Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4185 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4185 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN GAVINO MONREALE il 27/05/1966 avverso la sentenza del 12/01/2023 della CORTE di APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito il difensore della parte civile, Gestore dei servizi energetici, Avv. NOME che depositava conclusioni e nota spese.
Udito il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME che insisteva l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Cagliari, decidendo con le forme del giudizio abbrevi confermava la responsabilità di NOME COGNOME per il reato di concorso nel reato in ai danni dello Stato.
Si contestava allo Spano, in qualità di vicepresidente del Consigl amministrazione della società “RAGIONE_SOCIALE“, di avere attesta
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Gestore dei Servizi energetici della regione Sardegna di volere realizzare dell fotovoltaiche, che, contrariamente a quanto attestato, non erano finalizzate a sup l’attività agricola, ma erano destinate alla produzione “industriale” di energia ele
Tali false attestazioni avevano indotto in errore sia il Gestore dei servizi e (GES), che i funzionari della Regione, in ordine alla sussistenza dei requisiti per l’autorizzazione alla realizzazione dei pannelli ed il loro collegamento alla rete ele
La vendita della corrente elettrica prodotta con le serre fotovoltaiche aveva con (a) di trarre utili maggiori in quanto l’energia prodotta da fonti rinnovabili veniv ad un prezzo più elevato rispetto a quella prodotta da fonti tradizionali, (b) d indebitamente i relativi incentivi. L’ingiusto profitto era consistito nell’ottenim somma di oltre quattro milioni e mezzo di euro per la vendita di energia elettrica al dei servizi energetici” e della somma di oltre quindici milioni di euro per contribu forma di incentivi pubblici, per la produzione di energie rinnovabili connesse all agricola.
La Corte di appello, inoltre, confermava la confisca ai sensi dell’articolo 578-bis cod. proc. pen. dei terreni e delle serre fotovoltaiche utilizzati per consumare i lottizzazione abusiva, dichiarato estinto per decorso del termine di prescrizione.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduce
2.1. violazione di legge: la Corte di appello avrebbe interpretato illegittimam normativa extrapenale che regola l’accesso agli incentivi per la realizzazione di i serricolo-fotovoltaici.
Si deduceva che:
(a) la normativa di settore non darebbe alcuna indicazione circa la necessità c “redditività della produzione agricola”, gestita attraverso gli impianti fotovoltaic dei contributi, dovesse essere “equivalente” o “superiore” a quella relativa ai ri della produzione da energia elettrica; non indicherebbero tale necessità né la cir dell’Agenzia delle entrate del 6 luglio 2009 n. 32/E, che si riferirebbe esclusiva regime fiscale del reddito agrario, né la sentenza della Corte costituzionale n. 6 aprile 2005, anch’essa destinata a definire il regime fiscale applicabile all’attivi connessa alla produzione di energia da fonti rinnovabili;
(b) che l’impegno della “RAGIONE_SOCIALE” nell’attività agricola aveva una consiste economica indicativa della sua prevalenza rispetto alla produzione di energia ele come emergerebbe dal fatto che i lavoratori addetti all’attività agricola sarebb venti, mentre gli addetti alla manutenzione elettrica sarebbero solo “due o tre”; quanto all’effettività della produzione agricola, si allegava che la società RAGIONE_SOCIALE avrebbe investito per la realizzazione dell’impianto di produzione agricola o milioni di euro; che, solo per la coltivazione, sarebbero stati investiti oltre quat
di euro; che sarebbero state realizzate centotrentaquattro serre-falda, per un oltre ventisei ettari di superficie coperta; che per valutare l’effettiva redd coltivazioni sarebbero occorsi diversi anni, come sarebbe stato confermato dichiarazioni di NOME COGNOME;
(c) che la legittimità dei contributi dipenderebbe esclusivamente dal rispet requisiti indicati dalla I.r. n. 3 del 2008, nulla rilevando quanto disposto dalle disposizioni regolamentari della Regione Sardegna. Si deduceva, a conforto, che il gi amministrativo aveva ritenuto che l’incentivo dello Stato per la produzione di e elettrica da fonte fotovoltaica integrata fosse del tutto scollegato rispetto alla da produzione agricola;
