimento della regiudicanda.
La completa istruttoria svolta nelle indagini preliminari, ulteriormente integrata nel giudizio di primo grado e nel giudizio di appello, ha, dunque, ormai esaurito le possibilità di accertamento del giudizio penale in ordine all’elemento psichico dell’imputato all’atto della presentazione della dichiarazione sostitutiva contestata nel presente processo.
In questa situazione di obiettiva impossibilità di arricchire il quadro degli elementi probatori disponibili, una rinnovata valutazione degli stessi da parte del giudice di rinvio si rivela, inoltre, strutturalmente inidonea a colmare le lacune nel ragionamento probatorio operato dalla sentenza impugnata e a superare ogni
ragionevole dubbio in ordine alla consapevolezza da parte dell’imputato di aver taciuto circostanze rilevanti ad ottenere una riduzione del canone di locazione.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, del resto, affermato che nel giudizio di cassazione, l’annullamento della sentenza di condanna va disposto senza rinvio allorché un eventuale giudizio di rinvio, per la natura indiziaria del processo e per la puntuale e completa disamina del materiale acquisito nei pregressi giudizi di merito, non potrebbe in alcun modo colmare la situazione di vuoto probatorio storicamente accertata (Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, COGNOME, Rv. 22610001; Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002 (dep. 2003), Carnevale, Rv. 224182 – 01; Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019 (dep. 2020), Bolla, Rv. 279555-19).
Alla stregua di tali rilievi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. L’accoglimento dei primi due motivi, in virtù della loro valenza assorbente, esime dal delibare il terzo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso il 27/08/2024.