Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4779 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4779 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SARDELLA NOME
NOME nata a CAMPOBASSO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso. lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 febbraio 2023 la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Lucca, ad esito del giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia per il reato di appropriazione indebita aggravata.
Ha proposto ricorso l’imputata, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello per violazione di legge (artt. 8 e 9, comma 2, cod. proc. pen.) in relazione alla eccezione di incompetenza territoriale disattesa dalla Corte territoriale.
2.1. Poiché il reato di truffa è istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui si consegue il profitto con danno altrui, nel caso di specie la competenza territoriale va radicata in capo al Tribunale di Campobasso in quanto ivi si trova l’ufficio postale presso il quale l’imputata effettuò il vaglia di 80 e in luogo dei pattuiti 1.890 euro.
2.2. La competenza sarebbe del predetto Tribunale anche laddove si volesse considerare il luogo di riscossione del vaglia: poiché esso è ignoto, occorrerebbe avere riguardo al luogo di residenza dell’imputata, in applicazione del criterio suppletivo previsto dall’art. 9, comma 2, del codice di rito.
La Corte di appello ha erroneamente considerato quale luogo di consumazione del reato quello in cui sono state rese le prestazioni alberghiere, estraneo a qualsivoglia tipizzato criterio di attribuzione della competenza territoriale.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte, alle quali ha replicato la difesa, insistendo nelle argomentazioni svolte in ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo manifestamente infondato.
Con una risalente pronunzia le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo; pertanto, nella ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della datio di un bene
economico, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato (Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216429; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 27833 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 276665).
La difesa non contesta la correttezza del principio ma senza alcun fondamento sostiene che il profitto per l’imputata e il correlativo danno per la persona offesa si sarebbero verificati nel momento in cui la ricorrente effettuò il vaglia postale di 80 euro in luogo dei pattuiti 1.890 euro.
Risulta evidente, invece, che – come correttamente sostenuto dalla Corte d’appello – il profitto e il danno si realizzarono soltanto con la effetti prestazione del soggiorno da parte dell’albergatore, cui poi non fece seguito il pagamento che la persona offesa, ingannata dall’imputata, aveva ritenuto essere stato effettuato regolarmente per la somma concordata, stanti le rassicurazioni ricevute.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15/01/2024.