(d) che, quanto al vincolo dell'”autoconsumo” del 70% della produzione elettrica “RAGIONE_SOCIALE” non sarebbe mai stata soggetto autoproduttore e, quindi, non sare stata vincolata a dedicare il 70% dell’energia all’attività agricola;
(e) che il Tar avrebbe sospeso l’efficacia della delibera della Giunta regionale n. 302 del 2008 nella parte in cui, per le zone agricole, consentiva la localizz impianti fotovoltaici “a terra” limitatamente all’autoproduzione di energia necessa svolgimento delle attività “connesse”, poiché tale provvedimento sarebbe in contrast gli obblighi internazionali che favorivano la produzione di energia rinnovabile; GLYPH dalla delibera, peraltro, sarebbero esclusi gli impianti serricoli, come quelli oggetto de procedimento;
(f) che, quanto alla ritenuta assenza della qualifica di “imprenditore professi agricolo in capo alla “RAGIONE_SOCIALE“, la società avrebbe ottenuto la qualif imprenditore agricolo 1’8 luglio 2014; tuttavia il provvedimento retroagirebbe novembre 2013, data dell’iscrizione provvisoria. Pertanto, sarebbe illegittimo aff che la società non aveva la qualifica di imprenditore agricolo professionale;
2.2. violazione di legge: contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merit vi sarebbe alcuna illegittimità nell’ottenimento dell’autorizzazione alla “reali dell’impianto serricolo-fotovoltaico con la procedura del “silenzio-assenso” previst I.r. n. 3 del 2008, dato che tale legge sarebbe quella applicabile ratione tempons; le eccezioni alla procedura del silenzio-assenso non riguarderebbero l’autorizzazion realizzazione dell’impianto, ma solo le opere di “connessione”, ovvero le infrastrut rete destinate al trasporto (tale sarebbe la interpretazione corretta dell’ad c lett. n) della I.r. n. 3 del 2008, lette alla luce dell’ad. 1 della I. r. n. deduceva, in sintesi, che solo rimpianto di connessione” per la diffusione dell’ener non quello relativo alla realizzazione degli impianti, avrebbe dovuto rispettare la pr aggravata prevista dalla I. r. n. 43 del 1989, che imponeva il ricorso alla Confe servizi;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione (travisamento della prov omissione): non sarebbe stato considerato quanto allegato dalla difesa e, segnatam il contenuto della nota dell’Assessorato all’Industria della Regione Sardegna del 3 2010, prot. n 1117, nella quale si specificava che la “Conferenza di servizi” sarebb necessaria solo se la richiesta per la realizzazione di un impianto di connessione fos presentata congiuntamente alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione dell’i produttivo di energia: in questo caso, entrata in vigore la I. r. n. 3 del 2009, la per emettere l’autorizzazione apparterrebbe alla Regione nell’ambito del “procedi unico” previsto dall’art. 12 del d. I.gs n. 387 del 2023; diversamente, se l’ produttivo, come nel caso in esame, fosse già stato autorizzato ai sensi della I.r 2008, la competenza a rilasciare l’autorizzazione per la realizzazione dell’impi connessione rimarrebbe in capo allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP);
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione (travisamento della prov omissione): non sarebbe stato considerato il documento decisivo allegato dalla d ovvero la nota dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Sardegna del 9 nove 2010, con la quale si confermava che, se la autorizzazione alla costruzione di un im fotovoltaico fosse avvenuta sulla base della normativa precedente all’entrata in della I.r. n. 3 del 2009, il procedimento relativo alla autorizzazione degli i interconnessione sarebbe rimasto di competenza dello “Sportello Unico per le Atti Produttive” (Suap);
2.5. violazione di legge (artt. 110, 640-bis cod. pen.) e vizio di motivazione i alla conferma della responsabilità concorsuale del ricorrente: la truffa consi nell’occultamento della mancanza dei presupposti per avere diritto all’incentiv riferimento alla “equivalenza o prevalenza” dei ricavi da produzione agricola risp quelli da produzione di energia elettrica. La Corte territoriale non avrebbe dimostr il ricorrente – che inizialmente aveva assunto il ruolo di mero consulente gestiona “RAGIONE_SOCIALE” e che, solo a partire dal 2013 aveva rivestito la carica di vicepre del Consiglio di amministrazione della stessa società – avesse avuto conoscenza d imprescindibile requisito, e che, dunque, lo stesso avesse consapevolmente agevo l’attività fraudolenta contestata; mancherebbe, inoltre, la motivazione in ordin contributo concorsuale, anche tenuto conto del fatto che lo stesso non avrebbe a partecipazione societaria.
