Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27363 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27363 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato S. NOME del mela il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte d’appello di NOME in data 23/5/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione;
udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO , difensore della parte civile COGNOME NOME;
udite le conclusioni del difensore di NOME NOME COGNOME, AVV_NOTAIO
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 23/5/2023 la Corte di Appello di NOME, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 19/7/2022, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’odierno ricorrente in ordine al reato contestato al capo a) (art. 348 cod. pen. ) per
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prescrizione, e riduceva la pena inflitta per il residuo delitto di cui al capo b) (art. 640 cod. pen.).
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo: violazione di legge in particolare dell’art. 129 cod.proc.pen., non avendo la Corte territoriale rilevato la prescrizione del reato, maturata in epoca antecedente la pronunzia d’appello, collocandosi la consumazione alla data del 5/12/2008, data in cui si era avuta l’ultima dazione di denaro integrativa della truffa posto che le ulteriori attività poste in essere da NOME nei confronti della p.o., servirono ad allontanare il disvelamento della reale natura dell’attività promessa e non compiuta, attraverso rassicurazioni che non hanno inciso sugli originari connotati della condotta già consumata e sul conseguito ingiusto profitto;
manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del delitto di truffa. La difesa sostiene che il delitto ex art. 640 cod.pen., asseritamente consumato mediante il rilascio di ricevute attestanti il pagamento dell’oblazione per la pratica di sanatoria, sarebbe insussistente in quanto la documentazione fiscale dimostrava che i pagamenti erano riferiti anche a cause diverse dall’oblazione connessa alla pratica di sanatoria;
violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 61 n. 7 e 11 cod. pen. I giudici di merito hanno preso in considerazione, ai fini dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen., solo il dato economico senza alcun riferimento ai dati del contratto e, in relazione aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen., la relazione intercorsa tra le parti.
Si contesta, inoltre, la motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche perché generica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento’ / conseguentemente gli ulteriori motivi restano assorbiti.
Questa Corte ha precisato che «nei contratti ad esecuzione istantanea si ha truffa contrattuale allorchè l’agente ponga in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato. Di conseguenza, ove tale tipologia di contratti sia stipulata senza alcun artifizio o raggiro, l’eventuale successiva attività
decettíva finalizzata a nascondere l’inadempienza costituisce solo illecito civile. Al contrario, nei contratti sottoposti a condizione o in cui l’esecuzione sia differita, o non si esaurisca in un’unica prestazione, è configurabile il reato truffa anche nei casi in cui l’attività decettiva sia posta in essere durante la fase di esecuzione del contratto al fine di conseguire una prestazione altrimenti non dovuta o al fine di far apparire verificata la condizione»(Sez. 2, n. 29853 del 23/06/2016, Rv. 268074).
Precisati i suddetti principi di diritto, restano da appurare le modalità con le quali il fatto si è concretamente svolto.
Nel caso in esame entrambe le sentenze di merito hanno ricostruito il fatto in termini di truffa ad esecuzione differita o continuata posto che l’originario accordo intervenuto tra le parti nel 2004, avente ad oggetto l’onere di portare a termine la pratica di sanatoria che tipicamente si sostanzia in una procedura dalle tempistiche non immediate, non si era esaurito al momento della stipula del contratto, ma aveva comportato ulteriori contatti e dazioni di denaro.
I giudici di merito hanno riscontrato infatti che al momento del conferimento dell’incarico (2004) l’imputato pose in essere gli artifici e raggiri consistiti nel millantare di poter ottenere la sanatoria edilizia pur non essendo in possesso, ab origine, della qualifica idonea a portare a termine la pratica e poi, una volta ottenuto l’incarico l’imputato diede rassicurazioni alla persona offesa, circa la realizzazione delle attività all’uopo necessarie, facendosi consegnare somme di denaro e rilasciando anche ricevute idonee a trarre in inganno il cliente circa la bontà del suo operato ( cfr. pag. 12 e segg. della sentenza di primo grado e pag 7 della sentenza di appello).
I giudici di merito non hanno però chiarito se le dazioni di denaro si fossero arrestate al 2008 (e le ricevute recanti le date 2014- 2015 valessero solo a non disvelare la truffa) oppure se vi furono ulteriori atti di disposizione patrimoniale sino al 2015.
Il passaggio motivazionale della sentenza di primo grado (pag. 7), valorizzato dalla difesa di parte civile a dimostrazione della esecuzione di un ulteriore pagamento, nel 2016, di euro 1.200,00 effettuato da NOME, moglie della persona offesa, non attesta il protrarsi della truffa sino al 2016 poiché in sentenza si chiarisce che detto pagamento non fu eseguito e che nemmeno la minor somma di euro 900,00, fu corrisposta.
La giurisprudenza di legittimità, pur riconoscendo la possibilità che la condotta truffaldina si collochi anche nella fase esecutiva di un contratto,
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precisa che la rilevanza della stessa è condizionata alla effettuazione da parte della vittima, in conseguenza degli artifizi e raggiri, di un’attività dispositiva ulteriore rispetto a quella negozialmente convenuta (Sez. 2, n. 26190 del 26/05/2023, Rv. 284659; Sez. 2, n. 29853 del 23/06/2016, Rv. 268074), attività dispositiva che nel caso in esame è rimasta indimostrata. Da quanto premesso, discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto, consumato alla data 7/10/2008 secondo quanto risulta dal capo di imputazione, risulta estinto per prescrizione maturata prima della sentenza di primo grado, il che comporta la revoca delle statuizioni civili (Sez. U, n. 39614 del 28/04/2022, Rv. 283670).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato continuato ascrittogli è estinto per prescrizione maturata prima della sentenza di primo grado. Revoca le statuizioni civili.
Così deciso il 30/4/2024