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Truffa contrattuale: quando scatta la prescrizione?

Un consulente finanziario veniva condannato per truffa ai danni di alcuni clienti. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza per intervenuta prescrizione, chiarendo un principio fondamentale sulla truffa contrattuale. Il reato si considera consumato e la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui la vittima subisce il danno patrimoniale iniziale, ovvero la consegna del denaro. Le successive menzogne dell’agente per evitare la restituzione delle somme non posticipano la consumazione del reato, in quanto non generano un nuovo e autonomo danno.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Contrattuale: Quando Inizia a Correre la Prescrizione?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale dell’economia: la determinazione del momento esatto in cui si consuma una truffa contrattuale. Questa precisazione è fondamentale perché da essa dipende il calcolo della prescrizione. Il caso analizzato riguarda un consulente finanziario che, dopo aver ottenuto ingenti somme dai propri clienti con l’inganno, ha continuato a rassicurarli per anni per evitare la restituzione del maltolto. La Corte ha dovuto stabilire se queste bugie successive potessero posticipare il momento consumativo del reato.

I Fatti di Causa

Un consulente finanziario veniva accusato di truffa aggravata e appropriazione indebita per aver indotto diversi clienti ad affidargli i propri risparmi, prospettando investimenti remunerativi che in realtà non avrebbe mai effettuato. Dopo aver incassato il denaro, il consulente si appropriava delle somme per scopi personali.

L’ultimo versamento da parte di una coppia di clienti risaliva al 2015, mentre per un altro cliente l’ultimo bonifico era del 2013. Nonostante ciò, negli anni successivi, fino al 2018, il consulente aveva continuato a porre in essere condotte ingannatorie, come la firma di una finta scrittura privata di riconoscimento di debito o l’accompagnare un cliente presso la sede di una società ormai fallita, al solo scopo di rassicurarli e indurli a non chiedere la restituzione del capitale. I giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto che queste condotte successive facessero parte di un’unica truffa a consumazione prolungata, fissando la conclusione del reato nel 2018 e rigettando così l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, annullando la sentenza senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato. Secondo gli Ermellini, i giudici d’appello hanno errato nel qualificare la vicenda come truffa a consumazione prolungata. Il reato si era in realtà già consumato, istantaneamente, al momento degli ultimi versamenti di denaro effettuati dalle vittime.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su una chiara distinzione tra le diverse tipologie di truffa e sulla corretta individuazione dell’atto dispositivo che causa il danno patrimoniale.

La Natura Istantanea della Truffa Contrattuale

Il Collegio ha ribadito che la truffa contrattuale è un reato istantaneo e di danno. La sua consumazione avviene nel momento preciso in cui si verificano contestualmente l’arricchimento dell’agente e la corrispondente diminuzione patrimoniale (deminutio patrimonii) della vittima. Nel caso di specie, questo momento coincideva con la consegna delle somme di denaro al consulente, poiché era in quell’istante che il patrimonio dei clienti veniva effettivamente leso, a fronte di un investimento inesistente.

L’Errore nel Configurare una Truffa a Consumazione Prolungata

La figura della truffa a consumazione prolungata, secondo la giurisprudenza, si applica a situazioni specifiche, come l’erogazione di emolumenti pubblici periodici ottenuti tramite un unico inganno iniziale. Non era questo il caso. I versamenti effettuati dai clienti erano distinti e non frutto di un piano di accumulo predefinito. Pertanto, ogni dazione di denaro configurava un’autonoma e istantanea truffa.

L’Irrilevanza delle Condotte Successive per la Consumazione del Reato

Il punto centrale della motivazione risiede nel fatto che le condotte fraudolente successive al 2015, pur essendo ingannevoli, non avevano prodotto un ulteriore e autonomo danno patrimoniale. L’inganno consisteva nell’indurre le vittime a non insistere nella richiesta di restituzione. Questo comportamento omissivo dei clienti, sebbene indotto dall’inganno, non ha causato una nuova deminutio patrimonii, ma ha solo permesso al truffatore di consolidare il profitto del reato già commesso. In altre parole, il danno si era già interamente verificato con la perdita del capitale. Le menzogne successive rappresentano un post factum non punibile, finalizzato a garantire l’impunità o il profitto del reato principale, ma non a prolungarne la consumazione.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto di notevole importanza pratica: nella truffa contrattuale, il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui si realizza la perdita economica per la vittima, coincidente con l’atto di disposizione patrimoniale (es. la consegna del denaro). Le successive condotte dell’agente, volte a mascherare la truffa e a tranquillizzare la vittima per evitare azioni legali, non spostano in avanti il dies a quo della prescrizione, a meno che non inducano la vittima a compiere un nuovo atto dispositivo che causi un danno ulteriore e distinto dal primo.

Quando si considera consumato il reato di truffa contrattuale?
Il reato di truffa contrattuale si considera consumato nel momento in cui l’autore della condotta ottiene l’ingiusto profitto e, contemporaneamente, si verifica la diminuzione patrimoniale (il danno) per la vittima. È un reato istantaneo.

Le bugie e gli inganni successivi per evitare la restituzione del denaro posticipano la prescrizione del reato?
No. Secondo la Corte, le condotte fraudolente successive, finalizzate a indurre la vittima a non chiedere la restituzione di quanto già perso, non posticipano la consumazione del reato e, di conseguenza, non spostano in avanti il termine di prescrizione. Questo perché non causano un nuovo e autonomo danno patrimoniale.

Cosa differenzia un atto dannoso da uno che semplicemente consolida il profitto?
Un atto dannoso è quello che causa una lesione diretta e concreta del patrimonio della vittima (es. consegnare denaro, rinunciare a un credito esigibile verso terzi). Un atto che consolida il profitto, invece, si verifica dopo che il danno si è già prodotto e serve solo a mantenere il vantaggio illecito (es. mentire per non restituire il denaro già truffato).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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