Si deduceva, infine che la condotta contestata, avrebbe, al più, potuto inquadrata nella fattispecie prevista dall’art. 316ter cod. pen., che sanziona l’indebita percezione di erogazioni pubbliche;
2.6. violazione di legge (art. 578-bis cod. proc. pen., art. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001) e vizio di motivazione in ordine alla confisca dell’impianto se fotovoltaico, disposta ai sensi dell’art. 578-bis del codice di rito, in rel
pertinenza degli stessi al reato di lottizzazione abusiva, dichiarato prescritto; si ded che la costruzione di serre non avrebbe modificato la destinazione agricola del territor anche nel caso in cui, come in quello in esame, le stesse non avessero generato reddito soddisfacente; dunque non si sarebbe in presenza di una radicale “trasformazione urbanistica”, ovvero del presupposto del reato previsto dall’art. 44, comma 1, lett. del d.P.R. n. 380 del 2001;
2.7. violazione di legge (art. 157 e ss. cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in alla mancata dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusi previsto dall’art. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001, prima della pronuncia d sentenza di primo grado; il giudice per l’udienza preliminare aveva individuato la data consumazione del reato nel momento in cui si erano conclusi i lavori per la realizzazion del capannone (ovvero il 20 aprile del 2015), ma il capannone sarebbe stato realizzat con una procedura autonoma, non sorretta dall’intenzione di alterare l’assetto urbanistico: pertanto la data di consumazione del reato avrebbe dovuto essere identificata nell’ottobr del 2011, data in cui era stato completato il parco serricolo-fotovoltaíco.
3.11 difensore, Avv. NOME COGNOME instava per un rinvio della trattazione de procedimento, al fine di attendere il deposito delle motivazioni della sentenza della Co di appello di Cagliari a carico dei coimputati.
Il collegio ha respinto l’istanza rilevando che il rinvio non risulta giustificato, conto sia dell’autonomia dei procedimenti, pendenti nei confronti di imputati diversi, s del fatto che eventuali conflitti tra giudicati – ove sussistenti – potranno essere riso gli strumenti previsti dal codice di rito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorrente contesta l’interpretazione della normativa che disciplina i presupposti per ottenere gli incentivi per la realizzazione di impianti fotovol “connessi” alla produzione agricola e/o florovivaistica.
1.1.La Corte di appello ha ritenuto che (a) per ottenere tali incentivi, fosse necessari dimostrare la “connessione” degli impianti fotovoltaici alla produzione agricole, (b) che tale connessione implicasse la prevalenza della produzione agricola, (c) che tale prevalenza fosse verificabile attraverso la misurazione della redditività delle rispetti produzioni.
Tale interpretazione è stata contestata dal ricorrente, che ha eccepito l’assenza di fonti normative che la confermassero e l’irrilevanza delle interpretazioni fornite dall Agenzia delle Entrate, con la circolare del 6 luglio 2009 n. 32/E, e dalla Corte costituzionale
con la sentenza n. 66 del 24 aprile 2005, che sarebbero riferite al regime fiscale dell produzione di energia da fonti rinnovabili e non alle condizioni per ottenere gli incentivi.
Si tratta di censure manifestamente infondate.
Il collegio ritiene che l’interpretazione dei giudici di merito della normativa di set nel senso che, per integrare il requisito della connessione tra produzioni, sia necessaria la “subvalenza” della produzione energetica rispetto a quella agricola, sia corretta.
Osserva, tuttavia, che, nel caso in esame il tema della “subvalenza” della produzione di energia elettrica, e dunque della sua effettiva redditività, non sia decisivo, dato che prove raccolte, nella persuasiva valutazione effettuata dai giudici di merito, dimostrano chiaramente che l’attività agricola e florovivaistica, in Villasor località “Su Sciof-fu” pressoché inesistente.
Per l’accertamento della responsabilità dello Spano si è rivelato, quindi, decisivo l’accertamento della assenza di una produzione agricola effettiva. Assenza che dimostra che la “connessione” degli impianti fotovoltaici alla produzione agricola era stat fraudolentemente rappresentata, al solo fine di ottenere gli incentivi e di produrre, co modalità industriali, energia elettrica da fonti rinnovabili.
Il ricorrente ha contestato la motivazione della sentenza impugnata sia nella parte in cui ha ritenuto la sostanziale insussistenza della produzione agricola, come descritto al § 2.1. sub (b), sia nella parte in cui ha interpretato la normativa di settore nel senso ch la “connessione” della produzione elettrica alla produzione agricola dovesse esprimersi nella prevalenza di quest’ultima, e che tale prevalenza fosse verificabile attraverso l misurazione della redditività delle rispettive produzioni, come descritto al § 2.1. sub (a).
1.2. Le contestazioni rivolte nei confronti dell’accertamento della “non effettività de colture” non superano la soglia di ammissibilità, in quanto si risolvono nella richiesta rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro ch circoscrive la competenza del Giudice di legittimità.
Contrariamente a quanto dedotto, con motivazione che non si presta al alcuna censura, la Corte di appello ha messo in evidenza, confermando le valutazioni del tribunale, che dal sopralluogo del 9 ottobre 2022 era emerso che le serre erano state rinvenute «quasi completamente prive di ogni coltura»; e che, dalla verifica effettuata i 31 maggio 2013 emergeva che, escluse le serre presenti all’ingresso del corpo principale, tutte le altre non presentavano alcuna coltura, mentre il terreno sottostante non risultav curato, tanto da essere infestato da erbacce. Anche le successive ispezioni effettuate il 3 ed il 22 luglio 2014 davano conto sia dell’assenza di ogni cura per la produzione delle rose (che risultavano non irrigate, infestate da cocciniglia e da erbacce), sia dell’assenza degl impianti di stoccaggio refrigerato, necessari per la loro commercializzazione (pagg. 89 e 90).
La Corte territoriale ha, inoltre, valorizzato il fatto che i consulenti chiamati a valu la redditività delle colture avevano evidenziato che il loro degrado aveva condotto ad una redditività inferiore del 46% rispetto a quella derivante dalla vendita di energia elettr (pag. 91 della sentenza impugnata). Ed ha conclusivamente ritenuto che l’assenza di colture proporzionate alla produzione di energia elettrica dimostrasse il progetto fraudolento: la “RAGIONE_SOCIALE“, attraverso lo Spano aveva rappresentato la sussistenza di una produzione agricola “di facciata”, quasi insussistente, al solo fine di ottenere agevolazioni e gli incentivi del c.d. “IV Conto Energia” che prevedevano, invece, una produzione agricola effettiva.
Si tratta di una valutazione coerente con le prove raccolte e priva di vizi logici, c non si presta ad alcuna censura in questa sede.
1.3. Anche le contestazioni dirette a censurare la legittimità dell’interpretazione del normativa di settore, secondo cui sarebbe necessario che la produzione di energia elettrica fosse “subvalente” rispetto a quella agricola – descritte al § 2.1. sub (a) – sono manifestamente infondate.
A sostegno di tale interpretazione la Corte di appello ha richiamato quanto previsto dall’art. 1, comma 369, della I. n. 296 del 27/12/2006, secondo cui la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili, effettuata da imprendit agricoli, costituisce un’attività “connessa” ai sensi dell’art. 2135, comma 2 cod. civ., ed conseguentemente ritenuto che la produzione di energia – proprio in quanto “connessa” – dovesse essere subvalente, rispetto a quella agricola. Ciò in quanto l’attribuzione di incentivi rispondeva all’esigenza di dare sostegno ad un’attività – quella agricola – ch doveva configurarsi come risorsa “primaria” dell’impresa che richiede il sostegno.
In conclusione, la Corte di appello ha ritenuto che non poteva ritenersi legittimo che i benefici pervenissero ad un’azienda che svolgeva un’attività agricola non effettiva, utilizzata come mera copertura per la produzione industriale di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Si tratta di un’interpretazione che trova conferma anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 66 del 24 aprile 2015 la quale, contrariamente a quanto dedotto, nella parte in cui individua le attività “connesse” alla attività agricola, non ha una portata limi al settore fiscale.
Secondo i giudici della Consulta «il legislatore si preoccupa , di perimetrare la categoria delle attività connesse, ricorrendo al principio della «prevalenza» dell’attività propriamente agricola nell’economia complessiva dell’impresa. E questa condizione riguarda tutte le attività connesse, ivi compresa quella di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche». Secondo la Corte costituzionale «la norma base della materia è l’art. 2135 del codice civile. È la norma codicistica che individua in termini generali la categoria, specificando, al terzo comma, che si intendono
connesse «le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, diret manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione c abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di ben mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda norm impiegate nell’attività agricola esercitata ». L’attività di produzione fotovoltaica doveva qualificarsi come «attività diretta alla fornitura di beni» e, q essa vale il requisito della «utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse de normalmente impiegate nell’attività agricola». In questa ottica decisivo è «il fond «risorsa» primaria dell’impresa agricola, che, anche quando sia utilizzato collocazione degli impianti fotovoltaici, insieme alle eventuali superfici utili de addetti al fondo, deve comunque risultare «normalmente impiegata» nell’attività agr Del resto, il requisito risulta immanente al concetto stesso di connessione ed è con la ratio dell’intera normativa in materia, volta a riconoscere un regime di favor l’impresa agricola, pur in presenza dell’esercizio di attività connesse, purché ques non snaturino la stessa impresa, contraddicendone la vocazione agricola» (Corte cos 66 del 2015 § 4.3.).
Come anticipato, tale interpretazione della normativa di settore conferma – ma non fonda – la sussistenza dell’illecito.
Infatti, sebbene la contestata “redditività” della produzione agricola sia un parametro rilevante per valutare la “prevalenza” della stessa rispetto alle altre attività, è la s valutazione di tale prevalenza che, nel caso in esame, perde rilevanza a fronte della assenza di una produzione agricola effettiva, dimostrata dai numerosi sopralluoghi della polizia giudiziaria, che davano conto di una attività agricola, non solo subvalente, ma, addirittura, quasi insussistente (pag. 88 ed 89 e pagg. 92-93 della sentenza impugnata).
1.4. Non superano la soglia di ammissibilità neanche le doglianze dirette a censurare la rilevanza delle fonti normative (disposizioni regolamentari della Regione) successive alla I.r. n. 3 del 2008, vigente all’atto della dichiarazione di inizio lavori (motivo descritt 2.1. sub c): tali fonti, invero, sono state richiamate dalla Corte di appello solo perch costituivano una conferma dell’interpretazione secondo cui, per l’accesso agli incentivi fosse necessaria – sulla base della normativa applicabile ratione temporis la prevalenza dell’attività agricola rispetto a quella impiegata per la produzione di energia elettrica (p 82 della sentenza impugnata).
1.5. Anche le doglianze descritte al § 2 sub d), ed f) non superano la soglia di ammissibilità.
Le allegazioni GLYPH circa il fatto che la GLYPH “Twelve Energy” GLYPH non fosse soggetto autoproduttore ed avesse ottenuto la qualifica di imprenditore agricolo professionale 1’8 luglio 2014, oltre a non essere decisive rispetto alla struttura della truffa contesta
che, si ripete, si sostanzia nella condotta di “falsa prospettazione” di svolgere una attivi agricola cui “connettere” la produzione di energia fotovoltaica per ottenere gli incentivi si rivelano dirette a rivalutare le prove disponibili, dunque ad invocare una attivi giurisdizionale non consentita.
A ciò si aggiunge che non risulta adempiuto l’onere di autosufficienza del ricorso: si ribadisce infatti che nei casi in cui – come in quello di specie – si deduca un travisament della prova è necessario allegarla, o indicarne la precisa collocazione nel fascicolo processuale.
Sul punto la giurisprudenza ha sempre chiarito che, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., la Corte è giudice anche del fatto e, che per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304). Di contro, quando viene invocato un atto che contiene un elemento di prova il principio della “autosufficienza del ricorso”, costantemente affermato dalla giurisprudenza civile, deve essere rispettato anche nel processo penale, sicché è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 1, n. 16706 del 18/03/2008, Rv. 240123). Tale interpretazione è stata aggiornata dopo l’entrata in vigore dell’art. 165-bis, comma 2 disp. att. cod. proc. pen., che prevede che copia degli atti «specificamente indicati da chi ha proposto l’impugnazione ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) del codice» è inserita a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricorso e che, nel caso in cui tali atti siano mancanti, ne sia fatta attestazione. Sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta comunque in capo al ricorrente l’onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, alla quale non può essere delegato il compito dì identificare gli atti attraverso la lettura e l’interpretazione del ricorso. Pertanto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165-bis, comma 2 disp. att. cod. proc. pen., è necessario il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione da parte del ricorrente degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione delegata alla Cancelleria (Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276432). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame i documenti che avrebbero consentito di verificare le affermazioni del ricorrente non sono stati allegati, né è stata indicata la loro collocazione nel fascicolo processuale con violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
1.6. Infine, non superano la soglia di ammissibilità le allegazioni descritte sub e).
La sentenza del TAR richiamata (la n. 11698 del 12 novembre 2021), non è sta allegata al ricorso ed è stata offerta in valutazione alla Corte di cassazione att mediazione interpretativa che ne fa il ricorrente, anche in questo caso in violazi principio di autosufficienza.
A ciò si aggiunge che il ricorrente ha affermato che si tratta di una pronuncia c riguarderebbe gli impianti serricoli, dunque non pertinente al caso di specie.
2.Non supera la soglia di ammissibilità il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la valutazione dei giudici di merito relativa alla legittimità della procedu amministrativa attivata dalla “RAGIONE_SOCIALE” per ottenere le autorizzazioni alla realizzazione degli impianti fotovoltaici ed al loro successivo collegamento alla rete regionale.
La Corte di appello, con motivazione che non si presta a censure, ha ritenuto che la procedura era stata artificiosamente frazionata, nonostante il progetto fosse ab initio quello di produrre, e vendere, energia elettrica da fonti rinnovabili, avvalendosi dei relat incentivi, progetto che non poteva essere autorizzato facendo ricorso alla procedura semplificata.
Secondo il ricorrente, invece, la procedura sarebbe stata legittimamente parcellizzata in due procedimenti distinti: il primo relativo alla realizzazione dell’impianto di produzio di energia gestito, in modo semplificato, con il “silenzio-assenso”; ed, il secondo, relativ alla connessione dell’impianto alla rete, gestito con la procedura aggravata, attraverso il vaglio della Conferenza di servizi.
La dedotta legittimità del frazionamento si fonda, su una interpretazione dell’art.1, comma 24, della I.r. n. 3 del 2008 – che disciplina le ipotesi di esclusione del ricorso al procedura semplificata – che il collegio non condivide.
Si ritiene, infatti, che il riferimento agli “impianti elettrici” contenuto nella le del citato comma 24, in relazione ai quali non è consentito l’accesso alla procedura semplificata, non debba essere riferito solo all’attività di “connessione” degli impianti a rete, ma anche alla loro “realizzazione”.
Tale interpretazione (a) non confligge con il testo dell’art. 1 della I.r. 43 del 198 richiamato dalla lettera n) del citato comma 24 -, che fa riferimento al «trasporto trasformazione e distribuzione» dell’energia, dato che tali attività implicano, ed includono, la «produzione» di energia e dunque la realizzazione dei relativi impianti; (b) è confermata dal testo dell’art.1, comma 24, lett. n) della I.r. n. 3 del 2008, che fa riferim all’«esercizio ed alla realizzazione di impianti elettrici», senza alcuna ulteri specificazione.
Pertanto la Corte di appello ha ritenuto legittimamente sia che la procedura del silenzio assenso non avrebbe dovuto essere azionata per ottenere l’autorizzazione alla “realizzazione” degli impianti fotovoltaici, sia che tale procedura fosse sta fraudolentemente prescelta per impedire controlli effettivi, come confermava il fatto invero decisivo – che era stata avviata senza specificare che sarebbero stati realizzati impianti fotovoltaici (pagg. 84-87 della sentenza impugnata).
In conclusione, il collegio ritiene che la motivazione della sentenza impugnata non si presti ad alcuna censura, in quanto la Corte di appello ha tracciato un percorso logico persuasivo, rilevando sia l’artificiosità del frazionamento della procedura, sia l’omessa rappresentazione, nella dichiarazione di inizio attività, di un dato decisivo, ovvero del fa che le opere da autorizzare riguardavano un impianto fotovoltaico (pagg.84-89 della sentenza impugnata).
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, con i quali si lamenta la manca considerazione delle note dell’Assessorato all’agricoltura della Regione Sardegna del 9 novembre 2010 e dell’Assessorato all’Industria della Regione Sardegna il 30 aprile 2010 sono manifestamente infondati.
In via preliminare il collegio ribadisce che l’interpretazione delle leggi effettuata organi della pubblica amministrazione non impedisce interpretazioni differenti da parte dell’autorità giudiziaria.
A ciò si aggiunge il fatto che il parere reso dall’Assessorato all’industria della Region Sardegna (peraltro sollecitato dalla “RAGIONE_SOCIALE“) è stato esaminato dalla Corte di appello, e ritenuto non pertinente, sulla base del decisivo rilievo che la procedura semplificata era stata attivata non solo senza rispettare la procedura prevista dalla I.r. 43 del 1989, ma anche in modo fraudolentemente omissivo, dato che nella dichiarazione di inizio attività non era stata sbarrata la casella relativa all’impianto fotovoltaico 87 della senza impugnata).
4.Le doglianze proposte con il quinto motivo, con le quali si invoca il riconoscimento della carenza di motivazione in ordine alla conferma del “concorso” del ricorrente nella truffa contestata, sono manifestamente infondate.
NOME COGNOME ha, infatti, ammesso davanti al Giudice per l’udienza preliminare di avere avuto un ruolo attivo nella vicenda oggetto di giudizio sin da quando l’iniziativa era formalmente intestata a NOME COGNOME per poi impugnarne definitivamente le redini sul piano operativo, quando era subentrata nella gestione la “RAGIONE_SOCIALE” (pag. 78) della sentenza impugnata).
Tali dichiarazioni, coerenti con l’intero compendio probatorio raccolto, confermano il ruolo di gestione dello Spano e la sua piena consapevolezza dell’illecito compiuto, il che
esclude, come legittimamente rilevato nella sentenza impugnata, che vi siano dubbi sulla sua consapevole partecipazione alla operazione fraudolenta contestata (pag.94 della sentenza impugnata).
Anche in questo caso la motivazione contestata non si presta ad alcuna censura.
Non vi sono, infine, margini per accogliere le doglianze in ordine alla qualificazione della condotta nella fattispecie prevista dall’art. 316-ter cod. pen.
Il collegio riafferma che il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, per l mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore dell’en erogatore, il quale si limita a prendere atto dell’esistenza dei requisiti autocertificati richiedente, senza svolgere una autonoma attività di accertamento, la quale è riservata ad una fase meramente eventuale e successiva (tra le altre: Sez. F, n. 44878 del 06/08/2019, COGNOME, Rv. 279036 – 03; Sez. 2, n. 49464 del 01/10/2014, COGNOME, Rv. 261321).
Nel caso in esame, come correttamente rilevato dalla Corte di appello, il frazionamento della procedura e la omessa specificazione, nella dichiarazione di inizio attività, del fatto che i lavori riguardassero impianti fotovoltaici, indicavano con chiare che il ricorrente aveva concorso a progettare ed eseguire un disegno fraudolento, funzionale ad ingannare l’amministrazione che, se fosse stata edotta della reale consistenza e direzione dei lavori, avrebbe negato l’autorizzazione.
La emersione di tale articolato progetto funzionale a trarre in inganno la pubblica amministrazione per orientare la sua discrezionalità – il cui esercizio veniva inibito e svia con la attivazione della procedura semplificata – esclude che si verta in un caso inquadrabile nella fattispecie prevista dall’art. 316-ter cod. pen.
Il quarto motivo di ricorso che contesta la legittimità della conferma della confisca in relazione al reato previsto dall’art. 44 comma 1, lettera c) d. P.R. n. 380 del 2001, dichiarato prescritto, è manifestamente infondato
Sul punto il collegio ribadisce che in tema di lottizzazione abusiva, la confisca di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere tale accertamento (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 01).
Nel caso in esame, la Corte d’appello rilevava che gli impianti oggetto di confis confisca del denaro e delle quote societarie non è stata contestata) avevano una illecita, evidenziata dalla loro palese destinazione ad un’attività industriale di di energia elettrica, non autorizzata, che aveva prodotto la “radicale trasformazi territorio” in assenza di ogni autorizzazione; la pertinenza e connessione di tali la lottizzazione abusiva, secondo la Corte di appello, consentiva di confermare la co Si tratta di una scelta interpretativa coerente anche con la giurisprudenza convenz e, segnatamente, con quanto affermato dalla Corte europea dei diritti umani nel G.I.ERAGIONE_SOCIALE v. Italia del 28 giugno 2018.
7. Infine non supera la soglia di ammissibilità il settimo motivo di ricorso, con si insta per la retrodatazione della consumazione del reato di lottizzazione abusiva.
Secondo il ricorrente l’attività illecita non comprenderebbe la condotta di costr del capannone, che si configurerebbe come un post factum neutro, ed imporrebbe, pertanto, retrodatando la data di consumazione dell’illecito, di ritenere il reato prima della pronuncia della sentenza di primo grado, il che osterebbe all’applicazion confisca dopo la prescrizione.
Il collegio riafferma, sul punto, che il giudice di legittimità può effettuare va sulla decorrenza del termine dì prescrizione solo se, a tal fine, non occorre alcuna di apprezzamento delle prove finalizzata all’individuazione di un dies a quo diverso da quello indicato nell’imputazione contestata, e ritenuto nella sentenza di primo grad 4, n. 27019 del 1662015, Rv 263869; Sez. 2 n. 34891 del 1652013, Vecchia, 256096).
Nel caso in esame il tema della retrodatazione del reato di lottizzazione abu stato tardivamente proposto solo con il ricorso per Cassazione, il che esclude censura sia consentita, in quanto, con la stessa, non si critica la coerenza lo motivazione della sentenza di appello, ma si propone una inedita richiesta di valut degli elementi di prova, funzionale ad ottenere una nuova collocazione temporale reato; tale valutazione della capacità dimostrativa delle prove è esclusa dal perime circoscrive la competenza del giudice di legittimità e, dunque, non è consentita.
8.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonc versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determin equitativamente in euro tremila. L’imputato deve, inoltre, essere condannato alla rif delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla part “RAGIONE_SOCIALE” che, tenuto conto dei parametri vigenti, in complessivi euro tremilaseicentoottantasei, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condan inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sos presente giudizio dalla parte civile “RAGIONE_SOCIALE“, ch in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il giorno 4 dicembre 2024.